L’esclusione degli autori meridionali dalle indicazioni ministeriali? “Una porcata perpetrata negli anni”. Non ha dubbi Pino Aprile, giornalista e scrittore, sul perché dal 2010 sino ad oggi Sciascia, Quasimodo e Vittorini non siano stati inclusi nei programmi consigliati dal Miur. “Fa parte di un disegno per ridurre il livello di scolarità e cultura media del Mezzogiorno. Esattamente come fanno i governi razzisti con le popolazioni che vogliono destinare a compiti di seconda o di terza fila. Riservando a pochi di loro un livello di crescita culturale più alto. In modo da scegliere quelli del Sud come una classe dirigente gregaria, al servizio del potere razzista. Il sistema coloniale né più né meno”.
Secondo l’autore di “Terroni”, libro molto diffuso che ha riacceso la discussione sulla cosiddetta “questione meridionale”, molte delle decisioni prese dall’allora ministro dell’Istruzione, Mariastella Gelmini, e dai suoi successori avrebbero avuto l’obiettivo di colpire il sistema scolastico del sud. “Cambiano i governi ma la sostanza rimane la stessa”, sottolinea Aprile quasi ad immaginare che in fondo dietro a questo piano ghettizzante ci siano dietro degli interessi che vadano oltre la politica.
“La Gelmini sottrasse mezzo miliardo di euro destinato alle scuole malmesse del Meridione per usare i fondi altrove, mentre il successivo ministro tecnico, Francesco Profumo (governo Monti), istituì borse di studio modello apertheid: per accedervi a sud il reddito doveva essere inferiore a 15.000 euro mentre al nord fino a 26.000”. Un modello che ha incrementato negli ultimi anni la migrazione dal sud al nord, non più solo finalizzata a lavoro o salute, ma anche alla formazione universitaria dei più giovani. Incentivati dal prestigio o forse dalle maggiori possibilità garantite dalle borse di studio offerte dagli atenei settentrionali. “Così svenano anche le famiglie costrette a pagare per mantenere fuori i propri figli, facendo ingrassare una parte del Paese mentre l’altra deve schiattare. Inoltre rubano anche i nostri migliori ricercatori”, attacca lo scrittore pugliese.
Ne ha per tutti Pino Aprile e qui il riferimento è al decreto firmato nel 2013 dall’allora ministro del governo Letta, Maria Chiara Carrozza, per la programmazione triennale delle università con lo scopo di privilegiare le sovvenzioni per gli istituti più “virtuosi”, capaci di assicurare servizi agli studenti e l’integrazione con i centri di ricerca. “Naturalmente quelli del Nord, perché fanno pagare le tasse più alte. Ma se al sud il reddito medio è la metà come si può far pagare rette più alte – si domanda il giornalista che continua – se ci sono 100 Einstein in Basilicata e 100 emerite teste di legno al Politecnico di Milano, solo perché lì il territorio è più ricco, quell’istituto verrà classificato dal Ministero come università migliore”.
Teaching Universities. Sembra essere questo il futuro inevitabile delle università del Sud. “In pratica dei super licei mentre la ricerca sarà fatta solo negli atenei migliori nel Nord”. Linea di tendenza confermata, secondo Pino Aprile, anche dallo stesso premier Renzi che di recente ha varato il progetto Human Technopole di Milano con un finanziamento da un miliardo e mezzo in dieci anni per la formazione di giovani ricercatori. “Una filiazione dell’Istituto italiano di tecnologia di Genova, dove la ricerca è inferiore per qualità e quantità al Politecnico di Bari come dimostrato dai ricercatori del Roars”. E la buona scuola? “Visti gli scarsi fondi per la dispersione scolastica (record a Napoli e Palermo) è la tappa quasi terminale di un progetto che mira a dare al sud un livello culturale di tipo coloniale”, rincara la dose Pino Aprile.