L’attenuazione dell’offensiva terroristica del Califfato in Europa connessa alle gravi sconfitte dell’Isis sui vari teatri di guerra, non dovrebbe trarre in inganno. L’arretramento dei miliziani di Al Baghdadi e la perdita di enormi porzioni di territorio è un dato reale, ma scontato. Nessuno, neanche all’interno della comunità jihadista, pensava veramente di ottenere la restaurazione dei confini dell’età d’oro dell’Islam, quando questi si espandeva dall’Asia al sud europeo. La palesata apertura del quarto fronte contro Israele si è risolta con qualche scaramuccia con l’Idf che ha ridotto a più miti consigli anche i mujaheddin più ottimisti. La parziale tenuta della roccaforte di Sirte in Libia ha fatto sperare in una parziale riscossa, ma gli eventi degli ultimi giorni sembrerebbero aver fatto rientrare anche questa ipotesi. Tutto ciò indurrebbe a pensare che i piani di Al Baghdadi abbiano ottenuto un sostanziale fallimento, ma gli analisti di settore sanno perfettamente che non sarà così.
Dalla primavera del 2001 ad oggi si sono susseguite guerre preventive mirate a ridurre le capacità offensive sul terreno di Al Qaeda, dei Talebani o dell’Isis, ottenendo sì, il risultato di liberare vaste parti di territori dal giogo islamista, ma al caro prezzo di attacchi terroristici sconsiderati che hanno portato la jihad in Occidente e non solo da agenti esterni, ma dall’interno del tessuto sociale soprattutto europeo. Ogni organizzazione terroristica moderna non si compone in modo piramidale, ma orizzontale. La caratteristica dei gruppi islamisti è proprio quella di non dover dipendere in modo sostanziale da un capo, ma di operare in maniera del tutto autonoma, sia per quanto riguarda l’esistenza di ogni cellula sia anche per i tempi ed i modi di colpire target da tempo individuati.
Così non è concepibile che un’organizzazione come il Califfato si dissolva in un attimo. I reclutamenti online, le adesioni sul terreno ed il fenomeno dei lupi solitari, sono attività proseguite senza soluzione di continuità. Chiunque si sostituirà all’Isis troverà terreno fertile così come avvenuto per Al Qaeda che, sebbene sconfitta sul campo, è sopravvissuta come ideologia, come obiettivo per molte menti distorte o comunque affascinate dalle personalità dei vari leader che sono sopravvissute durante quasi 20 anni di controffensiva dell’Occidente.
L’Europa non ha dunque smesso di essere un obiettivo prioritario per gli jihadisti, ma saranno sicuramente diversificate le modalità associative dei miliziani e quelle operative. Dalle sconfitte si ha sempre modo di trarre insegnamento, soprattutto per gli adepti di Al Baghdadi nati e cresciuti in Occidente.
Ad oggi, inoltre, assistiamo ad un’ondata migratoria che pare non avere fine. Tra le alte sfere governative si susseguono le riunioni senza soluzione di continuità, anzi, senza soluzioni. Si cavilla sul termine per definire coloro che arrivano (clandestini, migranti, profughi). Ma il dato emerso da recenti esternazioni rese da vari esponenti della sicurezza europea, in base alle quali gli estremisti islamici si sono infiltrati in Europa utilizzando il flusso dei profughi, pare rappresentare il vero problema insoluto e indiscusso.
Già dai primi mesi di quest’anno si sono susseguite dichiarazioni di esponenti del Califfato che invitavano eventuali aderenti a non effettuare l’hijra ( l’emigrazione) in Siria, ma di rimanere in Occidente, dove avrebbero ricevuto adeguate istruzioni per colpire. In seguito si sono avute conferme che gli allarmi non dovevano essere riferiti ai soli mujaheddin stanziati in Europa, ma anche, e soprattutto, agli jihadisti inviati da Al Baghdadi in occidente valendosi delle rotte dell’immigrazione clandestina. Non solo le nuove leve del terrorismo islamico, ma anche e soprattutto i miliziani dell’Isis in fuga dal Califfato rappresenteranno per l’Europa una grave minaccia nel prossimo futuro, una vera e propria bomba a orologeria pronta ad esplodere di fronte alla quale l’Occidente si mostra impreparato ed assolutamente privo di una politica comune.
I reduci sapientemente indottrinati ed addestrati, rappresentano dei punti di riferimento non solo per gli esaltati che vorrebbero unirsi alla jihad, ma anche all’interno delle comunità islamiche in Europa, seguendo un copione già visto anche in Italia per situazioni al limite del parossismo dove ex terroristi protagonisti degli anni di piombo, ben lungi dal disconoscere le strategie adottate nel passato, sono stati più volte presi ad esempio dalle nuove leve. Le tracce degli ex combattenti dell’Isis non si perdono certo all’interno delle comunità islamiche della penisola, ma seguono tattiche già sperimentate da chi li ha preceduti ovvero ritorno nell’ombra, identificazione come rifugiato, riconoscimento dello status e regolarizzazione.
Una strategia dirompente che conferma l’ipotesi che nel caso dell’Isis, che è ricorso ad una sorta di insurrezione per giungere al potere, vedendola infine fallire, è più che probabile che lo stesso Califfato voglia ricorrere come misura estrema al terrorismo nudo e puro. Questo allo scopo di ottenere l’anelata ribalta mediatica necessaria a spingere a fenomeni emulativi, ricorrendo il presupposto che gli attacchi contro obiettivi civili risultano semplici, economici e politicamente efficaci. Proprio in tal senso vanno interpretati gli ultimi messaggi postati sul web dallo stato islamico che forniscono chiare indicazioni agli adepti sulle contromisure da adottare contro i controlli posti in essere in Europa dopo i numerosi attentati condotti contro persone ed infrastrutture del continente.
La volontà di proseguire la jihad con qualsiasi mezzo emerge sia dai post che incitano i mujaheddin a colpire al più presto, sia anche nei video che, ricordando la figura di Abu Muhammad al Adnani recentemente ucciso, invitano alla vendetta contro i paesi della coalizione anti-Isis. Anche la copertina del web magazine Rumiyah (Romana), divulgato all’inizio del mese di settembre, è dedicata alla figura di Al Adnani, ed il contenuto delle pagine è lampante nei suoi riferimenti alla conquista di Roma e Costantinopoli. Il nome della rivista pare riferirsi alla prigione Al Rumiyah, nella periferia di Ayn Zara, a sud est di Tripoli, in Libia dove sarebbero detenuti i combattenti del Califfato reduci dalle battaglie nel paese nord africano e dove sembra si siano verificate numerosi casi di torture e maltrattamenti verso i prigionieri. Nel magazine torna anche l’incitamento ai lupi solitari ad uccidere i crociati ovunque si trovino, ma il riferimento all’Occidente è palese.
Una nuova ondata di attentati sarebbe dunque in preparazione e, dalla lettura degli articoli, trasparirebbe la volontà di spostare l’attenzione delle varie intelligence dall’Europa all’Oceania e in particolare all’Australia.
Non è certo semplice stabilire a priori se la divulgazione di messaggi, video e riviste sia effettivamente corrispondente alla reale volontà del Califfato, ma il dato certo è che i miliziani potrebbero aver voluto fornire l’ennesima prova della loro preparazione, anche nel campo della contro-informazione, alla base di ogni degna pianificazione strategica.