Dopo l’annuncio di Sparkle in ordine al potenziamento del Sicily Hub, il data center di ultima generazione con funzionalità di peering remoto, in partnership strategica con DE-CIX, si è assicurato, attraverso la dorsale in fibra ottica Seabone (South East Access backBONE), basata su tecnologia DWDM, il routing internazionale per la maggior parte del traffico telefonico e dati generato dall’utenza di Telecom Italia in Europa, America, Asia e nel resto del mondo.
Ricorderanno i nostri lettori che attraverso il Sicily Hub verrà offerto un punto di interconnessione IP con latenza ridotta rispetto a qualsiasi altro peering point europeo, per lo scambio di traffico da remoto con centinaia di altre reti nelle sedi di Francoforte, Amburgo, Monaco, Dusseldorf, New York, Marsiglia e Istanbul, sfruttando peraltro la prossimità con il Nord Africa e il Medioriente, oltre all’importante e strategico collegamento con tutti i cavi internazionali che atterrano in Sicilia e nonché all’integrazione con la rete globale di Transito IP Tier-1.
Il Mediterraneo è certamente un obiettivo strategico per molti colossi non soltanto delle telecomunicazioni ma anche (e soprattutto) del digitale.
Certamente il data center di nuova generazione si configura come principale snodo per il traffico Internet nel Mediterraneo.
La Sicilia è altresì una regione molto strategica non soltanto per posizione geografica ed importanza geo-politica ma anche per livello di copertura della Banda ultra larga, che, secondo l’I-Com Broadband, ha raggiunto il 90% dell’isola, che si conferma tra le più virtuose d’Italia.
In tale contesto, come ha recentemente affermato anche Gaetano Armao, vicepresidente della Regione Siciliana, “la Sicilia sarà l’area digitalmente più infrastrutturata del Mediterraneo, dotata di un Data Center di rilievo continentale e dei relativi sistemi di disaster recovery e di cloud computing e posta al centro di uno straordinario sistema di backbones landing points, connessa ai cavi sottomarini più importanti del sud-Europa”.
Se questo è lo scenario attuale e prospettico, appare evidente che la Sicilia assume un ruolo fondamentale nella “logistica digitale” tra il vecchio ed il nuovo continente, l’Africa, l’Asia ed il Medioriente. Non poco.
E cosa fa l’Italia?
Invece di sviluppare politiche di sviluppo preordinate a mettere l’hub strategico al servizio soprattutto dei paesi emergenti più prossimi come l’Africa, decide di concentrarsi sulla costruzione di un framework normativo sul “golden power” nel 5G, peraltro inclusivo delle tecnologie dei fornitori extra-UE, che viene clamorosamente bocciato dal Copasir per via del potenziale rischio per la sicurezza nazionale delle tecnologie e infrastrutture IT dei fornitori cinesi. Eppure gli Usa, nostri alleati storici, ci avevano messo in guardia. E non a caso il Presidente Trump aveva “consigliato” di imporre un divieto di utilizzo delle tecnologie cinesi. D’altro canto, anche la Cina ha recentemente ordinato a tutti gli uffici governativi e agli enti pubblici di provvedere, entro tre anni, all’integrale rimozione di tutte le risorse hardware e software di origine “extra China”. Non vi è dubbio che la battaglia geopolitica ed economica tra Usa e Cina andrà avanti ancora e senza esclusione di colpi.
Intanto, la debolezza dell’Italia sulla politica estera sta fortemente contribuendo anche a mettere in discussione la posizione acquisita sulla questione libica, concedendo di fatto ampio spazio di manovra a Turchia e Russia per giungere a breve un’intesa che potrebbe in concreto relegare il nostro paese ad una posizione marginale, perdendo anche potere contrattuale su alcuni dei più importanti dossier strategici nel continente africano. Proprio sul fronte africano, non è un mistero, che la digital transformation in generale e la rete di quinta generazione ed i cavi sottomarini, in particolare, rappresentano una importante attrazione per la brama di sviluppo tecnologico delle due superpotenze globali Usa e Cina. E Mosca non starà certamente a guardare, sebbene più interessata al momento a consolidare la propria potenza energetica anche nel continente Africano.
E’ comunque certo che la Russia, attraverso la connettività ultra veloce, intende sviluppare un potente sistema di intelligenza artificiale, poiché è nota la dichiarazione di Putin secondo cui “il Paese che svilupperà il migliore sistema di Intelligenza artificiale, governerà il mondo”.
Intanto, i colossi del digitale Facebook e Google hanno fortemente investito sul posizionamento di cavi sottomarini nel continente per le loro mire espansionistiche. Tuttavia, proprio quei colossi, si annoverano inspiegabilmente tra gli illustri assenti ad AFRICOMM 2019, l’11esima Conferenza internazionale EAI su e-infrastructure e servizi elettronici nei paesi in via di sviluppo che si è tenuta il 3 e 4 dicembre scorsi a Porto-Novo, Benin. Eppure Google ha forte interesse a finanziare il progetto “Equiano” con il precipuo scopo, invero non troppo celato, di controllare i dati che transitano dal Nord America all’Africa, consentendo all’Africa, in via di reciprocità, di accedere a Internet grazie con la fibra ottica. Si tratterebbe del quattordicesimo investimento via cavo sottomarino che andrà a realizzare entro il 2021 il colosso Google e del terzo cavo internazionale finanziato interamente dal gigante di Internet. Il cavo sottomarino unirà Lisbona per connettersi con il Sudafrica lungo tutta la costa occidentale del continente africano ed avrà la predisposizione per la connessione a tendere delle unità di diramazione con gli altri paesi africani anche della costa orientale. La costruzione di questa nuova infrastruttura è stata affidata alla società franco-finlandese Alcatel Submarine Networks.
Parimenti Facebook, con il progetto “Simba”, punta decisamente a facilitare l’accesso degli utenti africani al social network, favorendo, di conseguenza, un agevole accesso ad un nuovo universo di “ghiotte” informazioni.
Si sa che le informazioni e i dati (Big Data) rappresentano il nuovo petrolio e le reti di quinta generazione sono in grado di assicurarne una notevole produzione e veicolazione attraverso le connettività ultra veloci ed eterogenee di devices e l’universo dell’IoT.
Pertanto, non vi è dubbio che l’ambizione dei colossi “Gafam” (Google, Apple, Facebook, Amazon e Microsoft) è verosimilmente quella di sviluppare nel continente africano dei propri sistemi di intelligenza artificiale ai quali saranno evidentemente funzionali le imponenti infrastrutture di cavi sottomarini. Non a caso Google ha già creato in Ghana un centro di ricerca in AI e Microsoft ha posizionato dei propri data center in Sudafrica.
Dunque, è chiaro che gli Stati Uniti hanno già piazzato più di una bandierina nel continente africano, per contribuire formalmente allo sviluppo dei servizi e dell’economia digitali.
Omologa ambizione, invero già realtà, hanno i colossi competitors cinesi, tra i quali spiccano ZTE e Huawei. Quest’ultima, tra l’altro, attraverso la controllata Marine Networks Co., ha già dominio su un cavo sottomarino di sei mila chilometri tra il Brasile e il Camerun ed ha anche annunciato che ne poserà un altro di dodici mila tra l’Europa, l’Africa e l’Asia mentre andrà a completare i collegamenti in fibra ottica sottomarina tra il Golfo della California ed il Messico.
E l’Italia? Semplice, non ha colto le potenzialità di rischio evidenziate dagli alleati storici, peraltro avvalorate proprio dal Comitato Parlamentare per la Sicurezza della Repubblica, il Copasir.
E infatti, in presenza di un potenziale rischio spionaggio, peraltro tenuto anche conto dell’obbligo normativo per le aziende cinesi, presente nel regime comunista, di collaborare e riferire al Governo le informazioni “sensibili”, che impatto potrebbe avere sulla cooperazione militare, affidare alle aziende cinesi la realizzazione dell’infrastruttura 5G? Un particolare, per fortuna, non sfuggito al Copasir.
E intanto, mentre l’Africa cresce sul digitale molto più di quanto non faccia l’Italia in Europa, ci godiamo nell’assoluta inerzia il virtuoso sviluppo della Sicilia al centro del Mediterraneo.