I militari hanno provato a detronizzare il sultano Erdogan, ma hanno fallito. Ora il rischio autoritario è dietro l’angolo. Il presidente è ancora più forte, ma isolato dalla comunità internazionale che non vede di buon occhio la virata anti democratica del suo governo. Il tentato golpe in Turchia, non è stato un fulmine a ciel sereno. Nella notte tra venerdì e sabato scorso alcuni militari hanno tentato di scardinare il complesso sistema di potere messo in piedi dal presidente Recep Tayyip Erdogan e dal suo partito, l’Akp. Il golpe è fallito, ma le conseguenze sulla stabilità interna e regionale del paese rischiano di trascinare Ankara nel baratro. L’insurrezione delle forze armate è durata solo alcune ore, ma è comunque riuscita a mettere a nudo tutte le contraddizioni di un paese guidato da più di 12 anni da un governo controverso, a perenne rischio autoritarismo.
“Abbiamo preso il potere per proteggere la democrazia e ristabilire i diritti civili”, avevano detto i generali. Parole a cui ha risposto lo stesso Erdogan invitando i turchi a scendere in piazza a difesa delle istituzioni. Un appello raccolto alla lettera da centinaia di fedelissimi del suo partito che hanno, di fatto, impedito la riuscita del colpo di Stato.
Fallito il golpe è iniziata la caccia alle streghe. I militari coinvolti sono stati arrestati e messi alla pubblica gogna, mentre il governo ha iniziato la purga dell’amministrazione pubblica indipendente, rilevando dall’incarico migliaia di magistrati e pubblici ufficiali. Un golpe improvvisato e scoordinato, dettato più dalla paura di essere vittime dell’ennesima purga, che dalla volontà di prendere il potere. Erdogan da tempo aveva nel mirino l’esercito e gli apparati di difesa indipendenti, legati ai partiti nazionalisti e al suo storico nemico, Fetullah Gulen.
Poche settimane prima, erano finiti in manette diversi ammiragli e ufficiali accusati di spionaggio. Un campanello d’allarme per alcuni generali che così hanno provato a giocare d’anticipo per evitare la messa in stato d’accusa. Per evitare l’arresto, i generali Ozturk, Iyidil e Huduti, hanno provato a organizzare una sollevazione delle forze armate, ma mancando l’appoggio dello stato maggiore della difesa e di importanti reparti della marina, il golpe non poteva che esaurirsi in un buco nell’acqua. Erdogan è riuscito a mantenere dalla sua parte importanti generali, come Umit Dundar, e a schiacciare la sollevazione senza un grande dispendio di uomini ed energie. Nonostante il sostegno di buona parte dell’esercito e della popolazione, come dimostrano le folle inneggianti il suo nome, Erdogan è solo, snobbato dagli alleati di un tempo e ostaggio delle sue paranoie. Gli scontri in tutto il paese sono la testimonianza dell’estrema polarizzazione della società turca. Una spaccatura favorita dalle politiche degli ultimi anni del Sultano. Il “trionfo della democrazia”, come è stata dipinta la contro insurrezione sponsorizzata dal presidente, altro non è che la riconferma del carattere autoritario di Erdogan e dei suoi fedelissimi. Da tempo la Turchia ha smesso di essere una democrazia.
Processi ai giornalisti, brogli elettorali, repressione delle minoranze, appoggio ai gruppi terroristici, nessuna indipendenza della magistratura. Il tentato golpe ha messo anche a rischio la stessa partecipazione della Turchia alla Nato, complici le accuse rivolte agli Stati Uniti di aver favorito i generali golpisti. Il tentato colpo di Stato avrà una forte ripercussione sulla guerra in Siria e sui rapporti di Ankara con i partner occidentali, scrive il Wall Street Journal. Il quotidiano newyorkese sostiene che il caos in Turchia è capace di annullare ogni tentativo da parte di Mosca e Washington nella lotta contro Daesh in Siria.
Il golpe fallito non è altro che una conseguenza delle politiche di Erdogan, sostiene invece il The Guardian, sottolineando come la retorica del presidente abbia diviso la società turca e innescato scontri etnici e settari. Per i canali di informazione russi, primo tra tutti Sputnik News, i fatti di venerdì scorso, non sono altro che un pretesto utile a Erdogan per proseguire con più forza le sue politiche di attacco ai diritti umani e alla libertà di espressione. Le conseguenze saranno, comunque, durissime. Lo stesso Erdogan, sicuro della sua forza, potrebbe essere vittima di un clamoroso effetto boomerang che potrebbe portare alla fine dei suoi sogni di potere.