ESCALATION/DESCALATION
Dal 7 ottobre in poi un termine che va di moda, usato e abusato. Ogni evento accada in Medio Oriente si sparge, nella narrativa generale, il timore che l’intervento di Israele, in difesa del proprio territorio e dei propri cittadini, diventi causa di innalzamento della tensione.
Ma un anno di lanci di missili e razzi, oltre 20.000 da Gaza da parte di Hamas, dal Libano di Hezbollah, dallo Yemen degli Houti, dall’Iran come ad aprile scorso e come la scorsa notte, non rappresentano già un escalation? I razzi continui per anni sulle città israeliane di Sderot e Askelon non erano già una escalation? La strage del 7 ottobre, gli stupri, le sevizie e le torture subite dai rapiti deportati a Gaza dai nazisti islamisti non erano già il massimo dell’escalation? Che senso ha utilizzare questa parola quando è già stato travalicato il limite della decenza umana e si è sfociato nella bestialità di Hamas in quel giorno orribile? Descalation sarà quando il regime teocratico degli ayatollah di Tehran cadrà definitivamente ed Hezbollah e Hamas scompariranno.
PROPORZIONE
Ancora qualcuno nelle alte sfere della politica, del giornalismo, dell’opinionismo, finanche alla guida spirituale del mondo cattolico, parla di “proporzione“ ed eventualmente “sproporzione” nella campagna di Israele per la sua sopravvivenza, nella sua lotta al terrorismo, nella tutela dei suoi confini brutalmente invasi il 7 ottobre e attaccati da missili e droni dall’Iran e dallo Yemen.
Chi stabilisce cosa è proporzionato e sproporzionato? Chi è il depositario della giustizia ed ha in mano la bilancia con la quale viene pesata la lotta per la vita di un paese circondato da nemici, odiatori ostili ed agguerriti? Quali sono le regole di ingaggio perché una nazione protegga se stessa della sua estinzione? Non esiste statista, pensatore, uomo di fede che possa stabilirlo. Il senso delle proporzioni eventualmente è andato definitivamente smarrito il 7 ottobre e forse tornerà ad esserci quando l’ultimo rapito in mano agli aguzzini verrà liberato da Hamas.
ACCORDO DI ABRAMO
Nel suo discorso di qualche settimana fa al Congresso americano, purtroppo volontariamente snobbato da Kamala Harris candidata alla presidenza Usa e da molti congressisti di area democratica, il premier israeliano Netanyahu ha proposto all’Arabia Saudita di cambiare definizione e far divenire gli Accordi di Abramo una Alleanza di Abramo, ben altra cosa. Concetto ribadito alle Nazioni Unite la settimana scorsa e che segnerebbe una svolta contro il radicalismo di Iran, Russia, Turchia e Yemen, l’Asse del Male che minaccia le nostre democrazie con il beneplacito interessato del gigante sornione, la Cina.
In questo possiamo e dobbiamo sperare che Israele e l’Arabia Saudita finalmente firmino un trattato di “alleanza” contro le forze dell’oscurantismo e dell’odio. È l’auspicio per il nuovo anno ebraico che inizia stasera. Shana Tovà, buon anno alle forze del bene.