Prima vennero i romani, che ne intuirono subito l’enorme portata per decorare le loro ville e monumenti. Dalla Colonna Traiana al Pantheon passando tra i templi del Foro e ville patrizie, senza dimenticare il marmo “morbido” scolpito da grandi come Michelangelo e usato da architetti e urbanisti di fama mondiale. Poi lo “sfuttamento” moderno e la bellezza del bianco candor dei marmi trasportati in tutto il mondo, da AbuDabi alla Cina, per abbellire grattacieli e ville milionarie. Quelle cave, però, sono ora minacciate e pare che i passaggi di proprietà cinese degli ultimi tempi stiano ulteriormente rendendo complicata la vita di questo prezioso bene mondiale. È battaglia per salvare le Alpi Apuane, antico giacimento marmifero di Carrara, e “condannate” allo sfruttamento perpetuo da undici famiglie che, in base ad un estimo di secoli fa, ne rivendicano la piena proprietà privata. Intellettuali, artisti ed associazioni ambientaliste, hanno recentemente firmato un appello alla Corte Costituzionale contro la privatizzazione e lo sfruttamento delle Alpi Apuane, questa volta da nuovi e potenti padroni, tra cui la famiglia Bin Laden.
La sentenza della Consulta è attesa entro la fine del mese e l’appello degli intellettuali serve a chiedere alla Corte di “riconoscere la nullità della pretesa di privata proprietà sui cosiddetti “beni estimati”, ossia la concessione sugli agri marmiferi di Carrara iscritti all’estimo (oggi catasto) nel 1751. Ma la Regione Toscana si è pronunciata con una legge approvata nel 2015 e assai contestata. Il documento chiede alla Corte Costituzionale di riconoscere i cosiddetti beni estimati della cave di marmo come proprietà collettiva. La pronuncia è sul contenzioso aperto dal governo sulla legge regionale del 2015. Con un obiettivo: riportare a Roma il diritto di competenza sulle cave delle Apuane.
Undici imprese che scavano a Carrara, rivendicano non solo la proprietà privata, ma la concessione perpetua in base all’estimo di secoli fa.
La battaglia per le Apuane dura ormai da anni: hanno già firmato anche Moni Ovadia, Giuseppe Ugo Rescigno, Tomaso Montanari, Roberta De Monticelli, Paolo Baldeschi, Maria Pia Guermandi e le associazioni storiche (Italia Nostra, Legambiente, Arci, e gli ecologisti del Gruppo d’Intervento Giuridico onlus) impegnate nella difesa delle montagne “sbriciolate, dove è scomparso anche il tritone”. “Scavare senza sosta la montagna, le cavi di Massa Carrara, come se fosse un panetto di burro è più che stupido. Presto un vento del nord si infilerà laddove prima la montagna faceva barriera e congelerà tutto e tutti, anche quelli che con la pancia piena guardavano gli altri mangiare”, é il messaggio dell’attore Mario Perrotta, vincitore del premio Ubu 2015 (miglior progetto artistico con “Ligabue arte marginalità e follia”) che ha firmato anche lui con Salvatore Settis, Andrea Camilleri, l’ex presidente della Corte Costituzionale Paolo Maddalena e decine di altri personaggi.
La Storia. Carrara ospita il più grande campo di marmo del mondo, formatosi nelle Alpi Apuane oltre 200 milioni di anni fa. Dall’alto, le montagne di marmo appaiono come se fossero coperte di neve. Da vicino, le pareti verticali alte e le fasce giganti degli scavi a cielo aperto sono come colossali cattedrali bianche in un paesaggio lunare. Proprio il paesaggio ha fornito lo sfondo per ‘Quantum of Solace’, un film del 2008 e sequel di Casino Royale, dove James Bonde è alle prese con l’ennesimo rocambolesco inseguimento.
Le prime estrazioni sono datate in epoca romana. Agli ordini dell’imperatore Augusto, gli schiavi cominciarono a lavorare nel primo secolo a.c., in modo che ricche ville e monumenti pubblici – tra cui la Colonna di Traiano e parte del Pantheon di Roma – potessero essere fatti o ricoperti del più bianco e ricercato marmo del mondo. Alcune cave portano ancora i segni degli scalpelli degli schiavi. Michelangelo venne qui alla fine del XVI secolo per selezionare i blocchi diventati suoi capolavori: David e Pietà. Da Henry Moore a Louise Bourgeois e Isamu Noguchi, innumerevoli altri artisti attraverso i secoli e i continenti, sono stati stregati da questa pietra. Le cattedrali di Firenze e Siena, il museo Hermitage di St. Petersburg, Marble Arch a Londra e il Kennedy Center di Washington sono tutti realizzati con questo celebre marmo.
La vicenda giudiziaria, il contenzioso politico imprenditoriale, le indagini della Procura. Mentre aumenta incessante l’elenco degli incidenti.
Il verdetto finale è il seguente: non si potranno aprire nuove cave sopra i 1.200 metri di altitudine (eccezion fatta per un paio di comunità locali); né si potranno “scapitozzare” le vette montuose. Per autorizzare nuove cave, far ripartire quelle dismesse, ampliare quelle attive (fino a un massimo del 30%, il documento originale vietava ogni ampliamento sopra i 1.200 metri) diventa obbligatorio verificare la compatibilità paesaggistica. È il capitolo più contestato dai cavatori e dalle imprese (il 90% circa degli impianti si trova sulle Apuane), dai consiglieri regionali, non solo del Pd, che hanno accolto le loro proteste, e il capitolo più difeso da molte associazioni ambientaliste per una volta coalizzate e unite senza dividersi in mille rivoli. I cavatori hanno sbandierato il marmo usato da Michelangelo come elemento storico e simbolico, pure se dal ‘500 è cambiato moltissimo. Tra i soci di una grossa cava c’è la famiglia Bin Laden e buona percentuale del cosiddetto oro bianco oggi viene trasformata in bicarbonato di calcio diventando altro come, ad esempio, la pasta per dentifrici. Non a caso è stato raccomandato che il 50% del marmo estratto deve essere lavorato in loco e non altrove come, in buona parte, accade oggi. E la norma regionale, che mette a gara europea le concessioni e abroga i cosiddetti beni estimati “pubblicizzando” tutte le cave, di fatto finirebbe in un angolo.
Ma il vasto panorama di personalità e movimenti ambientalisti e paesaggistici, si è messo di traverso. “I prezzi sociali e ambientali della deriva predatoria della monocoltura del marmo non sono accettabili – si legge nell’appello – e soprattutto non sono sostenibili: distruzione del paesaggio, rischio idraulico, dissesto idrogeologico, distruzione della filiera produttiva, occupazione ridotta ai minimi termini, distruzione dell’identità culturale di intere comunità. Conseguenze feroci, che sono ormai sotto gli occhi di tutti. E l’ultima aggressione nei confronti di una seria politica per i beni comuni – continua il documento – si sta concretizzando con la pretesa di alcune grandi imprese del marmo e del carbonato di calcio, di rivendicare la proprietà di una parte importante dei giacimenti marmiferi di Carrara, approfittando del contenzioso aperto presso la Corte Costituzionale dal Governo contro la nuova legge sulle cave della Regione Toscana”.
Dito puntato sulle due principali imprese del marmo operanti sul territorio: Marmi Carrara, che commercia principalmente in blocchi di marmo e ha il capitale in mano alla famiglia Bin Laden e ad alcune famiglie carraresi, e Omnia, azienda con sede in Svizzera che produce polveri di marmo. Secondo i sottoscrittori dell’appello queste due imprese farebbero solo il loro interesse privato nello sfruttamento delle cave e avrebbero fatto saltare ogni equilibrio sociale e ambientale delle Apuane. Passando dai 5mila ettari sfruttati del 1700 ai 5 milioni di ettari di oggi. Insomma, l’appello di intellettuali e associazioni va dritto al punto: “Ci auguriamo che la sentenza della Consulta sia favorevole alla Regione Toscana e respinga il tentativo del governo di riprendersi le competenze”. Sarebbe il primo passo verso la sconfitta del progetto di privatizzazione delle cave e la riapertura di un confronto a livello locale e regionale sul futuro delle Apuane.