Dobbiamo mettere in chiaro il problema in termini espliciti prima che si arrivi all’ineluttabile disastro: oggi gli investitori stanno vendendo azioni, gli analisti parlano di mercato sopravvalutato, i guru dicono di disinvestire (Buffett, Icahn, Soros, la stessa Goldman), anche un candidato presidente Usa ritiene che è meglio vendere. E invece no, i mercati salgono, apparentemente in modo inspiegabile. La stessa cosa – per la stessa ragione – sta capitando anche al mercato delle obbligazioni, via QE, ossia rendendo catastrofico un futuro crollo dei corsi.
La stampa mainstream, sempre pronta a supportare chi tiene il bastone del comando, lo giustifica con il basso rendimento degli investimenti alternativi, vero ma non sufficiente a spiegare una bolla azionaria (e obbligazionaria) i cui rendimenti anche e soprattutto prospettici sono sempre più prossimi a zero, o anche meno.
La risposta è letteralmente terrificante, almeno per chi crede nel libero mercato e non è né comunista né fascista: oggi sono le banche centrali a sostenere i prezzi di borsa sia indirettamente, fornendo la liquidità alle banche sistemiche a tassi zero meno, che direttamente comprando loro stesse azioni. Questo comportamento “statale” è terrificante in quanto manipola letteralmente i mercati, distorcendo i valori in gioco. Di più, i tassi negativi persistenti nel tempo di fatto annunciano la fine del mondo capitalistico, la rendita di capitale non può essere negativa. Dobbiamo rivalutare Marx che ne derivò la fine per tale ragione.
In particolare dobbiamo concentrarci sull’acquisto diretto di azioni da parte delle banche centrali: su tutte la Banca nazionale svizzera (Bns) ed in misura minore la Banca d’Italia che investono in titoli azionari americani. Oggi Berna è addirittura il primo azionista di Apple con circa il 6% del capitale (parlo della sola Bns), il 20% del pil svizzero è investito in azioni Usa via Bns. Lo scopo elvetico è chiaro, tenere il franco basso per favorire le esportazioni – ossia quello che dovrebbe fare l’Italia fuori dall’euro – così stampa franchi, li vende per dollari e compra azioni, teoricamente all’infinito. Appunto, se le cose continueranno con questo andazzo il 6% diventerà 12, poi 24, poi 50 e poi 100: alla fine saranno le banche centrali a detenere la proprietà di tutte le aziende quotate, ossia lo stato, un comunismo di fatto. Follia.
Dobbiamo chiederci perché questo accada. Prima di tutto va detto che un siffatto comportamento non avverrebbe senza l’avallo – e magari anche l’incentivo a farlo – del paese oggetto degli acquisti statali stranieri: gli Usa. In secundis, che poi è il cuore del problema, chi vuole oggi sostenere i prezzi di borsa è la stessa amministrazione Obama, liberal left, che vuol tirare la volata per far eleggere un altro Dem il prossimo novembre (H. Clinton) sull’onda dell’euforia borsistica. E per tale fine non esita a manipolare i mercati, al diavolo le conseguenze (ad esempio una futura fiammata inflattiva?).
La forzatura è la stessa commessa da un altro presidente Dem, Bill Clinton, che gettando i semi del futuro disastro subprime – ovvero cancellando il Glass-Steagall Act – alla fine del suo mandato sostenne all’inverosimile i prezzi di borsa per far eleggere Al Gore. Tutti sappiamo cosa successe dopo: lo scoppio della bolla dotcom, a seguire le guerre in Medio Oriente via Torri gemelle, e per finire con la crisi mondiale innescata dalla bolla subprime.
Abbiamo scomodato Marx. Dunque non dimentichiamo gli insegnamenti della storia, ad esempio le lezioni di R.O. Paxton: di norma i fascismi nascono dalle spoglie delle sinistre, normalmente per (apparenti) fini nobili, poi invece le conseguenze.