di Gianpiero Falco* per Stylo24.it
Ci eravamo lasciati, con il pezzo in cui avevamo aspramente criticato lo stato dei lavori pubblici in Italia all’indomani della tragedia di Genova, con la promessa cronaca di una mia esperienza personale. Da sempre, ovvero con l’uscita della legge Merloni, nel lontano ’94, mi sono occupato della realizzazione delle opere pubbliche per il tramite della finanza di progetto e cioè per il tramite della «Concessione di costruzione e gestione» delle stesse. Dapprima, ho utilizzato imprese terze, successivamente, data la mia frequentazione con le forze dell’ordine nei posti in cui si attuano gli investimenti da realizzare, mi è stato dato il consiglio di crearmi una «scatola» realizzativa propria. Operando, infatti, in realtà difficili, quali quelle del nostro Meridione, ho dovuto accettare tale suggerimento per non aver nessun contatto con chicchessia nella realizzazione delle opere. Devo dire, comunque, che questo strumento lo ritenevo il più giusto e perseguibile per le attività svolte. Così ho messo su un consorzio con tre o quattro imprese di mio riferimento, eccezion fatta per una che si dichiarava appartenente alla Associazione anti-racket a cui appartengo anche io con altre mie due società.
L’occasione dei Giardini Naxos
L’occasione per la realizzazione dello strumento operativo si palesò a Giardini Naxos (Me), città nella quale il sottoscritto ha realizzato un impianto polisportivo natatorio con la tecnica, per l’appunto, della finanza di progetto. In questa città, incontrai un mio collega, il quale mi raccontò che vi era un consorzio che cedeva il proprio ramo d’azienda, rappresentato da tre lavori in tre cantieri diversi. Per ovvi motivi, non accettai la cessione del ramo d’azienda, ma il fitto dello stesso, per non essere sponda ad eventuali operazioni in barba ai creditori del consorzio che voleva cedere le attività.
Bene feci perché, di lì a poco, questo consorzio fallì ed io riprodussi lo stesso contratto con la Curatela fallimentare e continuai legittimamente il completamento dei cantieri tramite il fitto del ramo d’azienda.
Nella fattispecie le operazioni erano la conclusione di una manutenzione presso il Policlinico di Messina, che è terminato facilmente senza problemi; la sistemazione di un’area di servizio in San Zenone est (Ente appaltante la società Autostrade per l’Italia), e l’allargamento del tribunale di Caltanissetta. Ebbene qui intervengono le prime difficoltà che sono rappresentative dei mali del nostro sistema.
Il paradosso di appaltare un lavoro il cui progetto è irrealizzabile
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*Presidente Confapi Napoli