L’Italia vista da Parigi è una fotografia piuttosto oscura. Gli sforzi messi in campo dal nostro Paese per attuare gli accordi sulla diminuzione delle emissioni presi alla Cop21 nella capitale francese non sembrano ancora sufficienti per raggiungere gli obiettivi prefissati.
Il 27 ottobre 2016 anche l’Italia ha concluso il processo di ratifica e di accettazione delle direttive del documento di Parigi. Entrambe le Camere hanno approvato all’unanimità il provvedimento ma in ritardo, motivo per il quale il governo di Roma partecipa solo in veste di osservatore e senza diritto di voto alla prima riunione della Conferenza delle Parti dopo l’accordo del Cop21.
Per l’Italia Effort Sharing Regulation (ESR, da leggersi come “condivisione degli sforzi” e quindi contributo per il clima) prevede una riduzione delle emissioni entro il 2030 del 33% rispetto al 2005. Obiettivo che fu definito “rigido” dalla delegazione italiana un anno fa, perché non considerava i progressi effettivamente compiuti da Roma negli investimenti per il settore dell’energia rinnovabile.
Una stima che dovrà essere in ogni caso rivista al rialzo perché non comprende le emissioni dovute al trasporto, alla costruzione e al ciclo dei rifiuti ma solo il comparto industriale. Sforzi non ancora sufficienti per rispettare il tetto del 40-50% di riduzione delle emissioni da attuare entro il 2050, scrivono i curatori del rapporto “L’Italia vista da Parigi”, pubblicato dall’associazione A Sud e dal Centro Documentazione Conflitti Ambientali (CDCA), in occasione della Conferenza sul Clima di Marrakech (Cop22).
Ombre. In Italia sui 29 miliardi di euro da investire in nuove infrastrutture, ben il 47% è stato destinato alla costruzione di autostrade e aeroporti: sistemi di trasporto ad alto impatto ambientale. Negli ultimi anni inoltre sono venuti a mancare gli incentivi per il fotovoltaico e per il solare. La situazione è cambiata nel luglio 2013 quando con il venir meno degli sgravi fiscali per le imprese del fotovoltaico è stato registrato un notevole calo del numero di nuovi impianti. Dai 150.000 del 2012 si è passati ai 40.000 del 2015: meno della metà.
Come specificato nel rapporto sul solare e fotovoltaico del 2015, stilato dal Gestore dei Servizi Energetici (GSE), gli impianti entrati in funzione l’anno scorso sono diminuiti circa del 23% rispetto al 2014, con una riduzione del 30% della potenza installata. Ma quello che colpisce di più è che a calare drasticamente sono i maxi impianti superiori a 200 kw: 450 nel 2013, 117 per il 2014 sino ai 65 del 2015. Scelta ascrivibile alle politiche governative per disincentivare le imprese del solare a favore di altri settori come le biomasse, l’eolico e l’idroelettrico geotermico. Il cosiddetto decreto Spalma Incentivi ( poi convertito in legge n.16 dell’11 agosto 2014) prevede che tutti gli impianti fotovoltaici, con potenza nominale superiore a 200 kw, non potranno più usufruire degli incentivi già assegnati in precedenza. Sulla legittimità del valore retroattivo della legge, la Corte Costituzionale si riunirà in prima udienza il prossimo 6 dicembre.
Tra le scelte non perfettamente in linea con gli obiettivi di Parigi, compiute in questi anni dai vari esecutivi, anche il rinnovo delle concessioni petrolifere – confermata dopo lo scorso referendum sulle “trivelle”- e l’aumento degli investimenti per la costruzione di otto inceneritori nello Sblocca Italia. Le nuove strutture, secondo la stima fatta dal Forum dell’acqua, produrranno a pieno regime 1.831.000 tonnellate di CO2 in più.
Nel pacchetto legislativo gli impianti per la combustione dei rifiuti sono definiti, tra le altre cose, “infrastrutture e insediamenti strategici di preminente interesse nazionale ai fini della tutela della salute e dell’ambiente”. Sugli impianti a carbone, invece, emerge la discussa centrale del Sulcis in Sardegna, per la quale la legge del 21 febbraio 2014 (governo Letta) ha autorizzato l’erogazione di incentivi ventennali per la realizzazione.
Luci. L’Italia va detto è comunque tra i paesi europei maggiormente industrializzati con una buona incidenza di fonti rinnovabili rispetto al consumo interno lordo di energia elettrica. Dal 6,3% del 2004 al 17,1% del 2014. Il nostro paese è in testa per quanto riguarda la quota del fotovoltaico (8%) nel mix elettrico nazionale. Risultati ottenuti anche grazie ad una politica di incentivi per le energie rinnovabili implementati dal 2004 fino al 2013. Senza dimenticare le attuali 12 centrali a carbone presenti sul territorio nazionale: numero piuttosto inferiore rispetto al resto d’Europa.