L’Unione Europea attuale ha ormai preso forma come un’entità ragionevolmente simile a quello che fu il vecchio continente all’epoca di Vichy, quando Francia e Germania erano diventate l’asse portante del continente. Ai nostri giorni l’approccio è solo economico, e dunque abbiamo qualcosa di approssimabile alla segmentazione di interessi tra due partners che non possono né vogliono essere in competizione: a Berlino la manifattura, a Parigi i servizi.
Il minimo comune denominatore ideologico? Sostituirsi agli Usa solo apparentemente deboli. C’è tutto. Abbiamo quindi tradotto il conflitto di interessi dei nostri giorni, in cui la parte materiale coincide col far fruttare le rendite di posizione euro tedesche prima del cambio di presidenza Usa che – se repubblicana – cambierà le carte in tavola, non solo oltreoceano.
Da qui la forzatura che abbiamo visto sui giornali nell’affaire Vivendi-Mediaset: lo scopo dello sgarbo francese è “mangiarsi” il gruppo di Cologno Monzese facendo leva sul ridotto credito atteso in Italia da qui a qualche settimana (complice crisi e stress test bancari), magari mettendo a frutto la conoscenza dell’ambiente da parte di Enrico Letta assoldato da Parigi. Oggi la sfida di Vivendi a Berlusconi ha il sapore del gioco geopolitico mirato a controllare l’informazione italiana prima che il vento cambi per avallare dal di dentro la cointeressenza europea verso l’Italia da parte dei poteri centrali anche nell’eventualità di un futuro supporto per Roma da Washington.
La storia per Enel è leggermente diversa, nel senso che i rumors si inseguono da anni, per ora sempre smentiti delle contingenze: da quando Mario Monti nel 2012 inaugurò la cooperazione bilaterale tra Italia e Germania si sa che Enel è l’obiettivo di Berlino per salvare il settore energia tedesco. Oggi le utilities germaniche secondo molti sono vicine al collasso e dunque necessitano di trovare valore a salvataggio, ad esempio con un takeover anche di minoranza supportato dalle banche (a fronte sia di tassi di finanziamento a zero che del supporto governativo tedesco – come contropartita – a correggere la legge sul bail in).
L’Italia non deve mollare. In primis perché i capitali arriveranno comunque dal mondo anglosassone finalmente conscio (post Brexit e post Obama) che la capitolazione dell’Italia a favore di Berlino non è nel loro interesse. Sappiamo delle relazioni strategiche tra Ge e Enel (con implicito supporto) oltre del di fatto utilizzo dello spauracchio della golden share successivamente al coinvolgimento del colosso romano nella banda larga per evitare attacchi dall’estero.
In ogni caso va tenuto in considerazione che, base ebitda e cash flow attesi nei prossimi anni da Enel basterà attendere i vari spin off in seno ai gruppi tedeschi per fare l’inverso (nei prossimi 9 mesi le principali utilities di oltre Gottardo saranno oggetto di spin off per segmenti più o meno omogenei), leggasi acquisire i gruppi tedeschi del settore.
Più in generale in un contesto in cui non è più possibile escludere la fine della moneta unica, l’acquisizione di aziende sistemiche nazionali da parte di partners Eu metterebbe a rischio un’eventuale risurrezione italiana post euro. Dunque, tali aziende sistemiche non vanno cedute ed anzi vanno difese, ad esempio Enel dovrebbe essere la prima candidata per l’acquisizione di quote del capitale da parte di Cassa Depositi e Prestiti, per garantirne l’italianità.