Paesaggio italiano, la bellezza vincolata ma continuamente violentata da abusi edilizie ed esigenze dei territori e poco salvaguardata dagli enti preposti. Ofcs.report, in occasione della prima edizione della Giornata del Paesaggio, voluta dal Mibact per martedì 14 marzo, con una serie di iniziative, realizza una sorta di percorso per scattare una fotografia reale sulle storture e le problematiche dei territori e dei cittadini per i vincoli anche dopo la semplificazione, almeno stando agli atti, avviata dopo l’approvazione del Codice dei Beni Culturali e del Paesaggio, con il decreto legislativo 42 del 22 gennaio 2014 e l’istituzione del regime semplificato per le autorizzazioni minori con il Dpr 139 del 2010 e il cosiddetto Sblocca Italia. Intanto, sono migliaia i siti naturalistici e porzioni di territorio che vengono sottoposti a nuovi vincoli paesaggistici. Non solo aree tutelate perché parchi nazionali o regionali ma anche borghi, siti culturali ed artistici che seppur importanti per garantire tutela spesso, con vincoli e soprattutto mancate autorizzazioni, bloccano iniziative private o pubbliche pure sostenibili. E’ possibile consultare la perimetrazione seppur non esaustiva delle aree italiane sottoposte a vincoli paesaggistici. Il Sistema Informativo Territoriale Ambientale e Paesaggistico, istituito nel 1996, è l’erede del sistema realizzato nell’ambito del progetto Atlas – Atlante dei beni ambientali e paesaggistici, risalente alla fine degli anni ’80.
Il portale riporta le perimetrazioni georiferite e le informazioni identificativo-descrittive dei vincoli paesaggistici già emanati prima del Codice del 2014 con le leggi 77/1922, la 1497/1939 o derivanti dalla legge n. 431/1985 (“Aree tutelate per legge). Dall’ex area industriale di Bagnoli a Napoli, alle miniere di Carbonia, passando per l’area di Porto Marghera a Venezia o in Sicilia nelle saline o per le vette alpine del Parco dello Stelvio e su per le Dolomiti come per le valli e i litorali marini e ampi pezzi dei circa ottomila chilometri di costa. Vincoli paesaggisti approvati in epoche diverse che avrebbero dovuto consentire una tutela e salvaguardia del territorio, oltre che un recupero per i tanti siti inquinati ma che spesso fanno i conti con l’inquinamento e gli abusi edilizi. Come non dimenticare l’edilizia selvaggia sulle colline senesi o le case abusive costruite sui litorali e spiagge come a Mondragone e in Calabria.
Una recente sentenza della Cassazione ha posto in luce il problema delle sanatorie di abusi edilizi su siti di rilevanza paesaggistica, come nel caso di un immobile abusivo costruito a Barano di Ischia e che si intende sanare per via della prescrizione. La Cassazione ha infatti stabilito che la prescrizione non si applica all’ordine di demolizione degli abusi edilizi deciso dal giudice penale e che, in Italia, non può trovare diretta applicazione la giurisprudenza della Corte di Strasburgo orientata a non tollerare pene senza termine di prescrizione. La demolizione è una sanzione amministrativa e non una pena “nel senso individuato dalla Corte Edu e non è soggetta alla prescrizione”.
La Cassazione ha dunque dato piena legittimazione al via libera alla distruzione dell’edificio abusivo e al ripristino della situazione originaria. In Campania sono migliaia le costruzioni abusive, ma la piaga dell’abusivismo edilizio colpisce l’Italia intera. Ma cerchiamo di fare il punto sui tempi e modalità di rilascio pareri ed iter burocratico per l’autorizzazione di iniziative edilizie private e pubbliche. Il decreto Cultura prima (legge 106/2014) e la legge Sblocca Italia poi (legge 164/2014), hanno pensato di alleggerire il controllo su interventi minimi che non incidono sulla bellezza del paesaggio. E di ampliare dunque il novero degli interventi realizzabili con autorizzazione paesaggistica semplificata. Per ora, però, tutto è ancora fermo all’allegato degli interventi fissati dal Dpr 139/2010. A godere della procedura più snella sono per ora 39 interventi, si tratta di opere edilizie di scarso impatto, che però sono anche quelle cui più comunemente si fa ricorso. Negli altri casi, invece, occorre procedere con l’autorizzazione ordinaria.
Un ruolo sempre importante resta quello della Soprintendenza, di cui si può fare a meno in caso di procedura semplificata. In sostanza, pur interpellandola, in mancanza di una risposta entro i trenta giorni la procedura è confermata. Il decreto ha ridotto i tempi. Rispetto all’iter ordinario, l’autorizzazione semplificata consente un notevole risparmio di tempo. Se la pratica non incorre in intoppi, per il via libera basta attendere 60 giorni, trascorsi i quali si può avviare il cantiere. Se la domanda presentata va integrata, perché ritenuta incompleta dagli uffici, i giorni da 60 diventano 75. La procedura impone naturalmente che vi sia la consulenza di un tecnico per istruire la documentazione.