L’Ilva di Taranto al centro delle polemiche. Dopo l’annuncio della società Acelor Mittal di voler recedere dal contratto, il destino dell’impianto siderurgico e dei lavoratori è a rischio. Ma i problemi dell’Ilva sono anche legati all’impatto ambientale. E proprio in queste ore c’è chi sottolinea questo aspetto.
“In qualità di rappresentante anche dei circa 13.000 militari e rispettive famiglie di Taranto non posso che plaudire al decreto del Governo che toglie l’immunità penale e amministrativa alla società che è subentrata alla gestione dell’ex Ilva”, dichiara Antonello Ciavarelli, delegato Cocer Marina, che già in passato aveva espresso preoccupazione per le condizioni ambientali e la presenza dei militari. E oggi, mentre il governo tenta di trovare una soluzione per quella che già è stata definita una “bomba sociale” a causa delle migliaia di persone che rimarrebbero senza lavoro se lo stabilimento chiudesse, Ciavarelli torna sull’argomento.
“I colleghi che operano in porto, non solo della Guardia Costiera ma anche della Guardia di Finanza, sono tenuti ad operare con mascherine e dispositivi per tentare di proteggersi come se fossero su Marte – spiega il delegato Cocer Marina – Vi è una grande preoccupazione anche perché una sede della Guardia Costiera è all’interno dell’area SIN, esposta ai minerali. Infatti la copertura dei cosiddetti parchi minerali oltre che a sapere di polvere nascosta sotto il tappeto, in quanto non vi è stata alcuna bonifica preventiva, non ha previsto al contempo una movimentazione con aspiratori dalle navi ai nastri trasportatori. Gli uffici, ma anche la mensa e gli alloggi, sono ancora aggrediti di polverino rosso cancerogeno e di carbone. Su tali questioni la Rappresentanza Militare a tutti livelli della Marina, ma anche della Guardia di Finanza ed importanti sindacati di Polizia come il S.I.U.L.P., da anni denunciano lo stato di preoccupazione e disagio dei propri rappresentati. Come ‘delegato dei militari’ – aggiunge – rimango perplesso per l’atteggiamento dei sindacati confederali in particolare dei metalmeccanici. La chiusura dell’area a caldo, che non ha creato problemi ai genovesi, potrebbe essere una occasione per lo sviluppo di quelle aree da bonificare e trasformare in luoghi commerciali, agricoli, culturali e turistici. L’esperienza ce lo insegna. Le Forze Armate, nonostante rigidità insite nel sistema, stanno riducendo il personale di 30.000 militari. Sia pure contrari stiamo salvaguardando tutti gli esuberi. ‘Volere é potere’!”. E poi conclude: “Non sta alla rappresentanza militare entrare nel merito di questioni politiche e di strategie nazionali economiche basate sull’acciaio. Ciò che preme è la salute e la qualità della vita dei colleghi. Perché a Taranto si dovrebbe essere ammazzati impunemente e in tutte le altre parti del mondo no? Perché i sindacati non prendono in mano la situazione per trasformare il territorio, difendendo la salute dei propri operai e magari contribuendo all’aumento delle opportunità di lavoro? A chi giova tenere aperta una industria così pericolosa per la salute ed “ingombrante”, negando altre forme di sviluppo economico, culturale e sociale?”.
Appare ovvio, a questo punto, che una riconversione degli impianti se anche portasse giovamento sul piano dell’occupazione locale, avrebbe comunque una seria ricaduta sulla già cronica carenza di materie prime per l’industria del nostro Paese che risentirebbe in modo non indifferente dello stop imposto all’Ilva di Taranto.