Sull’insidioso fronte del finanziamento occulto alle attività dei grandi network del terrore islamista, si affaccia una nuova realtà: quella dell’utilizzo delle criptovalute. Un elemento non certo inaspettato, ma che si va ad aggiungere agli altri bacini di sostegno che sotto più aspetti alimentano la minaccia jihadista. Risulta, infatti, che alcuni website collegati alle organizzazioni terroristiche, da qualche mese abbiano iniziato ad accettare donazioni in bitcoin, la moneta virtuale maggiormente conosciuta e utilizzata per le transazioni sotto-traccia. Non è marginale sottolineare che queste modalità di finanziamento siano da considerare un serio rischio per il sostegno fornito ai gruppi del terrore, tenendo conto che il trasferimento dei fondi avviene in forma anonima e non tracciabile.
Il caso di Zoobia Shahnaz
In queste attività, si distinguono le associazioni senza scopo di lucro, le associazioni culturali islamiche e gli hub per la raccolta delle elemosine. Un esempio significativo dell’utilizzo di criptovaluta per il sostegno al terrorismo islamista è il fermo della 27enne Zoobia Shahnaz, residente a Brentwood, in Long island, rea confessa di avere finanziato lo Stato islamico con 150.000 dollari sottratti con una truffa commessa a discapito di vari istituti bancari utilizzando proprio il circuito delle criptovalute. Il metodo seguito dalla donna è consistito nell’ottenimento di sei carte di credito da altrettanti istituti, tra cui American express, Td bank e Chase bank. Con queste ha successivamente acquistato circa 62.700 dollari in bitcoin convertendoli poi in valuta contante depositata sul proprio conto personale e devoluta, in varie tranche, a intermediari legati all’Isis. La truffa, iniziata nel marzo del 2017, si è conclusa dopo la richiesta di un prestito di 22.000 dollari ottenuto da una banca di Manhattan e l’arresto della giovane che, nel frattempo, era oggetto di una meticolosa indagine da parte delle autorità scaturita dalle destinazioni dei bonifici disposti verso enti di copertura del gruppo terroristico operanti in Pakistan, Cina e Turchia. Zoobia Shahnaz è stata fermata all’aeroporto J.F.Kennedy di New York mentre era in procinto di partire con destinazione Siria. Solo la piena confessione resa agli investigatori dalla donna ha avvalorato quelli che potevano esse considerati dei meri indizi, che non valevano comunque a comprovare in sede di giudizio la sua implicazione nel finanziamento al terrorismo.
Il futuro dell’approvvigionamento economico dei gruppi terroristici
Nel panorama descritto risalta, in modo palese, la difficoltà di rintracciare prove concrete dell’utilizzo su larga scala di cripto-valute da parte dei gruppi terroristici e dei loro finanziatori. È estremamente complesso, infatti, stabilire i reali mittenti e destinatari dei flussi. Alcune fonti riferiscono che proprio queste modalità di reperimento di fondi siano strettamente connesse con alcuni attacchi terroristici condotti in Europa e Indonesia. I vertici dello Stato islamico e, non escluso, quelli di al Qaeda, hanno da tempo intrapreso la promozione dell’utilizzo di nuove tecnologie per le transazioni dei fondi a discapito di quelli tradizionali, sempre più frequentemente bloccati dall’intervento delle varie intelligence internazionali. Un manuale appositamente pubblicato dall’Isis, ad esempio, illustra come si possa raggiungere il fronte di guerra mediorientale utilizzando unicamente cripto valute. Sono altresì numerosi i website formalmente intestati ad associazioni caritatevoli che, attraverso campagne di crowdfunding, ricevono donazioni in moneta virtuale devolvendola successivamente ad intermediari insospettabili che, trasformando la valuta virtuale in denaro contante, provvedono poi al trasferimento delle somme alle cellule del terrore. Queste modalità di finanziamento, stando a quanto riferito, rappresentano il futuro dell’approvvigionamento economico anche dei gruppi terroristici che operano in funzione principalmente anti-israeliana, quali Hamas, la Jihad islamica e gli sciiti di Hezbollah.