Donald Trump è il candidato ufficiale del partito repubblicano per le presidenziali del 2016. Una vera e propria standing ovation per il magnate newyorkese alla convention del partito a Cleveland, inimmaginabile solo un anno fa. “Io sono il candidato dell’ordine e della legalità”, ha detto. Un’America di nuovo ricca e grande, questa la sfida di Donald Trump. L’arena Quicken Loans di Cleveland è sua. Più di un’ora di discorso, il più lungo dal 1996, in cui ha sfoderato tutti i suoi cavalli di battaglia. Dal lavoro, alla sanità, passando per la minaccia terroristica, Trump si è mostrato sicuro di sé, soprattutto davanti ai tanti del suo partito che fino all’ultimo hanno cercato di mettergli i bastoni tra le ruote, arrivando, come nel caso di Ted Cruz, a ritirare il proprio sostegno nella corsa alla Casa Bianca.
“Americanismo, non globalismo, sarà il nostro credo”, ha detto Trump, confermando la posizione isolazionistica che sembra voglia imporre qualora venisse eletto presidente. Il discorso di Cleveland, anche se condito da una buona dose di demagogia e populismo, soprattutto per quanto riguarda le proposte sull’immigrazione, ha mostrato un Trump pronto per la presidenza. Da magnate ultramilionario a portavoce degli ultimi, degli esclusi, di quanti sono rimasti indietro nell’America post crisi. “Io sono la vostra voce” ha ribadito, confermando la linea impressa dall’inizio della sua campagna per le primarie in cui si è presentato come il candidato anti-establishment, contro la finanziarizzazione e il liberismo dei trattati di libero-scambio, come il Tpp, il Ttip e il Nafta, suoi bersagli principali: colpevoli, a suo dire, della delocalizzazione e della disoccupazione galoppante nel settore manifatturiero che stanno uccidendo l’America profonda.
Dopo il discorso di Cleveland non si è fatta attendere la risposta di Hillary Clinton. Dal suo profilo twitter, la candidata democratica, ha attaccato Trump. “Costruiremo un muro tra te e la presidenza, Donald Trump”, ha affermato l’ex first lady, replicando alla famosa proposta del tycoon sul muro anti-immigrazione che vorrebbe realizzare tra Stati Uniti e Messico. Trump non è caduto nella trappola e ha resisto anche al richiamo di quanti nella platea di Cleveland volevano “mandare in galera” la Clinton. “Battiamola a novembre”, ha risposto, testimoniando il cambio di toni già evidente dalla fine della campagna per le primarie. Cleveland è stata anche l’occasione per presentare il candidato alla vice presidenza del Gop. Trump ha scelto Mike Pence, che si autodefinisce “cristiano, conservatore e repubblicano”. Un reazionario, ma in grado di arrivare al cuore di quell’America conservatrice e religiosa che Trump vuole conquistare. L’investitura ufficiale di Trump è stata accolta con diffidenza dai principali quotidiani liberal del paese. Il New York Times, che ha già espresso il suo sostegno a Hillary Clinton, ha dipinto il discorso del tycoon newyorkese come cupo e pieno di rabbia.
“Mr Trump ha dipinto gli Stati Uniti come una nazione debole e umiliata, offrendosi come salvatore della patria”, scrive il quotidiano. “Il discorso non ha offerto niente di nuovo a donne, ispanici, afroamericani e altri, che sono stati bersaglio dello stile incendiario di Mr. Trump”, ha concluso il giornale. Una linea che sembra condivisa anche dal Washington Post, che bolla il discorso di Donal Trump come “dark speech”. Il quotidiano della capitale è andato oltre, definendo, in un editoriale, il candidato repubblicano come un “pericolo” per la democrazia. La battaglia è appena iniziata. Da candidato outsider, con poche possibilità di successo, Trump è riuscito a sovvertire i pronostici e a diventare il candidato ufficiale dei repubblicani. Nonostante l’opposizione interna e dei media, The Donald si è fatto interprete del forte sentimento di anti-politica dell’America profonda. Una carta vincente, almeno per ora, da sfoderare anche nella corsa finale per la Casa Bianca.