Ieri il Parlamento europeo ha approvato la direttiva sul copyright con 438 sì, 226 no e 39 astenuti. La riforma, bocciata a luglio e approvata dopo le modifiche, ha innescato un acceso dibattito. Labparlamento ha intervistato sul tema Adriana Augenti, avvocato del foro di Bari, partner dello Studio Legale Augenti-Boari-Diasparro-Fiore ed esperta in diritto d’autore, dell’informatica e delle nuove tecnologie.
Cosa prevede la direttiva sul copyright approvata dal Parlamento europeo?
“Tutte normative europee tendono a uniformare il mercato del diritto d’autore al mercato unico europeo. L’ultima direttiva sul tema risale al 2001, per cui l’UE ha ritenuto fosse il momento di adeguare la normativa dei vari Stati membri, alle evoluzioni tecnologiche e agli utilizzi transfrontalieri dei diritti d’autore onde evitare tutele differenziate nei diversi Stati membri. La direttiva si rivolge ai diritti degli editori dei giornali (un ambito specifico del diritto d’autore) e riguarda l’utilizzo delle opere dell’ingegno sulle grandi piattaforme di società di informazione e gestione dei contenuti, con grosse limitazioni sugli user generated content”.
Cosa cambia per colossi del web (aggregatori o distributori di contenuti), autori e utenti?
“Gli articoli 11 e 13 con un’eccezione nell’articolo 12, inseriscono due meccanismi automatizzati chiamati link tax e upload filter o censoreship machine. L’articolo 13 dice che i prestatori di servizi delle società dell’informazione (social network e aggregatori di contenuti) dovranno garantire un equo compenso all’editore per lo sfruttamento della sua opera. I colossi del web dovranno pertanto dotarsi di misure tecnologiche adeguate a riconoscere i contenuti potenzialmente sottoposti a diritto di autore (upload filter o censoreship machine), verificare se ci sono licenze, stabilire con il loro autore una forma di contratto (come la licenza creative commons) o una concessione di condivisione senza un ulteriore passaggio, oppure vietarne pubblicazione tramite oscuramento. La link tax sarà sempre dovuta quando si condivideranno gli articoli di un giornale. Potrebbero pagarla le piattaforme del web e i blog personali. Se ne discuterà a livello di Parlamento e Commissione europea. Fanno eccezione a questi meccanismi le enciclopedie generate dagli utenti, come Wikipedia. La direttiva infatti vale per quei soggetti che danno accesso a grandi quantità di opere e altro materiale, per cui dovrebbe riferirsi a grandi aggregatori di contenuti”.
Il Ministro del Lavoro e dello Sviluppo Economico Luigi Di Maio ha bocciato l’approvazione della direttiva sul diritto d’autore, definendola “una vergogna tutta europea: il Parlamento europeo ha introdotto la censura dei contenuti degli utenti su internet. Stiamo entrando ufficialmente in uno scenario da Grande Fratello di Orwell”. Le sue critiche hanno a suo avviso fondamento?
“Quella di Di Maio sembra più una dichiarazione di principio e politica. Non vedo la direttiva come una censura dei contenuti sul web, perché siamo andati a normare l’ambito dell’informazione. Vedo più un rischio di blocco condivisione dei contenuti più che di censura. Oggi grazie alla rapida condivisione di notizie riusciamo a individuare rapidamente le fake news. Se si dovranno pagare i contenuti giornalistici condivisi si condividerà meno e diventerà più problematico anche scovare le fake news”.
di Valentina Magri per Labparlamento