Ci sono gli asili che non ci sono. Il lavoro che latita. Servizi sociali pure. Una precarietà economica derivante dall’ incertezza di un posto di lavoro sicuro che paralizza e spaventa le giovani coppie. Servizi che sarebbero essenziali in un Paese civile che ignorano o quasi i bisogni delle mamme che lavorano. C’è stato un incauto rimaneggiamento di “Opzione donna”, che avrebbe permesso, e invece ha negato, a molte nonne di poter anticipare l’età del pensionamento ed aiutare così i propri figli nella crescita di un nipote.
Ma no. Il ministro della famiglia, Eugenia Roccella, focalizza l’attenzione sulla denatalità che colpisce il nostro Paese sui proprietari di cani, gatti, criceti, canarini o anche tartarughe, che danno al proprio amico domestico il nome di un bambino.
Sulla scia forse di Papa Francesco che aveva, da buon gesuita, sollevato più volte il tema. Ma il Papa in fondo fa il Papa. Anche se i troppi oratori in disuso dovrebbero far riflettere il Santo Padre più del mio gatto che si chiama Nino.
Ma da un Ministro ci si aspetterebbe qualcosa di più. Qualcosa che somigli meno ad un chiacchiericcio social. E da un Ministro di un governo di centrodestra, giustamente fedele al motto “Dio, Patria e Famiglia”, forse si vorrebbero più fatti e meno scivoloni verbali. E non bisogna essere animalisti estremisti per sbarrare gli occhi davanti alle dichiarazioni del Ministro.
“C’è bisogno di una rivolta a difesa dell’umano. La famiglia, la filiazione, sono il cuore, sono le basi dell’umano ma ora sono a rischio – ha detto Roccella nel suo intervento durante la sua partecipazione a Fenix, l’evento organizzato dai giovani di Fratelli d’Italia – Per esempio: questo tentativo di dare i nomi dei bambini ai cani, è sintomo di un bisogno che evidentemente c’è, però viene trasferito sugli animali. Anche Papa Francesco ha ricordato che dentro passeggini trovi i cani oramai… Questa è una spia della situazione che stiamo vivendo”. Dichiarazione che peraltro ha particolarmente innervosito il mio gatto che mi ha rinfacciato di non averlo mai portato a spasso in passeggino. Ma questa è un’altra storia.
“La prima cosa che ha fatto il nostro governo è stato rimettere al centro la famiglia e la natalità”, ha tenuto a sottolineare Roccella.
Eugenia Roccella, che peraltro dichiara di essere animalista, ma profondamente turbata quando porta ai giardinetti il suo cane e sente chiamare gli altri quadrupedi con nomi di bambini. “Io sono animalista, amo moltissimo cani e gatti, ho un cane e quattro gatti – ha chiarito – quindi non è questione di ostilità nei confronti degli animali. Però, quando mi capita di portare il cane ai giardinetti, sento il richiamo dei proprietari rispetto ai propri cagnolini e sento ‘Giovanni’, ‘Eugenio’, il mio nome, ‘Riccardo’, addirittura nomi compositi: ho sentito pure ‘Giovanni Maria’. Comincia a diventare effettivamente abbastanza una confusione non casuale perché questo tentativo di appaiare in qualche modo i nomi umani che si danno ai bambini a quelli dei cani è sintomo di un desiderio, di un bisogno che evidentemente c’è: un bisogno di affettività, un bisogno in qualche modo di famiglia, che però viene trasferito in maniera impropria sugli animali, sui cagnolini e così via”.
Ora, che si possa arricciare o meno il naso quando qualcuno si rivolge al proprio inquilino peloso apostrofandolo come ‘bello di mamma’ o ‘bello di papà’, può starci.
Ma non osiamo neanche pensare i ‘turbamenti’ che potrebbe provocare al Ministro sapere che nella Capitale, ma forse non solo, esiste anche un ‘asilo per cani’ con tanto di ‘dogbus’, una sorta di scuolabus che preleva e riporta nelle proprie abitazioni i canetti alla fine delle ‘lezioni’.
E dell’iniziativa di Trenitalia che questa estate farà viaggiare gratis cani e gatti, e i bambini invece no, gliene parliamo al ministro Roccella o le risparmiamo un ulteriore turbamento?
Anche se il ‘turbamento’ vero lo provoca a noi proprio il fatto che un ministro della Repubblica pensi e dica che chiamare il proprio animale col nome che potrebbe essere di un bambino possa essere un fenomeno legato alla denatalità. E se c’è un bisogno di affettività, come afferma, che soprattutto le giovani coppie tendono a riempire ‘adottando’ un animale, bisognerebbe chiedersi il perché. E rimediare, dando soluzioni concrete e non puntando il dito sul nome del pelosetto.
Il suo governo sta facendo molto per rimettere al centro la famiglia? Benissimo.
Siamo certi che tra poco vedremo i risultati, ma nel frattempo non mi si chieda di chiamare Spider Man il mio gatto Nino, per favore. Che non piace né a me né a lui. E soprattutto non risolve i problemi della famiglia.
***Foto in evidenza credits profilo Facebook Eugenia Roccella