L’opinionismo è la morte del giornalismo. C’è stato un tempo in cui la colpa della deriva della carta stampata è stata data ai blogger, che non essendo giornalisti non si sentono solitamente in dovere di adeguarsi alla Carta dei doveri del giornalista, Carta che ad un certo punto recita: “Il giornalista deve sempre verificare le informazioni ottenute dalle sue fonti, per accertarne l’attendibilità e per controllare l’origine di quanto viene diffuso all’opinione pubblica, salvaguardando sempre la verità sostanziale dei fatti”.
Purtroppo le cose non stanno così, o meglio non solo, in quanto la stragrande maggioranza dei contenuti pubblicati su qualsiasi media, dopo anni e anni di pericolosa deriva, è finito in fondo al precipizio e da lì continua a scavarsi la fossa, senza un limite al peggio. Sicché, spesso e volentieri, pare che la data che compare sulla prima pagina dei quotidiani sia per lo più sempre la stessa: 1° aprile! Spesso e volentieri, infatti, ciò che dovrebbe qualificare un giornale come tale è il grande assente: la notizia, quella vera, intendo, ché al suo posto, quando va bene, troviamo narrazioni sopra le righe, strampalate, morbose, ossia tutto quanto può far recuperare link e like anche a costo di proporre temi, titoli e personaggi che definire improbabili o assurdi è dire poco: il tutto in salsa sensazionalistica.
Intendiamoci, un buon titolo è importante, ma occorre che il buon titolo accattivante faccia da anteprima ad un contenuto vero, ché altrimenti è lo stesso che avvolgere un mattone in carta da regalo: il trucco può funzionare per un po’, ma poi anche questo perde di appeal perché la sòla, la fregatura come dicono a Roma, è cosa vecchia e non attira più nessuno.
L’ultima spiaggia ad un certo punto sembra essere diventata la faziosità, il cimentarsi nel fare propaganda a tutti i costi, cavalcare l’onda del disagio per fomentare divisioni, odio, diffidenza e veicolare quel sentimento di appartenenza che vive della continua contrapposizione tra un ‘noi’ ed un ‘loro’ parimenti inesistenti. E questo è il caso in cui la cosa finisce per scadere nel ridicolo di cui qui vi fornisco un esempio.
Chi mi segue, chi legge i miei articoli sa che prediligo le analisi basate sui dati oggettivi, a quelli mi attengo e per questo corredo i pezzi con note e rimandi alle fonti a cui ho attinto. Le ricostruzioni sono altra cosa: consistono nel mettere assieme i vari pezzi come si fa con le tessere di un mosaico per cercare di trovare la chiave interpretativa migliore: ovviamente tutto è verosimile e/o vero fino a prova contraria.
Le opinioni personali, quando esposte, andrebbero evidenziate come tali per supportare il lettore senza imbonirlo. Nel caso che vi propongo – e lascio al lettore trarre le conclusioni – abbiamo due articoli proposti dalla medesima testata: il Manifesto. La scelta è casuale in quanto per puro caso mi sono imbattuto nei due articoli che sottopongo alla vostra attenzione. Il tema è lo stesso: il Generale Vannacci e la questione dell’Uranio impoverito.
Stesso tema, stesso personaggio, ma … appunto, a voi le conclusioni dopo aver letto entrambi. Il 29 agostoil Manifesto ha pubblicato un articolo intitolato “Vannacci, un eroe inventato per spaccare la Difesa”.
In precedenza, il 19 dicembre 2020, quasi tre anni fa, la stessa testata aveva pubblicato un altro articolo di ben diverso tenore e, come si può verificare leggendolo, enfasi, intitolato: “Verità e giustizia sul dossier uranio impoverito”.
La mia domanda è: ma non sarebbe stato molto più semplice proporre e riferirsi quanto sul tema ciò che è reperibile nell’archivio storico della Camera dei Deputati? Ovvero accedere al sito relativo alla “Commissione parlamentare di inchiesta sugli effetti dell’utilizzo dell’uranio impoverito”, 11 novembre 2015 – 22 marzo 2018, XVII Legislatura della Repubblica italiana?
E per quanto attiene alla posizione e al ruolo del Gen. Roberto Vannacci: troppo difficile fare una ricerca nel medesimo archivio digitando “Vannacci uranio impoverito” per accedere ai tre documenti che lo menzionano? Evidentemente sì a quanto pare, purtroppo!