La cappa grigia che avvolgeva New York non si è diradata. In quella nuvola di fumo e calcinacci ognuno di noi ha cercato di scorgere un barlume di speranza, che facesse intravedere un futuro in cui quelle immagini non si fossero più riproposte. Un salvataggio, un ritrovamento, un viso che ritrovasse la vitalità di pochi minuti prima. Forse questo speravamo di notare. Ma così non è stato. I filmati di quel giorno, seppur a distanza di 15 anni, rimangono un segno indelebile nella memoria di chi ha vissuto, sia come involontario protagonista sia come attonito spettatore, gli attimi in cui il mondo stava cambiando. Ma non è stato così.
Il primo a colpire il World Trade Center di New York, nel 1993, fu tale Ramzi Youssef, che dopo il suo arresto volle sottolineare come, nonostante il suo parziale fallimento, la prossima volta le due torri sarebbero cadute. Sapeva già tutto.
Ma le immagini del primo attentato alle Twin Towers sono lontane una generazione. Nel 1993 pochi conoscevano Oussama bin Laden, Al Qaeda, il fondamentalismo religioso. Parlare di terrorismo islamico, all’epoca, pareva fantascienza, un argomento improponibile ed improbabile. Eppure il fenomeno negli anni è cresciuto a dismisura, nutrendosi dei folli insegnamenti di altrettanto folli ed autoproclamati imam, sceicchi e califfi, fino alla creazione di un Califfato fantoccio, a sua volta nutrito biecamente dall’Occidente che, ancora una volta, si scopre avulso da ogni capacità di comprendere che esiste un mondo che ancora oggi viaggia ad una velocità ridotta e, comunque, diverso dal nostro. Una visione dell’essere e del credere che nella nostra società non ha eguali, per questo sottovalutata o sopravvalutata, a seconda delle nostre necessità.
Ebbene, proprio in memoria delle vittime innocenti dell’11 settembre cerchiamo, almeno una volta, di evitare i proclami e gli inutili discorsi colmi di ipocrisia. Ed evitiamo di pregare per i defunti, poiché tutto ciò non serve. Per una volta riflettiamo sul nostro modo di essere e sulla nostra incapacità di ricordare il passato per comprendere meglio il presente e tentare di programmare il nostro futuro. Solo questo. Dal vivere quotidiano sino alle grandi analisi dell’ intelligence, potrà servire a commemorare chi al futuro non ha più potuto pensare, in pochi attimi.