Anche sui quotidiani italiani sono uscite recensioni ed articoli sul recente libro del premio Nobel per l’economia Joseph Stiglitz dal titolo “ The euro and its threat to the future of Europe” , cioè “L’euro e la sua minaccia al futuro dell’Europa”. Senza voler fare una recensione completa del testo possiamo così riassumere il suo contenuto: l’euro ha fallito nella sua promessa di creare una maggiore ricchezza ed un più rapido sviluppo del vecchio continente, anzi ha suscitato il rivivere dei vecchi pregiudizi e nazionalismi fra gli Stati. La soluzione indicata dal premio Nobel è quindi semplice: spezzare in due l’area euro, escludendone comunque la Grecia, e quindi creare un “euro forte” per i paesi nordici ed un “euro debole” per i paesi mediterranei. Solo questa soluzione, unita ad un profondo cambiamento delle politiche europee in senso sociale potrebbe, sempre secondo l’autore, portare ad un recupero del progetto europeo. Ci chiediamo: l’euro a due velocità, o flessibile, potrebbe essere veramente la soluzione ai problemi del progetto europeo, o sarebbe solo l’ennesima soluzione pasticciata?
Per dare una risposta completa dobbiamo rifarci ai concetti di Oca o di Avo che furono bellamente ignorati ai tempi della creazione della moneta unica. L’Oca è l’acronimo di Optimal currency area, Area valutaria ottimale, da cui Avo in italiano, ed è l’area nella quale è massimizzata l’utilità della presenza di un’unica valuta. Praticamente l‘Oca/Avo è la dimensione massima spaziale nella quale si può utilizzare una sola valuta, in modo omogeneo, senza che questo venga ad impattare sull’economia reale. Quali sono le caratteristiche che devono essere omogenee per identificare una Oca/Avo? Senza voler scendere troppo nei particolari, gli economisti concordano su queste: mobilità dei capitali e dei fattori produttivi, con flessibilità omogenea delle remunerazioni dei dipendenti all’interno dell’area stessa. Non devono sussistere “riserve di privilegio”, né nelle paghe né nei fattori produttivi; mobilità nella forza lavoro, che deve essere in grado di muoversi liberamente nell’area, senza barriere previdenziali, culturali o linguistiche; uno strumento di trasferimento fiscale all’interno dell’area, che permetta di muovere risorse rilevanti verso le aree con crescita economica più lenta; una corrispondenza nei cicli economici delle singole aree.
Appare chiaro che almeno tre dei quattro fattori basi per l’identificazione di una Oca/Avo non funzionano per l’area monetaria europea: prima di tutto, i cicli economici non corrispondono, soprattutto fra paesi nordici e mediterranei, come hanno mostrato le vicende degli ultimi 20 anni. Quindi non esistono seri strumenti di trasferimento fiscale, anzi qualsiasi condivisione delle risorse viene bruscamente respinta al mittente, come indirettamente ha fatto capire la cancelliera Angela Merkel al vertice di Ventotene. Infine, non esiste un mercato unico del lavoro, sia per la presenza di differenze culturali e previdenziali, sia per il parziale tradimento di questo concetto da parte della Germania che, in una recente legislazione, ha sospeso i vantaggi di assunzione per i cittadini Ue a favore dei rifugiati che, accettando paghe più basse, hanno indirettamente spiazzato i disoccupati dell’Unione: praticamente il Governo Federale tedesco ha dato maggiore importanza ai risparmi economici dei propri imprenditori piuttosto che al progetto europeo, anche in vista delle prossime elezioni del 2017.
Se l’Euro non è una Oca /Avo, potrebbero due euro lavorare meglio? Senza dubbio alcuni dei problemi dell’attuale moneta unica sarebbero sanati, almeno in via parziale: se immaginiamo un euro mediterraneo/latino ed uno nordico/germanico avremmo sicuramente dei cicli economici più omogenei ed un mercato del lavoro un po’ più uniforme. Sicuramente, soprattutto vedendo un’area unita Penisola Iberica/Italia/Mediterraneo sarebbe possibile impostare politiche fiscali e monetarie più omogenee, perchè comunque si tratta di paesi afflitti da tassi di disoccupazione elevatissimi, con necessità di investimenti rilevanti per rilanciare l’occupazione e la possibilità di operare una politica monetaria espansiva anche sul mercato del debito di stato primario, quindi finanziando il deficit statale ed il debito a lungo termine in modo da superare lo scoglio della crisi economica e riavviare il tutto verso un nuovo ciclo di crescita ed occupazione. Esistono però delle criticità importanti nel progetto di Stiglitz. Prima di tutto si tratta di creare strutture monetarie di governo economico che allo stato attuale non esistono, il tutto quindi condito da interminabili mediazioni e discussioni; a questo punto si potrebbe pensare di tornare alle strutture nazionali che ci sono già e che in passato si erano rivelate efficienti. In secondo luogo, non siamo sicuri che le aree nordiche e mediterranee sarebbero sufficientemente omogenee; la Vallonia ed una parte dell’est Germania probabilmente riproporrebbero, accentuati, i problemi dei paesi mediterranei. E lo stesso si potrebbe dire per certe aree della Spagna e dell’Italia. Questo strumento avrebbe un problema di relazione con l’euro “Del Nord”: se fosse “Peggato” all’altra valuta si riproporrebbero gli stessi problemi dell’euro, forse in scala maggiore, e sicuramente rinascerebbe un’ostilità fra il Sud ed il Nord. Se fosse libera esporrebbe il blocco meridionale all’accusa di praticare una svalutazione competitiva. Ultimo fattore da considerare la Francia, che si troverebbe in una situazione estremamente scomoda: entrare nel blocco nordico e divenirne il vaso di coccio, oppure entrare nel blocco mediterraneo ed ammettere il fallimento di buona parte delle proprie politiche economiche
Insomma, la soluzione propugnata dal premio Nobel probabilmente creerebbe più problemi che soluzioni. Il progetto europeo, dal punto di vista economico e sociale, si è rivelato un clamoroso fallimento storico per tutti, avendo portato solo ad un incremento della disuguaglianza e ad un rallentamento della crescita. Dal 2000 perfino la Germania di successo è cresciuta in media meno degli Stati Uniti (0,8% contro 1,2%), per non parlare dei paesi mediterranei. Se si vuole salvare l’anima dell’Europa bisogna ripensarla radicalmente, molto più di quanto possa fare un semplice split monetario. Probabilmente i politici di questa generazione non ne avranno né la capacità né il coraggio.