Il vaccino anti covid nelle carceri, soprattutto per agenti della polizia penitenziaria, è al palo. Nonostante gli istituti penitenziari siano tra gli ambienti più a rischio, soprattutto per gli atavici problemi di sovraffollamento delle strutture, la somministrazione del siero va a rilento e in alcuni casi non è mai partita. E dopo il blocco delle vaccinazioni arrivato a seguito della direttiva del Commissario per l’emergenza Covid, Francesco Paolo Figliuolo, la questione è ancora più preoccupante.
In alcune regione come il Lazio, infatti, la somministrazione non mai è partita e dopo lo stop a Johnson & Johnson, le dosi arrivate a Pratica di Mare non sono state distribuite.
Ieri il ministro della Giustizia, Marta Cartabia, ha incontrato i sindacati e nonostante le rassicurazioni arrivate anche indirettamente dal generale Figliuolo, detenuti e polizia penitenziaria devono fare i conti con i focolai attivi, come quello nella sezione femminile di Rebibbia che al 12 aprile contava 72 positivi.
“Noi siamo molto preoccupati perché ancora non è partito il piano vaccinale nelle carceri del Lazio per tutto il personale di Polizia Penitenziaria, già provato in questi mesi da una serie di disfunzioni che hanno riguardato la distribuzione dei dispositivi di protezione e le insufficienti sanificazioni degli ambienti, è stremato e sfiduciato – ha detto Francesco Laura, vice presidente dell’Unione sindacati di polizia penitenziaria (USPP) – Ai nostri agenti si chiede solo di fare sacrifici, ma poi si ricevono risposte inadeguate per attuare le migliori condizioni igienico-sanitarie e non si riconosce la dignità del duro e poco considerato lavoro che svolge per assicurare la legalità in luoghi dove c’è la massima concentrazione di criminalità. La Polizia Penitenziaria continua ad essere considerata la Cenerentola delle forze dell’ordine e questo deve finire, non solo nel Lazio ma in ogni parte d’Italia”. Il sottosegretario alla Giustizia, Anna Macina, intervenendo ad un incontro con l’Associazione Antigone, ha spiegato: “C’è la volontà di portare avanti e completare la campagna vaccinale nelle carceri. Il ministero della Giustizia sta lavorando a questo”. Ma i numeri delle vaccinazioni, forniti dallo stesso sottosegretario, sono sconfortanti: “Al momento i numeri, aggiornati al 12 aprile, dicono che 8485 detenuti sono stati vaccinati su un totale di 52466. Nel personale del corpo di polizia penitenziaria sono 15998 i vaccinati su 36939. E nel personale amministrativo e dirigenziale dell’amministrazione penitenziaria sono 1683 su 4021”.
Il tema della vaccinazione nelle carceri è molto delicato, non solo per la somministrazione che va a rilento. Tra i detenuti, 1/3 sono extracomunitari, senza fissa dimora e spesso senza permesso di soggiorno. Questo vuol dire che somministrare un vaccino che prevede il richiamo, sarebbe un rischio perché in caso di uscita dal carcere se ne perderebbero le tracce rendendo impossibile iniettare la seconda dose. La necessità di proteggere gli agenti della penitenziaria, dunque, è alta. Mentre altri corpi di polizia e forze armate proseguono spedite nella vaccinazione, per la penitenziaria questo non accade.
“Occorre far chiarezza sui motivi che rallentano le vaccinazioni di tutto il personale di Polizia Penitenziaria – ha aggiunto Laura – non solo di quelli che lavora a stretto contatto coi detenuti. Ci viene il dubbio che si tratti di ostacoli politici, più che di impedimenti di ordine tecnico. Non vorremmo mai che questi rallentamenti derivino da ragioni di tipo ideologico perché, in questo caso, la gravità sarebbe enorme”.