Continuano a svilupparsi le strategie acquisitive dei colossi dell’area Asia/Pacifico in un momento storico e geopolitico in cui la logistica portuale e la sicurezza marittima assumono (o meglio dovrebbero assumere) un ruolo sempre più strategico. E proprio in tale scenario, il colosso Singaporeano PSA ha acquisito il controllo del secondo terminal contenitori al mondo, ossia del terminal Sech di Genova, invero già partecipato in precedenza. E così PSA, tra i maggiori operatori del mondo, mentre attende l’approvazione dell’authority portuale sentito il MIT, andrà a consolidarsi nella logistica portuale ligure anche attraverso la gestione delle banchine di Prà e di Sampierdarena che si aggiunge alla precedente acquisizione del terminal Vte.
La notizia, passata forse fin troppo in sordina, ha molteplici e significativi impatti
In particolare, se ne evidenziano tre:
– l’operazione acquisitiva si pone nel quadro di un più efficace posizionamento in Italia, considerato un importante e strategico snodo logistico;
– il colosso singaporeano, che ha già realizzato l’installazione di innovative maxi-gru per la movimentazione dei container, può verosimilmente allungare la filiera della logistica italiana;
– Singapore è avanti anni luce nell’innovation e la sua presenza in Italia può rappresentare un booster per lo sviluppo in senso smart della portualità, attraverso l’introduzione di processi di automazione e connettività, ed anche per una auspicabile evoluzione infrastrutturale.
L’operazione conferma il ruolo meramente logistico del nostro paese che sembra ormai avere abdicato al presidio di un settore, quello marittimo appunto, altamente significativo per l’economia nazionale che vi contribuisce con quasi il 3% del PIL nazionale e con una flotta commerciale che è a terza al mondo nell’orbita dei paesi del G20.
E dunque continua la contesa commerciale tra il Gruppo armatoriale Msc ed i cinesi di Cosco che insistono nella loro strategia di penetrazione nel settore marittimo attraverso alleanze con altri importanti operatori/armatori quali Maersk (terminal di Savona) e Yilport (terminal di Taranto).
Mentre l’oligopolio estero si consolida nel nostro paese, non si può non considerare che il sistema portuale rappresenta una infrastruttura critica particolarmente strategica anche per la sicurezza nazionale.
Infatti, i porti sono da intendersi come operatori di servizi essenziali nell’accezione fornita dalla Direttiva Europea “NIS”, come recepita in Italia dal D.lgs. 65/2018, che tra i criteri per l’individuazione dell’ambito di applicazione fa testualmente riferimento:
a) a soggetti che forniscono un servizio che è essenziale per il mantenimento di attività sociali e/o economiche fondamentali;
b) ad un servizio la cui fornitura dipende dalla rete e dai sistemi informativi;
c) agli effetti negativi rilevanti che un incidente potrebbe determinare sulla fornitura di un servizio.
E non vi è parimenti dubbio che il presidio della portualità si pone come coerente con le finalità declinate nel DL 105/2019 sul perimetro di sicurezza nazionale cibernetica, attualmente in iter di conversione, ossia di assicurare un livello elevato di sicurezza delle reti, dei sistemi informativi e dei servizi informatici delle amministrazioni pubbliche, degli enti e degli operatori nazionali, pubblici e privati, da cui dipende l’esercizio di una funzione essenziale dello Stato, ovvero la prestazione di un servizio essenziale per il mantenimento di attività civili, sociali o economiche fondamentali per gli interessi dello Stato e dal cui malfunzionamento, interruzione, anche parziali, ovvero utilizzo improprio, possa derivare un pregiudizio per la sicurezza nazionale.
Non va infatti sottaciuto che l’innovazione della logistica portuale, specie ad opera di colossi come PSA, se da un lato trasformano in senso smart il sistema di gestione e ne automatizzano i processi industriali, dall’altro aumentano la superficie esposta, determinando le condizioni per una maggiore vulnerabilità da sottoporre a stringenti e puntuali valutazioni del rischio per mettere in campo importanti ed efficaci misure di mitigazione ex ante e di contenimento degli impatti e resilienza operativa ex post.
Del resto, molti ricorderanno che nel giugno 2017 si è consumato tra Europa, America e Asia uno degli attacchi informatici più pervasivi della storia perpetrato, attraverso il ransomware NotPetya, ai danni delle reti e sistemi di medie e grandi aziende tra le quali TNT, Reckit-Benkiser, Maersk con impatti di oltre 1 miliardo di euro, tra somme pagate e danni alle attività produttive.