Elezioni europee: lo scippo pacifista di Conte e Schlein.
Mentre le manifestazioni di odio contro Israele nelle università e nelle piazze sembrano (sembrano) avere il fiato corto, anche per la stucchevolezza e la ripetitività di slogan e argomenti, a fare da capipopolo della galassia antisionista sono i leader dell’opposizione, Giuseppe Conte ed Elly Schlein. In una campagna elettorale dove di Europa e di politiche europee si è parlato ben poco.
Il generico tema “pacifista”, portato avanti dal leader grillino e banalmente proposto nel logo del partito (la pace è un bene supremo e nessuno avrebbe il diritto di appropriarsene per demagogia e calcolo elettorale), spinge Conte a non perdere occasione per parlare con disinvoltura di massacro a Gaza, di abbandonare Israele e Ucraina al proprio destino disarmandoli, dimenticando il terrorismo cieco figlio dell’odio di Hamas e l’aggressione russa proditoria nei confronti dell’Ucraina.
Appropriazione indebita del valore sacro della Pace, che ha avuto il suo culmine nello spettacolo indecente, qualche giorno fa in Parlamento, con grande sventolio di bandiere pacifiste e palestinese accostate impropriamente dai pentastellati. Un M5S che si sta sempre di più spingendo su posizioni rifondarole e che toglierà spazio a Rifondazione, quella vera, che si ripresenta all’estrema sinistra e che ormai si vede scippare le idee dal leader 5Stelle.
Nel campo Pd invece la Schlein, con la reiterata richiesta di riconoscimento del fantomatico Stato di Palestina, si è ‘grillinizzata’. L’idea non è originale, ci aveva già pensato il su citato Conte, ma la leader Dem l’ha fatta propria e sbandierata ovunque, in una linea che le sta permettendo di accogliere tra le sue fila le tesi ultras di Marco Tarquinio su Israele che sta compiendo una “pulizia etnica” dei palestinesi e sull’uscita dell’Italia dalla Nato, con conseguente sconfitta e capitolazione dell’Ucraina.
Tesi estreme che non solo non hanno visto una doverosa è mancata presa di distanze della Schlein, ma che ricevono questa mattina, dalle colonne del Corriere della Sera, la benedizione del Grande Capo carismatico dell’area Pd, Goffredo Bettini, che nelle sue preferenze per le elezioni di domenica prossima indica proprio l’ex direttore di Avvenire. Un Pd grillinizzato quindi e che, a questo punto, di “democratico” conserva ben poco, se non il brand ormai abusato.
Una campagna per l’Europa che si è ridotta a slogan e populismi, dai quali non è immune neanche la destra con i richiami alla Decima Mas e alle uscite nostalgiche del Generale Vannacci, sul quale Salvini ha puntato grosso, in una scommessa azzardata per lui e per la sua leadership, che rischia di togliere consensi al suo partito piuttosto che portagliene e con una premier, Giorgia Meloni, che ha deciso di “metterci la faccia” esponendosi in prima persona in una corsa elettorale da sempre a sé stante come è quella per le europee.
Insomma di Europa, di come l’Unione può e deve svolgere un ruolo nelle crisi, di politiche europee per giovani, imprese, famiglie, di unità e coesione europea si è parlato poco e nulla, a dimostrazione di un provincialismo esasperato da parte della nostra politica, che blandisce sempre di più il voto “di pancia” dell’elettore piuttosto che un voto ragionato su temi che dovrebbero starci a cuore e che condizioneranno le nostre vite negli anni futuri. Tanti i vincoli che abbiamo con le scelte e le leggi che si fanno a Bruxelles. Ma di questo gli italiani sembrano non accorgersene.