Il turismo ha bisogno di programmazione, non di governi fluttuanti.
Adesso si ha la conferma. Il turismo italiano è in ginocchio. Gli effetti dell’emergenza sanitaria sul settore che rappresenta il 12% della ricchezza nazionale sono stati gravissimi, uno tsunami che si è abbattuto con tutta la sua devastante forza. E così arriva il gong ufficiale che certifica il “ko tecnico”, il turismo del Belpaese è al tappeto. A suonarlo, in ordine di tempo, è Bankitalia secondo cui si è verificata una sforbiciata di 1,2 miliardi di euro, pari ad un rilevante 70,4%, delle spese dei viaggiatori stranieri in Italia. E, ancora. Nel 2020 – secondo i dati ufficiali diffusi recentemente dall’Istat – i flussi turistici hanno subito un profondo choc. In particolare, da gennaio a settembre, l’istituto nazionale di statistica registra una contrazione complessiva a consuntivo di oltre la metà rispetto allo stesso periodo dell’anno precedente: quasi 192 milioni di presenze in meno.
Una flessione in linea con le precedenti stime dell’Istituto Demoskopika che per l’anno in corso ha stimato una flessione pari a 220 milioni di presenze con pesanti ripercussioni sul sistema turistico italiano: circa 100mila imprese a rischio default e una perdita diretta di poco meno di 450mila posti di lavoro. Una rilevante contrazione a danno prioritariamente delle destinazioni regionali che, presentando un elevato livello di internazionalizzazione turistica, risentono maggiormente della quasi totale assenza dei turisti stranieri. È sufficiente soffermarsi a Veneto e Lazio, ad esempio, che presentano un tasso di internazionalizzazione rispettivamente pari al 65,3% e al 63,5%, per comprendere i rilevanti contraccolpi economici che si sono abbattuti sui sistemi turistici regionali del nostro paese.
Fin qui la diagnosi di ciò che è accaduto in questo lungo anno di blocco economico e sociale che ha condizionato l’intero comparto turistico per la cui ripresa occorrerà aspettare almeno un triennio.
C’è un problema prioritario di governance da cui consegue anche la misura dell’efficacia dei fondi messi a disposizione per la ripresa del sistema turistico. L’Italia, nella forma e nella sostanza, non ha ancora fatto del turismo un settore strategico per la propria economia. Anzi, presenta una gestione organizzativa caratterizzata da una rilevante frammentazione delle competenze che genera un coordinamento delle politiche sul turismo assolutamente inadeguato. Non è un caso, ad esempio, che anche l’attuale Piano strategico del turismo italiano sia strutturato più secondo la logica di un “libro dei sogni” che in relazione ad una concreta attuazione di azioni misurabili nel tempo.
E, ancora, dopo anni di discussioni e confronti, non siamo ancora riusciti a calibrare una leadership centrale che riesca a uniformare e orientare le differenti strategie regionali in obiettivi condivisi e, soprattutto comuni. L’idea che la nostra Costituzione abbia reso il turismo una materia di competenza “esclusiva” per le Regioni, viene intesa quale legittimazione di una “giungla normativa e attuativa” della programmazione turistica. E così, degli oltre 8 miliardi messi in campo dalle istituzioni ai vari livelli per fronteggiare la crisi economica post Covid-19, tutti ne conosciamo l’entità ma si contano sulle dita di una mano quelli che ne conoscono i possibili impatti reali sul sistema poiché sono frutto, in molti casi, di scelte non concertate, condizionate spesso più da un’euforia interventista del Governo che da una programmazione consapevole.
Ma esiste una terapia possibile? Analizzando gli obiettivi della componente “Turismo e cultura” del Piano nazionale di ripresa e resilienza manca un approccio strategico per rilanciare il turismo italiano. In molti passaggi del documento, sembra quasi che prevalga una terapia da “protezione civile”, dal sapore prevalentemente emergenziale. Nonostante l’incremento di risorse aggiuntive per 5 miliardi previste dal Governo Conte, quindi, la sensazione è che si continui a navigare a vista senza una programmazione consapevole. Servono risorse aggiuntive per almeno altri 12 miliardi di euro per fronteggiare le gravi ripercussioni dell’emergenza Covid sul comparto turistico italiano.
Nel documento Next Generation Italia è previsto, per il 2021, un Collegato Turismo alla legge di bilancio, che dovrebbe contenere la riforma del settore. Bene, si metta mano consapevolmente, in condivisione con le Regioni e i vari portatori di interesse del comparto, a tutti gli strumenti ritenuti necessari per redigere, in tempi brevi, un unico Piano strategico. Si tratta di un’occasione unica e imperdibile per varare un Piano di ripresa e di resilienza del turismo italiano indicante consapevolmente obiettivi, strategie, azioni, risorse finanziarie e indicatori di risultato. Ciò è possibile a condizione che ci sia un Governo stabile e non fluttuante.
*Presidente Demoskopika e docente Università degli Studi del Sannio