“Il biogas recuperato nelle discariche contribuisce alla green economy e fa diminuire l’utilizzo dei carbon fossili”. Mentre la “monnezza” della Capitale indebita i romani e fa sorridere gli austriaci, che guadagnano centomila euro ogni convoglio di rifiuti che gli consegnano da Roma, nel nord Italia si usano gli impianti di termovalorizzazione e le discariche controllate che producono energia e consentono alle Amministrazioni di rispondere alle emergenze. A spiegare queste dinamiche e il futuro della gestione del ciclo dei rifiuti in Italia è Giovanni Bozzetti, presidente di Ambienthesis, società del gruppo Greenholding che in Italia e Europa si occupa del trattamento rifiuti.
Presidente Bozzetti, in Italia il tema della gestione dei rifiuti è diventato un tabù. I politici ne parlano solo in campagna elettorale promettendo il sogno del Zero Waste. Lei crede sia un obiettivo realizzabile?
Per giungere a un futuro in cui gli scarti vengano ridotti al minimo la strada è ancora lunga e passa anche da una necessaria rivoluzione delle coscienze dei cittadini come consumatori consapevoli, delle industrie nell’investire verso il passaggio a materiali e processi più sostenibili, e dei governi a facilitare l’evoluzione da un’economia lineare a una circolare. Servono alternative sostenibili sia per lo smaltimento controllato, sia per il sostegno all’innovazione sui materiali e il loro ciclo di vita.
Intanto però dobbiamo fare i conti con l’emergenza quotidiana che dice che oggi gli italiani differenziano il 52% della spazzatura. Carta, plastica, vetro, metalli, legno, materiale organico.
Secondo il rapporto ISPRA del 2018 (L’Istituto Superiore per la Produzione e la Ricerca Ambientale) in Italia ogni persona produce in media 497 chilogrammi di rifiuti urbani all’anno, il 52% dei quali viene sottoposto a riciclaggio e compostaggio. Solo nel 2016 si rileva un dato di produzione di rifiuti speciali pro capite nazionale pari a 2.229,5 kg/abitante per anno, di cui 2.070,9 kg/abitante per anno relativi ai rifiuti non pericolosi e 158,6 kg/abitante per anno relativi ai rifiuti pericolosi. Questo significa che ognuno di noi è corresponsabile direttamente o indirettamente nel generare rifiuti.
Un trend che sembra essere positivo ma non basta.
Mancano impianti di trattamento anche per quel materiale potenzialmente riutilizzabile e ciò crea ingorghi negli impianti di trattamento che spesso sono costretti a smaltimenti verso paesi terzi o peggio utilizzando metodi illegali e altamente nocivi di smaltimento incontrollato pur di far fronte all’emergenza.
Se guardiamo ad esempio il recente rapporto Greenpeace è disarmante il dato riportato che pone l’Italia all’undicesimo posto tra i maggiori esportatori di plastica. Solo nel 2018 abbiamo spedito all’estero all’incirca 200mila tonnellate di rifiuti da scarti di plastica, un quantitativo pari a 445 Boeing 747 a pieno carico, passeggeri compresi.
Portare i rifiuti all’estero non è un modo per inquinare diversamente l’ambiente?
I rifiuti in plastica prodotti da noi Italiani vengono esportati in misura crescente verso l’Austria, Germania, Spagna, Slovenia e Romania, fino a paesi simbolo delle nostre vacanze estive come Malesia, Turchia, Vietnam, Tailandia e Yemen.
Anche se l’export dei rifiuti è sottoposto a controlli e regole severissime, è pur vero che il trasporto di materiale riciclabile al di fuori della Regione che lo ha prodotto crea un impatto di gran lunga maggiore in termini di inquinamento globale prodotto dal trasporto di rifiuti all’estero, risultando nel suo complesso altamente antieconomico.
La sua descrizione fa venire in mente le file di camion che tutti i giorni partono con la “monnezza” della Capitale.
Secondo i dati dell’azienda municipalizzata Ama di Roma, ogni settimana vengono inviati verso l’Austria, uno dei paesi europei più virtuosi nella gestione integrata dei rifiuti, treni merci contenenti 1.400 tonnellate di rifiuti provenienti dalla raccolta indifferenziata capitolina. Delle 4.600 tonnellate di rifiuti differenziati e non che ogni giorno vengono prodotte dalla Capitale, il 30% viene accolto dal termovalorizzatore EVN di Zwentendorf, dove i rifiuti da sacco nero vengono bruciati generando elettricità equivalente al consumo di circa 170.000 abitanti. Incenerire i rifiuti indifferenziati all’estero costa alla Capitale tra i 100 e i 139,81 euro la tonnellata a fronte di un guadagno per i viennesi di circa 100mila euro a convoglio spedito.
La sua azienda si occupa di trattamento di rifiuti speciali. Può spiegarci di cosa si tratta e di quale tipo di rifiuti stiamo parlando?
I rifiuti speciali, secondo le caratteristiche di pericolosità (ai sensi della decisione 2000/532/CE e del D. Lgs 152/06), vengono classificati in rifiuti non pericolosi e rifiuti pericolosi. La nostra azienda è in grado di gestire la quasi totalità dei rifiuti speciali, sia pericolosi che non pericolosi, prevalentemente decadenti dalle attività industriali più varie e dagli interventi di bonifica e risanamento ambientale. I rifiuti vengono trattati attraverso i nostri impianti di trattamento, smaltimento e recupero dislocati su buona parte del territorio italiano. Gli impianti di cui dispone il Gruppo Green Holding sono all’avanguardia e le operazioni di trattamento sono validate da accurate prove di laboratorio interne.
I comitati ambientalisti chiedono la chiusura delle discariche perché temono danni per l’ambiente. Queste discariche hanno un ciclo di vita e questo come si conclude?
A seconda della tipologia di rifiuti trattati e della morfologia del territorio, ogni discarica viene progettata in base a criteri specifici definiti dalla normativa italiana che definiscono la stabilità del terreno di fondazione, dei versanti e dell’accumulo dei rifiuti. Una discarica completamente isolata mediante impermeabilizzazione naturale o con teli sintetici diviene un “contenitore di accumulo” del biogas che si produce in seguito al processo di decomposizione della sostanza organica contenuta nei rifiuti.
Il nodo è proprio la gestione di questi biogas che si generano dai rifiuti. Quali azioni vanno messe in atto per tutelare la sicurezza dell’ambiente?
Prendiamo ad esempio la Discarica Tattica Regionale a Sant’Urbano (PD) di proprietà del nostro Gruppo. Il biogas prodotto all’interno della discarica viene regolarmente captato, aspirato e in gran parte riutilizzato per produrre ed immettere in rete, attraverso sistemi impiantistici di produzione di energia elettrica, oltre 6.000.000 di Kwhe all’anno. È assolutamente da sottolineare che la produzione di energia elettrica attraverso il recupero del biogas con motori endotermici, con la cessione dell’energia nel mercato della “green energy”, porta ad un sensibile risparmio di utilizzo di carbon fossile e quindi diminuzione di emissioni risultanti dalla sua estrazione e dal suo utilizzo per produrre lo stesso quantitativo di energia, rappresentando quindi una concreta mitigazione ambientale.
di Daniele Piccinin