Molti si stupiscono dell’improvvisa discesa del dollaro nelle ultime settimane. In fondo, in un mercato perfetto, avrebbero ragione a non comprendere gli eventi: tassi usa in salita avrebbero dovuto significare dollaro più forte, invece il dollaro va giù. Il motivo è semplice: la geopolitica vuole un dollaro più debole per favorire la strategia del neo presidente, alla faccia dei desiderata di Obama incentrati dalla fine del suo mandato per un indebolimento di Trump attraverso un indebolimento dell’economia Usa, facendo leva su una politica (depressiva) basata sul dollaro forte. Purtroppo Barack Hussein Obama ha sbagliato i suoi conti: gli Usa non hanno amici o nemici per sempre, hanno solo interessi. E appunto oggi gli interessi Usa sono di ripartire economicamente, da qui il dollaro debole.
Nessuno tra i media italiani ha avuto il coraggio di correlare l’indebolimento del dollaro alla debacle clintoniana successiva al siluramento del capo dell’Fbi, Comey: tale figura ha rappresentato la difesa ultima dei sodali alla Fondazione Clinton rispetto alla giustizia americana. Il licenziamento di Comey rischia di esporre pubblicamente – tempo poche settimane – le malefatte del “clan Clinton”, forse molto peggiori di quanto l’opinione pubblica mondiale possa lontanamente immaginare. Tempo alcune settimane e verranno, infatti, sbloccate le numerose inchieste che l’ex capo Fbi avrebbe riposto nei cassetti del bureau e che in massima parte riguardano i Clinton e il loro entourage. Da tali inchieste ritengo scaturirà la fine della suicida (per gli interessi americani) ingerenza post presidenziale obamiana, da qui il dovuto indebolimento del dollaro. Infatti i mercati hanno già cominciato a capire che non tanto Trump, ma il ministro della giustizia Jeff Sessions ha vinto, con un nuovo capo dell’FBI i Dem USA e mondiali rischiano di subire inchieste a raffica in grado di annichilire la rete clintoniana globale, Italia inclusa. Se ciò accadrà l’euro ritengo arriverà tranquillamente a 1.40-1.50 rispetto al dollaro (visto che la Germania parteggia più che apertamente per i globalisti legati sull’ex presidente, vedasi il suo discorso tenuto in un convegno a Berlino la scorsa settimana, pagato profumatamente dalle aziende tedesche).
Le conseguenze per l’Europa
Da qui derivano le conseguenze per l’Europa. Prima di tutto la Germania a capo dell’Ue diventerà un falso problema. Nel senso che da una parte Berlino si rifiuterà di seguire gli USA nella guerra al terrorismo islamico, come fece con la guerra in Iraq durante la presidenza G.W. Bush, terrorismo che la stessa Germania ha contribuito ad allevare assieme ai sodali obamiani-clintoniani (la NATO abbiamo visto aver già dato il suo assenso e l’Italia, che tra l’altro ha per la prima volta in propria quota il capo del centro Brossum/comando forze NATO di terra, sarà della partita assieme agli USA, temo per questo che il Belpaese inizierà a subire attentati islamici). Dall’altra continuerà a sfidare economicamente gli USA, sperando che concessioni su una limitata svalutazione del dollaro possano bastare. Da qui il braccio di ferro Usa-Europa, con la differenza che questa volta la Germania tenterà di imporre la propria agenda anche in contrasto con Washington. Con tutte le conseguenze del caso. Andiamo ora agli aspetti economici: un dollaro in discesa certamente indebolirà l’Europa e la Germania attraverso esportazioni molto meno competitive. In realtà il paese che subirà di più il dollaro debole sarà l’Italia, in quanto grande esportatore, ma a medio valore aggiunto, oltre a essere spesso terzista delle aziende tedesche. Da qui le attese di particolare compressione dei margini del sistema Italia: in un contesto di bassa crescita, austerità senza soluzione di continuità, alto deficit e parametri di Maastricht da rispettare oltre che di banche sull’orlo del bail in, sarà inevitabile per Roma cadere nella trappola tesa da Berlino e Parigi e dunque cedere alla troika, in assenza di una sfida aperta all’Europa.
Il ruolo di Berlino
Altrimenti detta, a fronte di un dollaro in crollo Berlino potrà comunque recuperare competitività attraverso un taglio dei costi grazie delle sue esportazioni di prodotti finiti ad alto valore aggiunto, l’Italia no. Dunque la spinta verso un’uscita dalla moneta unica da parte del Belpaese diventerà preponderante, una dichiarata sfida all’austerità eurotedesca sarà inevitabile, per mera sopravvivenza. Solo grazie al fatto che agli Usa farà gioco evitare il crollo del sistema Italia in quanto suo alleato strategico.
In breve, se tale italica sfida sarà assecondata dagli Usa diventerà credibile e vincente. In tale contesto, lo schieramento italiano anti Isis dimostrerà molto più della mera appartenenza alla Nato ed anzi forgerà il destino italico dei prossimi 30 anni. Che in massima probabilità sarà filo americano e antitedesco.
Riassumendo: se e solo se Trump vincerà la sfida con gli obamiani-clintoniani e dunque gli avversari, come ritengo, non solo verranno sconfitti ma letteralmente annichiliti da inchieste giudiziarie tanto gravi quanto inaccettabili per la loro contrarietà con il comune senso del pudore – nonché pubblicamente esposte , allora la fine dell’Ue e della moneta unica per il tramite del forte indebolimento del dollaro rischia di diventare realtà. Tempi interessanti ci aspettano.