La vendita di arte internazionale è l’ultima vera sfida tra magnati cinesi ed americani. Sorprende, infatti, che il maggiore mercato d’arte al mondo sia quello cinese. Le più note case d’aste internazionali, infatti, pare che di inglese hanno mantenuto solo il nome. E cosi anche Sotheby’s e Christie’s sono oggi governate da gestori di Hong Kong, in una continua lotta contro gli americani. La quota di mercato detenuta dalle prime cinque case d’asta internazionali è scesa dal 68% del 2013 al 61% dell’anno passato. Tra queste la quota aggregata detenuta da Sotheby’s Hong Kong e Christie’s Hong Kong è passata dal 50% del 2013 al 32% nel 2015. All’inizio di agosto la notizia che Taikang Life Insurance Co. – una delle più importanti compagnie di assicurazione in Cina – aveva acquistato il 13,5% di Sotheby’s (investimento di 230 milioni di dollari), diventando il più importante azionista senza causare oscillazioni esagerate al titolo, aveva suscitato la domanda: chi tra gli hedge fund aveva venduto parte dei titoli in portafoglio? La risposta non si è fatta troppo attendere.
In un documento, del 13 luglio depositato alla Sec (Security Exchange Commission) è emerso che Point72 Asset Managemet, la società di investimenti del miliardario e collezionista Steven Cohen, ha venduto due terzi delle azioni detenute in Sotheby’s. La vendita, secondo indiscrezioni, ha generato una plusvalenza del 50% circa nell’arco di sei mesi. Point72, aveva iniziato ad acquistare quote a partire da settembre 2015. Nel periodo, beneficiando anche di una fase molto debole del titolo (da settembre 2015 a metà maggio 2016 in borsa Sotheby’s aveva perso il 18,5%) Point72 Asset Management aveva acquistato 1,2 milioni di azioni della casa d’aste americana portando la quota totale a 3,2 milioni con un valore complessivo di 86,1 milioni di dollari, diventando il quinto azionista con in portafoglio i 5,5% di Sotheby’s. Se Steven Cohen ha “valorizzato” parte dell’investimento, il miliardario Daniel Loeb di Third Point, l’hedge fund attivista che nel 2014 ha avviato una delle lotte più intense tra corporate e hedge fund nel corso della quale non sono mancati insulti e pesanti accuse reciproche, ha acquistato 1,149 milioni di azioni portando la sua quota nella casa d’asta al 12,1% dal 10,75% dello scorso febbraio, una percentuale appena al di sotto della quota della compagnia assicurativa cinese.
Il mercato internazionale di arte parla cinese. Seppur si registra il trend negativo che interessa dal 2012 il segmento delle aste di arte cinese, il mercato resta quello orientale con investitori provenienti da ogni parte del mondo e con i dati sorprendenti in ascesa di nord americani che preferiscono l’arte orientale. Il calo registrato nello scorso anno è stato del 9% a 7,1 miliardi di dollari (¥ 46,3 miliardi), ma nonostante questa decisa flessione, che segna il livello più basso degli ultimi tre anni, la dimensione di questo segmento rappresenta ancora il 32% del mercato globale delle aste. Queste indicazioni emergono dalla ricerca annuale Global Chinese Art Auction Market Report, 2015 condotta da artnet in collaborazione con China Association of Auctioneers (CAA). L’Associazione raggruppa oltre 2.500 membri e rappresenta l’80% dl mercato delle case d’asta presenti nella Mainland China.
Nella Cina Continentale, a causa della volatilità del mercato azionario cinese e la continua ristrutturazione interna del segmento Arte, le vendite sono scese del 19% a 4,4 miliardi di dollari (¥ 29,1 miliardi), evidenziando un decremento superiore a quello del 2012. La correzione del 2015 ha, tuttavia, rilevato un clima differente rispetto al 2012. In termini di offerta, sia il 2012 sia il 2015 si è registrata una pesante diminuzione del numero dei lotti, in calo del 16% nel 2012 e del 24% nel 2015, ma nell’anno passato, sia il tasso di sell-through (47%) sia il prezzo medio (17.697 $, ¥ 114,836) sono rimasti stabili a dimostrazione del fatto che, mentre nel 2012 la flessione è stata guidata da un decremento sia dell’offerta che della domanda, la crisi del 2015 è stata determinata solo dal ridimensionamento dell’offerta da parte delle case d’asta, piuttosto che da un calo della domanda o della qualità dei lotti offerti. In questo contesto operativo, molte case d’asta hanno rallentato l’attività e per la prima volta negli ultimi quattro anni il numero degli operatori attivi che offrono arte cinese nella Cina Continentale è sceso a 274, 18 case d’asta in meno rispetto al 2014. Infine, i mancati pagamenti, un problema che per anni ha dominato il mercato cinese, nel 2015 ha registrato un miglioramento.
Nella Cina Continentale, allo scorso 15 maggio, il 58% dei lotti venduti (in valore) è stato pagato e, per quanto riguarda i lotti venduti per un valore superiore a 10 milioni di ¥, la quota dei lotti pagati sale del 17%, passando dal 35% del 2014 al 52% dell’anno passato. Contrariamente alla tendenza evidenziata nella Cina Continentale, le vendite all’estero di arte cinese hanno registrato, nel 2015, un aumento passando da 2,3 miliardi di dollari a 2,6 miliardi di dollari (¥ 17,1 miliardi), sostenuto da buyer sia cinesi sia internazionali, un valore pari a più della metà delle vendite registrate nella Cina Continentale.
Allo stesso tempo il numero di case d’asta internazionali che hanno offerto arte cinese è aumentato costantemente dal 2009 e ha raggiunto 332 unità, un numero superiore a quelle presenti nella Cina continentale. Lo sviluppo internazionale è stato favorito da due importanti dinamiche: in passato l’importazione di opere nella Cina continentale era soggetta a un’elevata tassazione, in questi ultimi tempi, le misure restrittive per importare opere d’arte si sono inasprite e pertanto, è estremamente difficile per una casa d’asta residenti nella Cina Continentale ottenere dei consignment dall’estero che abbiamo anche le caratteristiche qualitative e di autenticità.
A partire dal 2012 le due principali case d’asta Poly International Auction, e China Guardian Auction Co Ltd., hanno aperto sedi a Hong Kong colmando questo “gap di offerta” e il volume d’affari nell’area di Hong Kong è cresciuto notevolmente. Allo stesso tempo, a trainare le vendite di arte cinese all’estero sono stati i buyer della Cina Continentale diventati più “internazionali”. Dal 2013 al 2015 sono state costituite quattro free zone, Shanghai, Guangdong, Tianjin e Fujian favorendo una maggior libertà ai collezionisti per l’acquisto di arte dall’estero offrendo agevolazioni fiscali e facility per il commercio e lo storage.
Inoltre, dopo il taglio (1,9%) del tasso di interesse da parte della banca centrale cinese l’11 agosto 2015, i timori di svalutazione dello yuan, hanno spinto la domanda di asset internazionali verso una maggior diversificazione dell’asset allocation, determinando una maggior richiesta di arte all’estero. Significativo lo sviluppo nell’America del Nord, dove nel 2015, si è verificato un aumento del 70% del numero dei lotti offerti rispetto al 2014 con il numero di lotti venduti in crescita del 54% a 19.545 lotti.
E’ la prima volta, dal 2013, che questa regione ha venduto un numero maggiore di lotti di arte cinese rispetto al segmento estero dell’Asia, diventando così il più grande mercato dell’arte cinese in termini di volume. Fine Chinese Painting e Calligrahy (che comprende Classic, Modern e Contemporary) pur rimanendo i segmenti più apprezzati dal collezionismo, nel 2015 hanno registrato un calo sia nella Cina Continentale sia a livello internazionale.
Il mercato nella Mainland China rimane dominato da un piccolo gruppo selezionato di case d’asta invariato nel corso degli ultimi anni. Nel 2015 le prime cinque case d’asta hanno registrato una quota di mercato del 55% e un calo delle vendite del 16% su base annua. I due big del settore, Beijing Poly International e China Guardian, detengono una quota di mercato aggregata pari al 36%. Il mercato internazionale rispetto alla Cina Continentale presenta una minor concentrazione per effetto dell’espansione avvenuta in questi anni.