Il covid 19 non era ancora pandemia. Ma in Cina le grandi manovre del regime su quel virus puzzavano già di bruciato. Era la fine di gennaio quando Chen Qiushi, cittadino cinese, ex avvocato e poi giornalista, decise di recarsi a Whuan per documentare la rapida diffusione della malattia. E girò per ospedali, pompe funebri e in tutti i luoghi pubblici della città epicentro dell’epidemia.
Pochi giorni dopo, a febbraio, scomparve. Improvvisamente. Pensare ad una fuga d’amore conoscendo i metodi spicci della dittatura di Pechino sarebbe un improbabile esercizio di fantasia.
All’inizio girò la voce che fosse in quarantena proprio a Whuan. Poi sul giornalista calò il silenzio. Della Cina, ovviamente. Ma anche dei media mondiali. Il cataclisma provocato dalla pandemia occupò le pagine dei giornali, le TV, i siti web. Di lui non si interessò più nessuno. Non si seppe più nulla.
Ma ora, a sette mesi dalla scomparsa si apprende che si troverebbe in stato di detenzione.
In un video su YouTube di un suo amico intimo, Xu Xiaodong, un combattente di armi marziali miste, la testimonianza. Il 35enne Chen sarebbe in buona salute, rivela l’amico, e tenuto sotto “sorveglianza in una residenza designata” a Qingdao, nella provincia orientale dello Shadong.
Le autorità cinesi avrebbero tuttavia indagato sulle sue attività non riscontrando legami finanziari del giornalista con “forze straniere”. E non avrebbero deciso di perseguirlo perché non sarebbe responsabile di attività sovversive. Graziato o messo ” democraticamente ” a tacere? Lo sapremo mai?
E Chen è solo uno dei tanti reporter scomparsi dopo i loro servizi su Whuan.
Fang Bin e Li Zehua, due blogger di alto profilo, spariti entrambi all’inizio di febbraio. Così come la giornalista Zhang Zhan.
Di Bin non si sa più nulla. Li è riapparso a fine aprile dicendo di esser stato in quarantena a Whuan.
E Zhan è sotto processo con l’accusa di “aver litigato e provocato guai”.
Un espediente processuale usato spesso e volentieri dal regime per mettere a tacere gli attivisti.
La polizia cinese durante l’epidemia ha stroncato sul nascere qualsiasi tentativo di informazione che non fosse quella ufficiale del governo. “Temevano che potesse infiammare l’opinione pubblica”, sostiene l’analista politico indipendente Wu Qiang.
Del resto è quello che hanno sempre fatto.
E che continueranno a fare.
Con il benestare delle democrazie occidentali, tranne qualche rara, rarissima voce fuori dal coro.
Che all’occasione non vedono, non sentono e non parlano.
Tipo la nostra. Che continua a coccolare i musi gialli.
Gli inviti e i salamelecchi di Di Maio e Conte.
Il silenzio omertoso della sinistra nostrana.
Troppi interessi in ballo. E pecunia non olet. Neanche in nome della democrazia.
Happy birthday wherever you are, Qiushi!
无论你身在何处,生日快乐,秋实!We are still waiting for Chen Qiushi's return. Until he reappears, we will keep on counting the days.
Chen Qiushi has been out of contact for 226 days after covering coronavirus in Wuhan.#findQiushi pic.twitter.com/1RcV1cdxgg
— 陈秋实(陳秋實) (@chenqiushi404) September 19, 2020