L’Hojjat al-Islam Sheikh Naim Qassem è stato nominato ieri segretario generale dal consiglio centrale di Hezbollah.
Il 71enne neoeletto Naim Qassem rimarrà stanziato a Teheran per motivi di sicurezza sotto l’ala protettrice dell’Ayatollah Khamenei e del presidente iraniano Masoud Pezeshkian.
Qassem ha da sempre vissuto a Beirut pur essendo originario della regione di Aklim A-Tufah, nel sud del Libano e per oltre 30 anni, ha ricoperto la carica di vice segretario generale di Hezbollah formazione terroristica sciita libanese della quale è considerato uno dei fondatori la cui ufficializzazione come entità politica risale al 1982, seppur nella considerazione che la sua deriva terroristica era già attiva sino dal 1979.
Oltre ad essere a capo di Hezbollah, di fatto Qassem riveste la carica di presidente del parlamento libanese, sotto le mentite spoglie del fantoccio Nabih Berri, leader politico del movimento terrorista libanese a maggioranza sciita Amal (dall’arabo “speranza”) del quale Qassem è rimasto, comunque, segretario generale.
Proprio sui principi base della politica e militare propagandata da Amal, attiva già dal 1974, ad opera dei medesimi attori, sorse l’organizzazione Hezbollah, il partito di Dio.
A cavallo di quelli anni, fino al 1979, Qasem fu attivista dell’organizzazione Amal, per poi proseguire le sue attività in seno alla neonata formazione terroristica per la quale è stato nominato membro della Shura in ben tre volte occasioni, sfruttando la sua esperienza e l’anzianità maturata all’interno dell’organizzazione terroristica.
Rivestendo la carica di vice segretario di Hezbollah sino alla misteriosa dipartita di Hassan Nasrallah, oltre a numerosi ruoli all’interno dell’organizzazione, Qassem è anche responsabile delle attività politiche di Hezbollah in Libano che includono, senza alcuna sorpresa del pubblico occidentale, il patto di “non aggressione” con le forze UNIFIL stanziate al confine israelo-libanese.
Una storia che risale alla fine degli anni ‘70 e che ha visto come poco illustre protagonista proprio il nostro Paese, nelle vesti non certo ambite, di moderatore e mediatore tra le organizzazioni terroristiche mediorientali e l’Italia, con la creazione dell’impresentabile “lodo Moro” nel quale ancor oggi molti riconoscono una sorta di capolavoro della nostra politica estera dell’epoca, senza alcun ritegno e lodando le intese atte a preservare la nostra Penisola da attacchi terroristici da parte degli interlocutori nelle trattative.
Forte delle capacità di interazione, e infiltrazione, occulta con alcuni paesi europei e del sostegno politico-militare di Teheran, la nomina di Qassem segue l’intenzione di Hezbollah di proseguire nel proprio percorso sulla falsariga dei dettami del “ritornato a Dio”(?!), Hassan Nasrallah anche per dimostrare che l’organizzazione non ha subito contraccolpi dalle numerose e misteriose dipartite subite in breve tempo, da quella di Qassem Suleimani al citato Nasrallah passando per Hachem Safi al Din, il segretario di Hezbollah succeduto allo stesso Nasrallah e venuto meno poche ore dopo, e nella debita considerazione che la nomina di Qassem è stata frutto di un’impostazione oramai predefinita dalla Shura dell’organizzazione, privata di altri personaggi di spicco o del carisma necessario alla sopravvivenza di Hezbollah.
Il ruolo non facile del neoleader di Hezbollah
Il trasferimento della leadership di Hezbollah in Iran non è solo adducibile a motivazione di sicurezza dello staff, ma anche e, soprattutto, frutto dell’intenzione di Teheran di dare continuità nel controllo a distanza di ogni mossa dell’organizzazione terroristica sciita.
A dimostrazione di questo, i vertici iraniani hanno inteso procedere nella gestione della riorganizzazione dei ranghi e le successive attività militari di Hezbollah in stretto coordinamento con la “Forza Quds” e con lo stanziamento di nuove basi dell’IRGC ai confini a cavallo tra Siria-Libano e Israele.
Nel contempo, secondo quanto appreso, proprio Teheran ha spinto Hezbollah a mobilitare le cellule operanti seppur “dormienti” in Occidente ordinando una sorta di “via libera” sotto la supervisione di elementi del Vevak (il servizio segreto estero iraniano) per non meglio specificate azioni.
Nel suo ruolo di leader della più potente organizzazione terroristica dell’intero Medio Oriente Qassem dovrà confrontarsi con una realtà tutt’altro che rosea.
Oltre che una selezione di nuovi responsabili da destinare a capo dei vari settori in seno ad Hezbollah, il neo eletto, avrà a che fare con il risanamento dell’immagine dell’intera organizzazione con una sua riproposizione sia in termini politici, per la conquista della maggioranza parlamentare, sia anche in quelli militari, con l’immane compito di riappropriarsi del controllo del sud del Libano, una zona operativa dove, nonostante i reiterati attacchi da parte di Israele, permangono decine di basi fisse e mobili munite di rampe di lancio e di relativo personale addetto, addestrato a tale scopo dai Pasdaran iraniani.
Il Presidente iraniano, in occasione della nomina del neoleader di Hezbollah, ha inteso rivolgersi al nuovo Segretario Generale di Hezbollah in Libano con poche parole dedicate a incensare Qassem esprimendosi in tali termini: “La presenza di una figura brillante e mujaheddin con chiari precedenti come Sua Eccellenza alla guida del gruppo Hezbollah rafforzerà la volontà nel campo della resistenza e anche la continuazione del luminoso cammino dei martiri di alto rango di questo fronte”. Una “gufata”?
Il discorso di insediamento di Naim Qassem
Nel suo primo discorso dopo l’insediamento, Qassem ha ribadito la volontà immutata di perseguire gli obiettivi tracciati dal predecessore, e nell’occorso, rivolgendosi ad Israele, ha ribadito che “Sarai sicuramente sconfitto perché la terra è nostra e la nostra gente è unita intorno a noi, quindi lascia la nostra terra per ridurre le tue perdite, altrimenti pagherai un prezzo senza precedenti.Proprio come abbiamo vinto a luglio, vinceremo adesso e resteremo forti con una crescita crescente della nostra forza.
E, rivolgendosi all’ambasciatore americano in Libano, ha dichiarato che “Né tu né i tuoi compagni vedrete la sconfitta della resistenza, nemmeno nei sogni. Il partito uscirà da questo confronto più forte e vittorioso.”
Successivamente, con riferimento agli sfollati ha inteso che “questa battaglia richiede questo livello di sacrifici, e noi siamo nella fase di dolore per il nemico, oltre alla fase di fermezza e pazienza. La resistenza non può vincere senza i vostri sacrifici, e gli altri sono stupiti dalla vostra pazienza e costruiremo insieme. Hezbollah è forte nella resistenza con la benedizione dei mujaheddin e forte nell’arena politica grazie a te. Diciamo a coloro che scommettono sulla scena del dopoguerra che dovrete “maledire” l’America e i suoi alleati perché vi hanno mentito. Il nemico non potrà scommettere sul tempo perché le sue perdite saranno ingenti e sarà costretto a fermare la sua aggressione. La guerra attuale non è una guerra tra Gaza e Israele, è una guerra israeliana, americana, europea e globale.”
Qassem, in una sorta di “trance agonistica” si è spinto in una dichiarazione che, sebbene non certo inaspettata, rivela un particolare che fa riflettere. Infatti, ha dichiarato che “la morte di Netanyahu non è ancora arrivata e potrebbe accadere per mano di un israeliano”. Una minaccia che potrebbe malcelare una costante ed inquietante presenza di infiltrati nei piani alti del potere dello Stato ebraico.
Tuttavia, il leader di Hezbollah, è ben conscio di essere nella lista ben poco ambita delle “eliminazioni mirate”, forse anche per questo nel corso del suo interminabile discorso, del quale abbiamo riportato i tratti salienti, si è trovato in preda ad una sudorazione incontrollabile e ben rilevata dagli osservatori più attenti. D’altra parte il ministro della Difesa israeliano, Yoav Galant, ha fatto capire che la sua nomina poteva essere temporanea e che era un “mortale”.
Proprio sulla scorta di questa acuta osservazione di Galant e, rifacendoci al discorso di Qassem nel quale “ha promesso di seguire la strada di Nasrallah”, riprendiamo come “oro colato” le parola del capo di Hezbollah con l’augurio che che ciò accada presto.