Il periodo che stiamo vivendo sarà ricordato in forza di una delle più grandi manipolazioni dei mercati finanziari della storia. La differenza rispetto al passato, dove esisteva mera attenzione (ma con una sorta di equilibrio) alle correlazioni tra mercato, politica e mondo reale, è la spasmodica cura dei dettagli: oggi politica, mercati, finanza, socialità sono fusi in un tutt’uno, un ambiente sintetico dove il fine del comando giustifica interventismi d’ogni genere, senza pensare alle conseguenze. Partendo dagli Usa, dove è chiaro a tutti che un presidente o un partito non può essere confermato in presenza di crolli di borsa, recessioni, crisi finanziari, la storia recente è piena di casi di conversione dei votanti a seconda dell’andamento del proprio fondo pensione. Su tutti il caso di Bill Clinton che fece di tutto per spostare l’esordio dell’inevitabile crisi economica alla presidenza successiva che fu di George Bush, anche cancellando un sacro totem normativo come lo Steagall-Glass Act con la conseguente crisi subprime 10 anni dopo, perfetta ripetizione degli eccessi del ’29.
Oggi Obama sta ancora dibattendosi con le conseguenze della crisi post Lehman di fatto non risolta: la disoccupazione Usa è scesa solo grazie ad impieghi di basso livello e all’eliminazione dalle liste di collocamento dei disoccupati di lungo corso, contrariamente ai proclami pre-elettorali di Obama la distribuzione di ricchezza è decisamente peggiorata. E che dire delle tante promesse di Obama non mantenute unitamente ai suoi disastri in politica estera?
Oggi il presidente degli Stati Uniti deve sostenere prepotentemente i mercati per dare continuità ad una presidenza Dem. Dunque, i QE sono necessari direttamente per sostenere le borse. Assieme ai buybacks aziendali benedetti da Washington per tenerle su.
E non dimentichiamo, durante la presidenza Obama abbiamo inaugurato un nuovo corso dove le borse sono sostenute direttamente dalle banche centrali che incredibilmente acquistano non obbligazioni per abbassare i tassi, come da legge del Qe, ma direttamente azioni. La Banca d’Italia oggi detiene fondi d’investimento azionari Usa, oltre che titoli della Fca, azienda che ormai ha sede in Olanda, fiscalità in Uk e cuore in Usa. La banca nazionale svizzera, invece, nel tentativo di evitare l’apprezzamento del franco, detiene ormai oltre il 20% dei propri attivi in azioni americane, (perdendo “solo” 23 miliardi franchi nel 2015). Quindi, si stampa cartamoneta all’infinito per comprare azioni. Di questo passo i mercati non scenderanno mai ed anzi raggiungeranno valutazioni iperboliche fino a quando succederà quanto ben descritto da Adam Fergusson in “When The Money Dies”: iperinflazione per bruciare l’eccesso di carta sui mercati, inflazione magari catalizzata da un macro evento, probabilmente una guerra come successe con la Seconda Guerra mondiale per finalmente risolvere la grande depressione. Come sempre è capitato con gli eccessi di debito e di moneta, dunque, si deve prima o poi passare per la famosa distruzione creatrice di shumpeteriana memoria. Visto il numero di bolle e gli eccessi mai raggiunti prima, temo che questa volta – ma con il prossimo presidente Usa – vedremo non solo una forte correzione dei mercati.