A differenza di quello che si possa pensare, l’euro non è una moneta affidabile, ed il motivo è presto detto: ne sono stati stampati troppi. E con tutti questi soldi stampati “dal nulla”, con un semplice click sulla tastiera di un computer, le banche europee hanno fatto il gioco di chi speculava di più. E questo non è buono. Ora ci troviamo con un livello di indebitamento delle banche del vecchio continente preoccupante, molto preoccupante.
Le banche spagnole, francesi ed italiane sono indebitate per oltre 100 miliardi di dollari con le banche turche, tanto che il portale di finanza internazionale Bloomberg ha riportato la notizia (link qui) che alla borsa di Wall Street stanno scommettendo al ribasso sui titoli di stato di Spagna, Francia e Italia perché nel giro di qualche mese saranno pressati dalla crisi turca che si sommerà a quella indotta dal covid19.
La Germania, che sul problema “turco” sembra navigare in acque molto più tranquille, si trova invece in casa problemi molto più gravi. La Deutsche Bank infatti, il più importante istituto di credito tedesco, avrebbe in pancia titoli ad alto rischio, cioè vicini all’essere definiti “spazzatura”, per oltre 70 miliardi di euro (link qui), una cifra che essendo in mano ad una sola banca costituisce un problema enorme.
L’euro, inoltre, soffre di problemi strutturali dovuti alla mancanza di un sistema per equilibrare gli sbilanciamenti tra le nazioni, come ad esempio i capitali che si spostano dall’Italia alla Germania per l’acquisto di beni o servizi.
Il problema è talmente grave che il britannico Alasdair Macleod ha recentemente scritto un articolo con un titolo molto eloquente, La disintegrazione finanziaria dell’Eurozona, che sottolinea tutti i limiti della moneta unica europea.
In Germania c’è addirittura una università che ha creato il sito “Euro Crisis Monitor” (link qui) che aggiorna mensilmente il grafico degli sbilanciamenti del sistema Euro (denoinato Target2) dal quale si vede in tutta evidenza l’enorme afflusso di capitali da Italia e Spagna verso la stessa Germania.
É sorprendente come questo problema venga tenuto sotto il tappeto da tutta la politica europea, nonostante costituisca una bomba pronta a deflagrare contro tutti gli stati dell’Unione. Comunque siamo in buona compagnia: la situazione di monete come il dollaro, lo Yen e la Sterlina, sono tutt’altro che rosee.
Bitcoin è diverso
Con Bitcoin tutti questi “arzigogoli” finanziari non sarebbero stati possibili. Prima di tutto ha una rigidissima regola che limita l’emissione di monete ad un massimo di 21 milioni, pertanto non c’è ministro dell’Economia o banchiere che possa decidere, come si è fatto con l’euro, di stamparne decine di miliardi al giorno. Bitcoin infatti ha nei codici sorgenti un limite che nessuno può modificare a proprio piacimento, come avviene in modo analogo con l’Oro in circolazione. Quello c’è e quello bisogna tenersi.
In secondo luogo Bitcoin è trasparente e nessuna istituzione finanziaria potrebbe raccontare in giro di avere dei soldi che non ha, visto che le movimentazioni sono in chiaro nella blockchain, il database distribuito usato da Bitcoin. Un altro fattore di forza di Bitcoin è che per generarne di nuovi è necessaria una infrastruttura di calcolo di dimensioni industriali da far rabbrividire i Quantum Computer.
In Kazakistan, tanto per fare un esempio, proprio in questi giorni stanno mettendo in servizio un sito industriale, nel gergo mining farm, con migliaia di sistemi di elaborazione destinati a bitcoin, talmente esosa in termini energetici da richiedere una propria stazione elettrica, come avviene per le acciaierie (foto Enegix). La realizzazione di strutture come questa dà a Bitcoin un valore ed un grado di affidabilità infinitamente superiore alle valute fiduciarie che stampano i governi di tutto il mondo, tanto che ci sono alcune aziende americane, come MicroStrategy, che preferiscono avere Bitcoin piuttosto che dollari!
È una questione molto semplice: quando capisci la differenza tra la produzione delle monete di Stato, prive di alcun “controvalore” in oro o metalli preziosi, create con un banale click della tastiera, e la produzione di una criptovaluta come Bitcoin che richiede un lavoro vero e proprio in scala industriale, inizi a porti delle domande.
Oggi per avere un bitcoin è necessario pagare quasi 10.000 euro, un valore che copre a malapena i costi di produzione, costituiti da apparecchiature, personale, manutenzione e soprattutto energia elettrica. È vero che si possono comprare frazioni fino all’ottava cifra dopo la virgola (sì, potete acquistare anche 0,00000001 bitcoin), ma aziende ed Hedge Fund sono disposti a comprarne centinaia pur di non avere euro o dollari fermi in un conto bancario. Un po’ come acquistare un’automobile d’epoca, soltanto che non invecchia e si può muovere da un capo all’altro del pianeta in pochi secondi.
Cosa ci riserva il futuro
Il responsabile della ricerca strategica di Deutsche Bank, Jim Reid, ha recentemente dichiarato che le valute fiduciarie come l’euro o il dollaro stanno terminando il loro ciclo di vita, come un prodotto che ha esaurito la sua funzione, sono sul viale del tramonto. Ora siamo in un momento delicato perché nessuno sta preparando la loro sostituzione. Lo standard aureo, infatti, l’unica alternativa che gli economisti hanno tra le loro cartucce, è di difficile se non impossibile attuazione, perché sconvolgerebbe gli equilibri geopolitici mondiali. Le riserve d’oro nelle banche centrali, infatti, sono totalmente diverse dalla forza industriale, commerciale e finanziaria dei vari paesi del mondo, pertanto chi le ha esaurite (vedi Inghilterra e Stati Uniti), finirebbe nelle ultimissime posizioni, mentre chi le ha accumulate in questi anni (Cina e Russia), balzerebbero ai primi posti, assieme all’Italia !
Non sappiamo quindi con cosa verranno sostituiti gli attuali sistemi valutari, oro, argento, Bitcoin o altre criptovalute o sistemi misti, ma una cosa è certa: una fase storica dell’economia sta concludendo e dovrà essere sostituita con qualcosa di nuovo.
Qualcosa che nei libri di economia non è ancora stata scritta.