Tegola iberica per Google, accusata in Spagna dal locale Garante privacy di aver prestato il fianco a gravi violazioni delle norme sulla protezione dei dati. Ma quello che più è apparso maggiormente curioso è stato l’ambito di illecito trattamento, ovvero quella della procedura riservata agli utenti che chiedono di manifestare il c.d. “diritto all’oblio”, che si estrinseca nella volontà di non vedere più notizie loro attinenti apparire ancora su Internet.
Secondo le indagini dell’Agenzia spagnola per la protezione dei dati (AEPD), il colosso californiano avrebbe trasferimento dati di migliaia di utenti spagnoli a terzi, senza possedere un’idonea base giuridica e, soprattutto, avrebbe ostacolato il diritto dei cittadini alla cancellazione delle proprie informazioni presenti sul web (ai sensi degli articoli 6 e 17 del GDPR). Risultato finale, una multa da dieci milioni di euro.
In relazione al capo di accusa, secondo l’Agenzia madrilena, Google avrebbe raccolto tutti i dati che gli utenti inserivano nel form dedicato ad attivare la procedura di oblio, per un’elaborazione successiva in casa propria. Durante l’istruttoria spagnola, in particolare, è emerso che Google avrebbe inviato tali informazioni sulle richieste avanzate dai cittadini e finalizzate ad ottenere la deindicizzazione dei contenuti presenti nel celebre motore di ricerca, inclusi la loro identificazione, indirizzo e-mail e l’URL, direttamente sull’altra sponda dell’Atlantico, senza un’adeguata informativa agli utenti, nell’ambito di un progetto chiamato “Lumen”.
Il database Lumen raccoglie e analizza i reclami legali e le richieste di rimozione di materiali online. Tali dati consentono a Google di studiare la numerosità delle problematiche legali, consentendo agli utenti – almeno nelle intenzioni di Big G – di vedere l’origine delle rimozioni di contenuti.