Forse in pochi ne sono a conoscenza, ma a soli 125 chilometri dal confine italiano c’è una centrale nucleare costruita su una zona sismica di livello medio-alto. Krško, in Slovenia, è una cittadina di circa 26 mila abitanti, attraversata dal fiume Sava e sorta su alcune faglie attive. Qui, verso la fine degli anni ’70, venne progettato l’impianto nucleare Krško-1, dotato di un reattore prodotto della società americana Westinghouse. Nel 1981 iniziò la costruzione della centrale che entrò in funzione due anni dopo.
Nel 1987, con una comunità internazionale ancora scossa dal disastro di Cernobyl, l’Italia decretava il suo sì al referendum che portò all’annullamento del nucleare. Il problema, peró, è che un eventuale incidente del reattore sloveno potrebbe causare conseguenze gravi anche per il nostro Paese.
Dal 1983 nella centrale si sono verificate diverse anomalie, fino ad arrivare nel 2008 a un incidente che mise in allarme anche Greenpeace. L’associazione ambientalista scrive in un aggiornamento del 2013: “la centrale di Krško minaccia, oltre l’Italia, ovviamente la Slovenia ma anche Croazia, Ungheria e Austria“. D’altro canto la città slovena è stata spesso epicentro di forti terremoti: da una scossa di magnitudo Richter tra 5,7 e 6,2 nel 1917, a diversi episodi sismici di magnitudo non superiore ai 4,5 negli ultimi vent’anni.
La centrale di Krško è sicura? Le voci di un dibattito politico che anima la scena regionale e nazionale sono molteplici e contraddittorie. Da una parte, l’onorevole Laura Fasiolo (PD), in una recente audizione alla Commissione ambiente del Senato, ha parlato di “forti elementi di pericolo a cui anche il nostro Paese sarebbe esposto nel caso si verificasse un evento sismico distruttivo, tutt’altro che improbabile”. Con lei erano presenti tre studiosi, Livio Sirovich, dell’Istituto nazionale di oceanografia e Geofisica sperimentale di Trieste, Peter Suhadolc, dell’Università degli studi di Trieste, e Kurt Decker dell’Università di Vienna. Nel febbraio del 2015, in un articolo sulla rivista scientifica ‘Sapere‘, Sirovich e Suhadolc mettevano già in luce, attraverso studi indipendenti, i loro dubbi sulla tenuta sismica dell’impianto. “Alla fine degli anni ’70 – si legge – gli studi probabilistici di pericolosità sismica muovevano i primi passi e nella Jugoslavia di allora non vennero eseguiti. Ci si limitò a progettare le strutture secondo standard americani oggi superati”.
Dall’altra parte, l’assessore regionale Ambiente, Sara Vito, in apertura del convegno “La gestione dell’emergenza radiologica a Trieste e in Friuli Venezia Giulia” (organizzato dall’Agenzia regionale per la protezione dell’ambiente Arpa Fvg), ha affermato: “Sulla centrale termonucleare di Krško la Regione Friuli Venezia Giulia ha sempre posto la massima attenzione e le iniziative programmate per questa settimana a Trieste lo dimostrano”. Tra gli eventi di questi giorni, un incontro -definito “un grande passo in avanti” dall’assessore Vito – tra Italia e Slovenia volto a rafforzare gli Accordi bilaterali sulla gestione delle emergenze radiologiche e di cooperazione in materia di sicurezza nucleare. Durante il vertice, Stefano Laporta, direttore generale dell’Ispra, ha fatto presente che, secondo le ultime verifiche, l’impianto di Krško risponde agli standard di sicurezza internazionali per quanto riguarda il rischio sismico (stress test) e per gli interventi di manutenzione.
Come si possono arginare i rischi radiologici? Ofcs.Report intende mantenere accesi i riflettori sulla vicenda di Krško e sui piani d’azione previsti in caso di criticità. Per questo ha partecipato al convegno nazionale Airp di radioprotezione “Emergenze e incidenti radiologici: scenari ambientali sanitari e industriali”, con il quale si è conclusa la settimana triestina sulla sicurezza radiologica e nucleare. L’obiettivo dei lavori era aprire un confronto tra i settori e gli operatori della radioprotezione per discutere di pianificazione e di prevenzione.
Tra le diverse esperienze di gestione delle emergenze, è stato presentato un “accordo quadro” di collaborazione tra i vigili del fuoco e il gruppo Ger (Gruppo emergenze radiologiche) di Anpeq (Associazione nazionale professionale esperti qualificati in radioprotezione), firmato nel 2012 presso il ministero dell’Interno. Prevede l’attivazione di Eq (Esperti Qualificati), ovvero 71 professionisti da tutta Italia, da affiancare alla struttura istituzionale in caso di incidente radiologico.