Non c’è legge che tuteli pienamente il mondo degli autotrasporti. Lo dicono a gran voce rappresentanti di categoria, dirigenti e gli stessi autisti. Non tutti però sono disposti a parlarne liberamente, dato il rischio di perdere il proprio posto di lavoro. Il risultato è che sempre meno italiani fanno questo mestiere, schiacciati dalla concorrenza estera soprattutto dall’est Europa. Il motivo? La paga non più ai livelli degli ultimi 20 anni ma soprattutto i disagi e i rischi per la sicurezza. Al primo posto rimane l’annosa questione dello scarico merci per la grande distribuzione organizzata (GDO), compito che non spetterebbe al conducente ma che nei fatti è diventata una prassi necessaria, quasi dovuta.
Secondo il Contratto collettivo nazionale del settore dei trasporto, spedizioni e logistica, a meno che il contratto di trasporto non lo preveda espressamente, l’autista non è tenuto a svolgere operazioni di carico e di scarico merci. L’articolo 14 prevede tra l’altro che il “lavoratore deve essere adibito alle mansioni per le quali è stato assunto”. Il conducente è responsabile della buona conservazione dei beni durante il trasporto che “inizia nel momento in cui la merce è stata caricata sul veicolo e termina quando la stessa viene messa a disposizione del destinatario nel luogo indicato per lo scarico”. L’autista è solo tenuto a disporre il carico sulla “sponda” del camion, la parte finale del mezzo, in modo tale da agevolare le operazioni di presa in carico dei beni a cui dovrà presenziare sorvegliandone il corretto svolgimento. Nessun cenno anche nell’articolo 6 bis del decreto legislativo 286/2005 (in materia di liberalizzazione del settore), per cui l’autista è tenuto ad aspettare al massimo due ore lo scarico delle merci, altrimenti scatta una penale per il committente.
Nella pratica però le norme non vengono rispettate. Alcuni addetti ai lavori segnalano che i tempi di attesa arrivano sino alle quattro ore, il doppio del lecito, provocando un danno per l’autista che non riuscirà a consegnare in tempo gli altri carichi. Il vettore sarà così costretto ad accollarsi le penali per il ritardo o la mancata consegna delle merci. “Dobbiamo pagare ogni piccolo errore – testimonia un dirigente di una società che vuole restare anonimo – Mi è capitato che per soli 11 minuti di ritardo, dopo 4 ore di trasporto, abbiano rifiutato più di 20 pedane e ho dovuto rimetterci i soldi di tasca mia”.
La Fiap, federazione italiana autotrasportatori professionali, ha denunciato negli ultimi anni diversi casi di soprusi. Forse il più eclatante è quello che ha coinvolto un camionista presso lo scarico merci di un grosso centro di distribuzione nel bolognese. Secondo la ricostruzione fornita dall’associazione di categoria, dopo dieci ore di viaggio l’autista è stato di fatto obbligato a scaricare il camion dopo che gli erano state sequestrate le chiavi del mezzo. Poi restituite solo a operazione conclusa. Inoltre avrebbe firmato una liberatoria nella quale dichiarava di conoscere il muletto affidatogli per il trasporto e di averne lui stesso chiesto l’utilizzo.
Lo scarico merci non è quasi mai un’imposizione ma diventa una prassi. Il motivo è semplice: se l’autista non vuole farlo deve aspettare. Per non perdere ulteriore tempo e non incorrere in ritardi con altri committenti, il conducente finisce per fare anche il facchino.
“Il cancro del trasporto è la grande distribuzione di massa – afferma Silvio Faggi segretario nazionale Fiap – che danneggia anche i produttori di materie prime: siamo tutti condizionati da questo mostro”. E quasi nessuno vuole parlarne per paura di essere identificato e perdere il posto. “Se qualche ispettore del lavoro ogni tanto controllasse seriamente alcuni scandali nel settore degli autotrasporti sarebbero evitati – continua Faggi – La logistica è infatti un settore permeabile dalla criminalità e noi lo abbiamo denunciato tante volte ma questo è un paese senza futuro”.
Affari più o meno leciti su cui si presta poca attenzione, secondo le associazioni di categorie, per via dell’offerta di manodopera a basso prezzo da parte dei lavoratori stranieri. In più la delocalizzazione, ormai consolidata, delle società di autotrasporti ha portato all’abbassamento del salario medio. Con il risultato che i giovani italiani non vogliono più fare questo lavoro. Senza contare i rischi per la sicurezza stradale per sé e per gli altri.