Se la crisi economica persiste, l‘integrità nazionale dell’Italia può essere a rischio? Argomento spinoso. La storia insegna che l’Italia nacque per volere della superpotenza del tempo, l’impero britannico, con il fine di inserire un nuovo attore a lei affine nello scacchiere europeo nelle more di un progetto strategico atto a limitare il potere continentale soprattutto di Berlino.
Il capolavoro fu non tanto l’esecuzione, volta a depredare la potenza decadente del tempo – la Spagna – che perdeva il Regno delle due Sicilie, quanto guadagnare il supporto francese, scopo raggiunto allevando in patria quello che sarebbe diventato l’ultimo Imperatore francese, quel Napoleone III che si dimostrò profondamente filo anglosassone tanto da approvare contro ogni pronostico (a pegno di una ridotta concessione territoriale) la nascita di un nuovo attore ai propri confini, un competitor in grado di limitare le ricorrenti mire d’espansione oltralpe.
Oggi che il potere anglosassone globale, persistente da quasi tre secoli con il passaggio intermedio del testimone a Washington all’inizio del secolo breve, sta vacillando ecco i vecchi poteri coloniali europei tornare alle origini cercando l’egemonia continentale. La Germania investita da un improvviso benessere grazie alla moneta unica (che parallelamente ha indebolito gli altri attori europei ) si sta preparando a scalzare in Europa il dominus, gli Usa, da qui l’asse franco-tedesco.
In questo contesto l’austerity europea a danno soprattutto di un paese ricco, grande e relativamente potente come l’Italia (ma soprattutto storico alleato dei poteri anglosassoni) è vieppiù comprensibile: per dominare l’Europa prima di tutto vanno neutralizzati gli ostacoli a partire da quelli più facilmente “regolabili” ad esempio facendo leva sulle norme europee sempre asimmetriche nelle questioni importanti (leggasi piano migranti, piano Baltz e proposta Verstager per limitare la detenzione di bond nazionali da parte delle banche nazionali etc.). Abbiamo dunque contestualizzato gli eventi che non casualmente si sono susseguiti dal 2008.
Capiamo quindi la necessità britannica di un Brexit (che molto probabilmente ci sarà) per emanciparsi in una partita che la vede come soccombente ai poteri centrali. E deriviamo la necessità italica di uscire dal cul del sac dell’euro che punta ad annientarla nel suo ruolo di attore europeo benestante, deviando – assieme ad Olanda, Polonia e probabilmente Romania – verso un nuovo equilibrio filo-anglosassone alternativo all’Europa tedesca post Brexit. Parallelamente non possiamo non vedere l’inevitabile reazione eurotedesca che cercherà di impedire ogni cambiamento che sia contro i propri interessi. Ossia – ed arriviamo al nocciolo della questione – l’ingrediente che manca nel risiko continentale è la destabilizzazione italica finalizzata a mantenere il Belpaese contro il proprio interesse nello schema europeo.
Il problema mai completamente compreso alle basse latitudini è che la soluzione attesa per i problemi dell’Ue passa per un’Europa a due velocità: non si è colto però che il nord Italia viene considerato da Berlino parte integrante dell’Europa mentre il sud, geostrategicamente importantissimo, è residuale. Ma importantissimo per Washington nel caso gli Usa decidessero di limitare la loro sfera di influenza limitandosi ad un avamposto strategico nel mediterraneo. Attenzione ad esempio ad una prossima destabilizzazione finanziario-giudiziaria di Roma per spostare il focus globale post Brexit. Se tali forze dirompenti faranno fronte comune per i rispettivi interessi l’Italia Unita rischia di essere spacciata.