Il 3 gennaio scorso la criptovaluta Bitcoin ha compiuto 11 anni. Era infatti il 3 gennaio del 2009 quando un gruppo parzialmente anonimo di tecnici informatici ha messo online l’omonima piattaforma di pagamenti decentralizzata, dando vita alla prima criptovaluta della storia.
In questi 11 anni di vita la comunità di sviluppatori attorno a Bitcoin si è notevolmente ingrandita, tanto che oggi ci sono molte aziende che stanno sviluppando software correlati a Bitcoin, persino la stessa Microsoft. Inoltre, sono stati 11 anni in cui il progetto ha dimostrato tutta la sua robustezza, funzionando costantemente, senza black-out, senza ferie e senza scioperi, tanto da fare invidia, dal punto di vista dell’affidabilità, a molte applicazioni professionali. Non male per un progetto basato sul contributo di volontari. Questo risultato è stato raggiunto perché i PC che hanno partecipato al progetto sono rimasti costantemente sincronizzati, consentendo alla blockchain di essere sempre online e di riflesso dando sempre agli utenti la possibilità di eseguire trasferimenti di bitcoin.
Oggi la rete Bitcoin conta oltre 11.000 nodi distribuiti su tutto il pianeta, ma il numero si aggiorna continuamente;: per questo motivo ci sono dei siti specializzati (clicca qui) che riportano la mappa aggiornata in tempo reale.
Pubblico dominio
Contrariamente a quanto si possa pensare, le criptovalute come Bitcoin non sono criptate, cioè nascoste. Tutte le informazioni sul funzionamento di Bitcoin sono in chiaro e di pubblico dominio, archiviate nella blockchain, il registro dove Bitcoin tiene traccia di tutti i pagamenti. E tutto ciò che avviene dentro la Blockchain ha data e ora ed è firmato digitalmente, per cui è facile vedere quando e cosa è successo in un determinato evento. Un po’ come se i conti bancari fossero liberamente consultabili da chiunque, con la sola differenza che i “conti” Bitcoin non sono nominativi. Questa caratteristica di Bitcoin suscita molte perplessità ai non addetti ai lavori, ma del resto il progetto era nato per realizzare “contanti digitali” e non un sistema bancario alternativo.
Per contro le piattaforme che si occupano ufficialmente della compravendita di criptovalute, come l’italiana The Rock Trading o l’americana Coninbase, chiamate nel gergo Exchanges, sono tenute a tenere traccia dei movimenti che fanno i propri clienti, al pari delle banche. Attraverso i movimenti tracciati nella blockchain è quindi sempre possibile verificare se qualcuno ha cambiato bitcoin in euro o dollari attraverso uno di questi portali regolamentati, oppure identificare chi porta agli exchanges bitcoin di dubbia provenienza. Una caratteristica “di sicurezza” che i contanti non possono avere.
Auguri a sorpresa
Tra i tanti che hanno ricordato la data del 3 gennaio c’è stata anche Fidelity, il colosso americano degli investimenti, che tramite il proprio account Twitter ha pubblicato un messaggio molto eloquente: “Il 3 gennaio 2009 Satoshi Nakamoto ha estratto il blocco genesi della rete Bitcoin, che contiene un messaggio per i cittadini del mondo”.
On Jan 3, 2009 Satoshi Nakamoto mined the genesis block of the #bitcoin network, embedded with a message for citizens of the world. pic.twitter.com/n5uTbgR7OH
— Fidelity Digital Assets (@DigitalAssets) January 3, 2020
Certamente nessuno si aspettava un tweet di questo tenore da parte di una società che si occupa di grandi investimenti, ma è opportuno ricordare che nel 2018 Fidelity ha assunto decine di ingegneri informatici e programmatori per approfondire le criptovalute e la blockchain, quindi è molto probabile che questi argomenti siano diventati parte integrante dell’attività dell’azienda.
Tra l’altro, mentre in Italia le discussioni sulle criptovalute si disperdono in argomenti frivoli, negli Stati Uniti ed in altri paesi sono diventate argomento per nuove leggi ma anche per libri e dibattiti televisivi, come abbiamo avuto già modo di scrivere.
Messagio Nascosto
Torniamo al tweet postato il 3 gennaio da Fidelity, nel quale è stata inserita un’immagine zeppa di numeri e lettere apparentemente incomprensibili. In realtà si tratta di codici esadecimali tra i quali si possono intravedere alcune parole che i “cultori” di Bitcoin riconoscono immediatamente. Nel lato destro infatti si può notare la seguente scritta : “The Times 03/Jan/2009 Chancellor on brink of second bailout for banks“. Questo testo individua il blocco di dati posto all’inizio della blockchain, detto anche genesis block, un punto dove il creatore ha inserito un messaggio che doveva chiaramente ricordare il motivo per cui Bitcoin stesso è stato creato.
La frase può sembrare bizzarra ma si tratta semplicemente del titolo di apertura di un giornale di quel giorno, il giornale inglese “The Times”, titolo che riguardava il salvataggio delle banche praticato dal governo di Londra. Gli ideatori di Bitcoin, che si sono celati dietro lo pseudonimo Satoshi Nakamoto, inserendo proprio questo titolo hanno voluto lasciare un ricordo legato ad un evento ben preciso, non una notizia qualunque. Volevano in qualche modo contestare il salvataggio delle banche praticato dai governi, cosa che era iniziata qualche mese prima con la vicenda Lehman Brothers. Un atto di protesta che è arrivato fino ai giorni nostri.
Oggi di copie del Times di quel giorno ne sono rimaste pochissime, tanto che alcune sono state vendute all’asta per importi superiori al milione di dollari.