Quando inventò la penicillina, Alexander Fleming lo aveva annunciato: “Non fatene un abuso”. A distanza di quasi novant’anni la sua previsione diventa quanto mai reale. Secondo quanto stimato da Andrew Taylor Still, fondatore dell’Osteopatia, nel 2050 ci sarà una diminuzione della popolazione di 11 milioni, numero che salirebbe a 444 milioni se non si trovassero altri antibiotici efficaci.
Nel rapporto del World Health Organisation sull’ Antimicrobial Resistance Global on Surveillance, si calcolano 25.000 morti all’anno per l’Unione Europea, 38.000 in Thailandia e 23.000 negli Stati Uniti. L’abuso di farmaci sta portando all’antibiotico resistenza. A partire dai batteri fino ad arrivare al nostro sistema immunitario. I batteri si rafforzano mentre il nostro sistema immunitario si indebolisce. Il rischio si fa quanto mai incombente.
Il problema trae origine da tre principali fonti.
Gli allevamenti: la produzione industriale impone ritmi serrati. Gli animali non hanno il tempo di crescere in maniera naturale. L’alimentazione viene forzata e vengono imbottiti di antibiotici. Molti muoiono: non hanno il tempo di sviluppare la struttura ossea che non ne regge più il peso corporeo.
Gli ospedali e le acque reflue: il problema deriva sia dagli scarichi degli ospedali che da quelli degli allevamenti, contenenti anche le feci degli animali trattati.
Ma cos’è l’antibiotico resistenza? È una mutazione dei batteri, che acquisiscono informazioni genetiche da altri ceppi e sviluppano così nuove resistenze. Negli ultimi 30 anni nessun nuovo antibiotico è stato introdotto con successo.
Per monitorare l’antibiotico resistenza dei batteri presenti nelle acque, L’Università degli studi di Salerno ha effettuato uno studio sul fiume Tusciano. I risultati della ricerca rivelano che i batteri si stanno rafforzando sempre più. Le specie monitorate, escherichia coli ed enterococchi sono risultate resistenti a tre diversi tipi di antibiotici: ampicillina, ciprofloxacina e tetraciclina. Non solo. I batteri sono risultati anche multi-resistenti, ovvero resistenti ad un mix dei tre antibiotici.
Il problema non potrebbe esser risolto attraverso le tradizionali disinfezioni delle acque con la clorazione o la radiazione uv. I batteri infatti sono risultati resistenti anche ai trattamenti convenzionali. Bisognerebbe ricorrere ai processi di ossidazione avanzata, ma non vengono ancora impiegati a causa dell’alto costo di investimento. Intanto la ricerca progredisce in questo senso e l’Università degli Studi di Salerno, sta conducendo uno studio su una nuova tecnologia di disinfezione, basata sul processo di foto-catalisi che servirebbe a verificare l’efficacia nel controllo dell’antibiotico resistenza.