La strategia dell’Isis che prevede la rivendicazione di qualsiasi azione terroristica in danno dell’Occidente è ormai l’incubo dei governi europei che prende forma. Gli jihadisti, come peraltro avevano promesso, hanno trasformato l’Europa in un campo di battaglia, attuando la tattica del terrore indiscriminato, frutto di un semplice principio dell’economia: ottimi risultati con un minimo investimento. Il susseguirsi di eventi sanguinosi che ormai da tempo riempiono intere pagine di giornali, nonché i profondi effetti tracciati sulle coscienze dei cittadini europei, lasciano un insegnamento per i giorni a venire: nessuno è al sicuro.
La maggior parte degli attacchi condotti in Occidente sono stati, infatti, perpetrati con una preparazione carente e privi della sofisticazione mostrata a Parigi e Bruxelles. In definitiva si potrebbe tranquillamente affermare che mentre i primi blitz sono stati condotti da veri professionisti addestrati ad hoc, quasi a voler mostrare la permeabilità dell’Europa, le azioni successive hanno lasciato spazio a emulatori dilettanti che, per fortuna, non hanno ottenuto i risultati sperati. Questo non può certo rappresentare un dato consolante per la sicurezza europea, che anzi dovrebbe ancor più preoccuparsi degli ampi spazi di manovra offerti a soggetti che sebbene segnalati hanno comunque portato a compimento le loro gesta.
Assuefazione. Vocabolo temuto e forse usato a sproposito, ma rappresentativo di una forma di autodifesa che a questo punto dovrebbe essere attuata. La stessa assuefazione attiva, così la definiremo, messa in campo da anni in Israele, dove non si teme la messa in onda di un filmato o di un fotogramma raccapriccianti, anzi, questi sono utili a rappresentare la realtà per quella che è. L’atto terroristico, che induce anche il semplice cittadino a diventare attore nella triste commedia quotidiana della violenza, ma con un atteggiamento positivo, collaborativo con le forze di sicurezza ed attento anche nelle situazioni della quotidianità.
La strategia dell’innalzamento del livello di prevenzione poteva forse risultare utile nei nefasti Anni di piombo, quando il nemico che si affrontava era noto, la sua ideologia comprensibile così come la lingua. Oggi la realtà è completamente diversa. I novelli terroristi agiscono per “delega divina”, hanno un background culturale completamente diverso dal nostro, parlano una lingua ai più sconosciuta e praticano una religione che solo negli ultimi dieci anni si è fatta conoscere all’Occidente.
Come i fatti hanno purtroppo dimostrato i lupi solitari, gli emulatori, le cellule, sono sfuggiti ad ogni controllo, segnalazione e ricerca lasciando tracce indelebili. Il protrarsi dell’offensiva jihadista e l’insistere in strategie inefficaci, potrebbe condurci sull’orlo del baratro anche perché i sondaggi condotti in Francia, successivamente agli ultimi attacchi, hanno fatto emergere un dato sconfortante se non spaventoso: il 35% dei musulmani francesi supporta gli attacchi suicidi e le azioni contro l’Occidente. A fronte di ciò non si può supporre di sradicare il terrorismo dai nostri territori quando i fanatici possono tranquillamente godere di omertà e coperture da parte dei propri correligionari offerte proprio nelle nostre città.
Alla base degli insegnamenti forniti agli jihadisti da parte dei reclutatori vi è l’arte della dissimulazione, che ovviamente affonda le proprie radici anche nel Corano. “Sia che nascondiate quel che avete in cuore, o che lo rendiate manifesto, Iddio lo conosce, e conosce ciò che è nei cieli e ciò che è sulla terra, e Iddio è sovra ogni cosa Onnipotente” (Sura Al Imran, versetto 29). La Taqiyya, ovvero la dissimulazione, viene considerata come vera e propria arte nell’ambito dei gruppi fondamentalisti. Seguendo tale tattica ogni mujahed ha la possibilità di infiltrarsi, con piena legittimità, nei territori apostati o miscredenti che chiamati Dar al Harb (casa della guerra). In base a questa forma di mimetizzazione chiunque, tra i sostenitori della jihad, ha la possibilità di nascondere le proprie idee e le reali intenzioni, sino al rendere plausibile una facciata di integrazione con l’Occidente che permetta di facilitare le azioni terroristiche o comunque soddisfare qualsiasi necessità rappresentata dalla causa.
Sino a ieri gli islamisti consideravano l’Europa come una sorta di terra della tregua “Dar al sulh”, nella quale creare reti di finanziamento, di logistica e di propaganda per la prosecuzione della jihad in patria. Successivamente hanno seguito la strategia dell’islamizzazione dal basso, già sperimentata in Algeria con la creazione di comunità separate da una realtà di miscredenza imperante. Questa netta separazione, del tutto simile ad un’opera di rifiuto di ogni tentativo di integrazione, anche individuale, tende oggi alla creazione di un’unica comunità musulmana entro i confini occidentali, secondo un’interpretazione delle Scritture, da parte degli jihadisti, il cui messaggio rivolto soprattutto all’Europa non dovrebbe lasciare alcun dubbio: scontro.