Dove sono finiti i soldi per le Paralimpiadi? Fino a pochi giorni fa la domanda riecheggiava tra il Cristo Redentor e il Comitato olimpico. Biglietti invenduti, share televisivi bassissimi, strutture inadeguate. Barriere economiche e sociali, non solo sportive, che hanno rischiato seriamente di compromettere l’organizzazione del secondo evento olimpico di Rio de Janeiro.
Ad oggi meno del 15% dei tagliandi sono nelle mani degli spettatori. Un disastro, in termini di numeri, che si va ad aggiungere a quello del fallimento olimpico e che colpisce un Brasile in piena crisi politica dopo l’impeachment alla presidente Dilma Rousseff e la nomina ad interim di Michel Temer.
I Giochi hanno lasciato in eredità un buco di quasi 300 milioni di dollari, che il Comitato Rio 2016 sperava di coprire con il finanziamento di alcune aziende statali. Soldi destinati a sopperire ai costi extra. Vedere i problemi delle piscine, l’inadeguatezza del villaggio olimpico e altre emergenze. La cifra era stata inizialmente bloccata in attesa della pubblicazione ufficiale del bilancio, con l’obiettivo di vederci chiaro sulle aziende organizzatrici. Molte di queste sarebbero infatti sotto accusa nell’inchiesta Lava Jato, sul giro di tangenti che ha coinvolto la Rousseff, legata allo scandalo Petrobras. Quelle stesse aziende avrebbero gestito il 73% dei 37,6 miliardi di real stanziati per le Olimpiadi.
Nonostante i tagli, fino a qualche settimana fa il via delle Paralimpiadi sembrava tutt’altro che certo. Il presidente del comitato paralimpico internazionale, Phil Craven, si era detto molto preoccupato: “È il momento più difficile della nostra storia”, ha detto. Una corsa ad ostacoli che non ha però lasciato vincere le barriere. Dopo una riunione del presidente provvisorio Michel Temer, il sindaco di Rio de Janeiro Eduardo Paes e altri politici, la misura è stata revocata dalla magistratura brasiliana per coprire le necessità organizzative. Ciò che è certo, alla partenza dei Giochi, è che lo storico successo di Londra 2012 non verrà neanche avvicinato.
Ma la prima Paralimpiade sudamericana, che vedrà sfidarsi dal 7 al 18 settembre più di 4000 atleti provenienti da 250 Paesi, mette al centro obiettivi non solo sportivi: disabilità come ostacolo sociale, povertà. Nelle favelas il numero dei disabili è altissimo e spesso proprio associato a condizioni di miseria, economica e culturale. In uno Stato in cui l’abbattimento delle barriere ha funzionato a macchia di leopardo, il comitato paralimpico ha puntato l’attenzione sulle strutture turistiche e sportive, anche al di fuori degli stadi olimpici.
Numerose spiagge dello Stato di Pernambuco sono state strutturalmente adeguate per la frequentazione dei diversamente abili. Tutto grazie all’iniziativa Tourism Board Pernambuco, che garantisce l’accessibilità ad un numero crescente di strutture turistiche. Un esempio? Oltre alle pedane che portano alla spiaggia è possibile affittare sedie a rotelle ‘anfibie’. Ma le possibilità vanno al di là del mare. Così, intorno a San Paolo, prendono vita progetti di incentivazione al turismo di avventura per i portatori di disabilità. Parchi divertimenti, come quello di Socorro e Campo des Sonhos, in cui cimentarsi tra equitazione, rafting, passeggiate e teleferica. Iniziative che fanno parte del progetto “Turismo internazionale senza limiti” e che puntano a fare del Brasile uno Stato moderno.
A preoccupare non sono quindi le strutture, quanto il controllo della città. Dopo la tregua olimpica, la violenza nelle metropoli carioca ha preso il sopravvento. Un numero crescente di omicidi nell’area metropolitana della capitale Porto Alegre ha costretto il presidente Michel Temer al trasferimento di parte del contingente della Forza Nazionale verso lo Stato di Rio Grande do Sul. Un contingente di 200 uomini lascia così Rio de Janeiro, dove sarebbe rimasto fino al termine delle Paralimpiadi, e apre una falla nel sistema di sicurezza.