Scioperi e proteste: l’insensatezza dell’opposizione a tutto.
È assai fosco il panorama che si prospetta per i giorni a venire. Il 29 e 30 novembre sanciranno l’estrema volontà di una ricomposizione dell’estremismo politico ed una palesata volontà di proposizione di una rivolta dal basso contro il Governo democraticamente eletto, quindi legittimo a tutti gli effetti.
Agli occhi del lettore non sfuggirà che tali presupposti fanno parte del copione di un drammatico film già visto e vissuto alcune decine di anni fa. Eppure, pare sia così, una folle contagiosa che colpisce le menti di una determinata frangia politica connotata da una volontà di “lottare” contro un Esecutivo che mal si confà alla propria determinazione nel proseguire nell’intento di completare l’opera di distruzione del Paese, bloccata solo dalla consultazione elettorale. Una strategia sistematica composita, con l’agevolazione dell’immigrazione indiscriminata e il favoreggiamento di quella clandestina, con la proposizione di teorie avulse da ogni contesto sociale (cd Woke), con l’alleanza de facto sancita dall’appoggio alla “resistenza palestinese” e ai terroristi consociati nel contesto ed infine, con la continua ed incessante chiamata alle armi contro i fascisti ed i loro accoliti. Il tutto condito e agevolato dal costante e non indifferente apporto di un potere ben poco occulto fatto di magistrati e giudici schierati in toga rossa in prima fila, per arginare qualsiasi tentativo di ripristinare un vero ordine e una vera sicurezza nel Paese.
Va da sé che la chiamata alla mobilitazione generale indetta per il 29 e 30 novembre (casualmente scelti quale giorni idonei a proporre un “ponte” per il week-end) viene condita da ragioni per lo meno assurde. I sindacati invocano, comunque, lo sciopero generale per tutta la giornata di venerdì, strafottendosene della maggioranza di lavoratori inibiti dal raggiungere i loro uffici, fabbriche, aziende, esercizi commerciali o qualsivoglia luogo ove prestano quotidianamente la loro opera.
Ma al di là delle futili ragioni dei benestanti sindacalisti, l’inquietudine per la due giorni degli asociali, non preoccupa neanche troppo per i previsti cortei cittadini, passeggiate nelle città d’arte organizzate, se non pagate dagli organizzatori in pieno stile “gruppo vacanze”, ma l’irragionevole guerra contro la manovra di bilancio. Una proposta intentata dall’Esecutivo sulla base dei lasciti frutto delle ben poco responsabili azioni dei governi precedenti che hanno provocato buchi di bilancio, aumento vertiginoso della criminalità diffuso dalle campagne alle città, immigrazione incontrollata, senso di insicurezza da parte della popolazione indigena, investimenti a dir poco folli (un esempio per tutti quello dei banchi a rotelle), una politica estera inconsistente e, comunque, un malcontento latente che ora viene sfruttato in chiave anti-governativa.
A tal punto, il ministro Matteo Salvini, preso atto dei disagi ai cittadini connessi allo sciopero generale del 29 novembre, ha inteso fornire un segnale ai sindacati prevedendo la limitazione di 24 ore di tutte le categorie a sole 4 ore con la precettazione degli addetti ai lavori ed in ciò non limitando il diritto di sciopero, ma garantendo la fruibilità dei servizi essenziali alla maggioranza della popolazione che nulla ha a che spartire con questi paladini autoreferenziali che assurgono a capi popolo. Anche in questo caso abbiamo assistito ad una manipolazione dei contenuti del provvedimento con un invito alla disobbedienza attraverso “lo sciopero bianco” (l’applicazione rigida di tutti i criteri di sicurezza connessi con lo svolgimento delle proprie attività, quasi fosse un dispetto e non un dovere…), il ricorso al TAR delle sigle sindacali e all’invito ad accogliere i giusti provvedimenti contravvenzioni delegando i Sindacati al pagamento delle medesime.
Dall’insediamento del nuovo Governo, secondo i dati disponibili, nel periodo compreso tra ottobre 2022 e novembre 2024, in Italia sono stati proclamati 1.342 scioperi, di cui 949 effettivamente realizzati. Questo equivale a una media di circa 38 scioperi al mese, con più di uno sciopero al giorno. A Roma si direbbe “Voja dè lavora sarteme addosso”…
Ma preso atto di queste iniziative ben poco decorose indette non da integerrimi e rispettabilissimi operai e lavoratrici di ogni settore, ma da “occupatori di poltrone a tempo pieno” i cui compensi superano di gran lunga quelli della classe media, le nostre preoccupazioni sono rivolte alla giornata di sabato.
Il 30 novembre prossimo, infatti, per dare continuità alla protesta anti –tutto del giorno precedente, sono state indette numerose manifestazioni con annessi cortei nelle principali città italiane che vedranno, soprattutto nella Capitale, la partecipazione di realtà eterogenee riunirsi in nome della “causa palestinese”.
Il filo rosso che lega le mobilitazioni del 29 e del 30 novembre ripropone un lessico con il quale si intende assemblare le iniziative di piazza in un unica direzione che trascriviamo integralmente: “perché il movimento in solidarietà con il popolo palestinese ha un ruolo oggettivo nella lotta di classe del nostro paese ed è effettivamente arrivato a un punto di svolta. È necessario affrontare le questioni politiche che lo caratterizzano in modo che diventi più compiutamente, efficacemente e coscientemente uno strumento della lotta che accomuna, pur in forme diverse, il popolo palestinese nella sua lotta per la liberazione dai sionisti e per l’autodeterminazione e le masse popolari italiane nella lotta contro la Comunità Internazionale degli imperialisti Usa, sionisti ed europei e i vertici della Repubblica Pontificia che ne sono diretta espressione in Italia. La Terza guerra mondiale è in corso e questo richiede un salto nell’analisi e nell’azione da parte delle organizzazione del movimento comunista e di tutte le forze antimperialiste”.
No, non è una cacofonia, è l’estratto di un comunicato postato sul web che ben rappresenta un’ideologia avulsa da ogni contesto logico e ripropone, con un frasario ben meno forbito, il linguaggio dei tristemente noti “brigatari” che con l’insensatezza dei loro deliri rivoluzionari intendevano “mobilitare la classe operaia” in chiave anti democratica rivolgendosi ad essa con queste terminologie, che l’operaio medio poteva comprendere come noi comprendiamo il cinese mandarino.
Eppure, a questa convulsa proposizione di un “salto di qualità nella lotta”, si va ad aggiungere, in un folle contesto apologetico, un’altra erudizione che ha del “geniale”. La pubblicazione del “testamento di Yahyha Sinwar”, preso ad esempio come figura di un “vero rivoluzionario” a capo della “resistenza palestinese” a proposito del quale, un altro website dedica le seguenti parole: “Abbiamo dedicato la copertina di La Voce 78 a Yahya Sinwar, eroe della Resistenza palestinese, fondatore di Hamas e alla sua testa fino alla morte, avvenuta il 16 ottobre per mano delle forze armate dello Stato sionista d’Israele, e riportato alcune frasi del suo Testamento, che i lettori possono leggere qui. Grideranno furiosi i sionisti, i loro agenti e complici, che chiamano “terroristi” Yahya Sinwar e gli altri eroi della Resistenza Palestinese allo stesso modo in cui i fascisti e i nazisti chiamavano “banditi” i nostri partigiani… ma sono loro, i fascisti e i nazisti, a essere finiti a testa in giù in piazzale Loreto. Saranno forse turbate le “anime belle” della sinistra borghese che denunciano in lungo e in largo le ingiustizie, le malefatte e i crimini contro le masse sfruttate e i popoli oppressi dei caporioni nostrani e internazionali del sistema imperialista, ma si scandalizzano o comunque storcono il naso quando gli sfruttati e gli oppressi si ribellano usando le concezioni e i metodi che hanno a disposizione: “quando c’è un ordine sociale ingiusto, il disordine è il primo passo per creare un ordine sociale giusto”. Tra i lavoratori avanzati e i comunisti del nostro paese che ricevono i nostri comunicati qualcuno forse sarà stupito che rendiamo omaggio a un esponente islamico e diffondiamo il suo Testamento che si conclude con “Dio ci aiuti e protegga tutti”. Ma lo diffondiamo perché è proprio per loro, per i lavoratori avanzati e soprattutto per i comunisti, che Yahya Sinwar e le parole del suo Testamento sono di esempio e insegnamento. Yahya Sinwar scrive dell’amore “in ogni respiro che prendiamo” per il suo popolo e per il suo paese, del coraggio di “non temere le prigioni, poiché sono solo una parte del nostro lungo cammino verso la libertà”, della dignità di “non negoziare per quello che ci spetta di diritto”, dell’onore di “non aspettarsi giustizia, ma essere giustizia”, della fiducia che “i popoli che rifiutano di arrendersi creano i propri miracoli con le loro mani”.
Cosa abbia a che fare il terrorista Sinwar, capo dell’ala militare di Hamas, eliminato in un’operazione del 16 ottobre scorso portata a termine dall’esercito israeliano dopo una lunga latitanza trascorsa pavidamente nelle fogne di Gaza facendosi scudo degli ostaggi israeliani rapiti durante il pogrom del 7 ottobre 2023, con “La manovra di bilancio” del Governo in carica, non si sa…
Ma in aggiunta a queste già di per sé irragionevoli cause abbracciate dai soliti idioti, va ad aggiungersi quella della richiesta (o imposizione…) della pace, peraltro bypassata dal “cessate il fuoco proclamato proprio da questa mattina tra i terroristi di Hezbollah e il Governo di Gerusalemme, dalla contestazione del DL 1660 (cd. Decreto sicurezza approvato il 19 settembre u.s.), contro la repressione, lo sfruttamento e lo “stato di guerra” e l’imperialismo in generale. Il comunicato postato su un canale Telegram può riassumere la confusione mentale che regna sovrana nelle menti di chi intende proporsi sempre e comunque “contro”: “Il 29 scioperiamo, il 30 manifestiamo! Contro l’ aumento delle spese militari e i tagli a scuola e sanità pubblica; contro i profitti miliardari delle fabbriche di morte come Leonardo”. Il 30 tutti e tutte in piazza, al fianco della Resistenza palestinese e del Popolo libanese, vs Governo Meloni e DDL 1660”.
Come sempre riuniamo il tutto in uno stato mentale ben definito come quello di cervelli con “poche idee ma ben confuse”.
A questo, aggiungiamo l’ultimo, disperato, appello alla mobilitazione (leggasi: non abbiamo i numeri per provocare casini, accorrete!) rivolto, presumibilmente, alle masse di immigrati, nel quale si ripropone l’invito a partecipare all’iniziativa: “Il 30 novembre ci vediamo a Roma per una grande manifestazione per dire #StopGenocide in Palestina e al massacro in Libano. A maggior ragione dopo il mandato di cattura della CPI contro Netanyahu, l’Italia deve cessare le sue complicità con Israele”.
In definitiva andranno a riunirsi i soliti dissociati, centri sociali, associazioni “alfabetiche” , gruppi antagonisti eterogenei (dagli anarcoidi agli autonomi passando per i black block), associazioni di immigrati, gruppi pro Pal, con la new entry fornita dai disadattati delle periferie il cui ruolo è “finalmente” assurto all’onore delle cronache nostrane dopo anni di gelosia apologetica per le rivolte delle “banlieue” francesi, tutti riuniti in un potpourri atto a provocare scontri con le Forze di Polizia, a distruggere vetrine, auto, mezzi pubblici ed a insozzare le nostre città. Salvo poi giovarsi dei mass media e della magistratura consenziente per lacrimare reclamando la propria martirizzazione a fronte delle logiche reazioni delle Forze dell’Ordine, peraltro sancite ed imposte dalle disposizioni per la tutela dell’ordine e della sicurezza pubblici.
Proprio in riferimento ai disadattati delle periferie, in questo caso milanesi, la pubblicità gratuita fornita dai ben tristemente noti addetti ai network televisivi, con l’apporto fondamentale degli scribacchini prezzolati e politicizzati, ha inteso rappresentare la morte di un rapinatore egiziano armato, privo di patente, detentore di refurtiva e sfuggito all’alt imposto dalle Forze di Polizia, come quella di una vittima dello strapotere delle Forze dell’ordine e dell’abuso di autorità delle medesime contro un “povero” ragazzo mal integrato. No, non è così. Ma resta inteso, i complici che hanno cercato la ribalta vandalizzando un intero quartiere della metropoli lombarda, così come gli autori/attori dei fatti oggetto di intensi dibattiti, non si avvarranno di avvocati difensore, ma di magistrati e giudici consenzienti e comprensivi del loro disagio sociale, della “non accoglienza” o del degrado delle periferie che non propongono un consono tenore di vita agli abitanti…
Preso atto di tutto quanto precede, quello che ci attende è semplicemente l’ennesimo, tranquillo, week end di paura che si profila all’orizzonte, mentre vogliamo calarci anche solo per un attimo nelle vesti dei veri figli del popolo, di quegli agenti preposti alla nostra sicurezza che vedranno penalizzato il loro ruolo a vittime predestinate con le tristemente note “tattiche di contenimento” perorate dai “buonisti”, sia dalla parte dei “disadattati mentali” pronti a tutto pur di “apparire” sia, soprattutto, da quella parte della magistratura che tenterà in ogni modo di frapporsi tra lo “Stato dei diritti” e Quello “dei doveri” con esiti scontati, ma con una crescente rabbia da parte della maggioranza silenziata che anelerebbe ad un reale “Stato di sicurezza”.