Ammazzata come un cane. E abbandonata come fosse spazzatura vicino ai cassonetti a pochi metri dalla casa, in via Giuseppe Benedetto Dusmet, dove si sarebbe svolto l’atroce delitto. Lei è Michelle Maria Causo, una giovane di 17 anni, che ora i “giornaloni” descrivono, senza neanche arrossire un po’, come una ragazza “cresciuta troppo in fretta”. Lui, il presunto assassino, un suo coetaneo, originario dello Sri Lanka ma nato a Roma. Che è stato arrestato con l’accusa di aver ucciso la giovane mercoledì pomeriggio e di aver abbandonato il suo corpo in un carrello della spesa di un supermercato, accanto ad alcuni cassonetti in via Stefano Borgia, nel quartiere di Primavalle, periferia nord di Roma.
“Un quartiere difficile”, si affrettano a chiarire i suddetti “giornaloni”. Come se l’orrore da quelle parti fosse un po’ meno orrore. Anche se, secondo quanto si apprende dal primo interrogatorio del presunto assassino, la giovane Michelle sarebbe stata colpita da almeno sei fendenti che il giovane avrebbe scagliato con un coltello da cucina. E nonostante il movente che, almeno per ora, secondo alcune fonti, non ci sarebbe. Il lungo interrogatorio di queste ore non avrebbe infatti chiarito cosa abbia scatenato la furia del giovane contro la vittima.
Forse Michelle è stata uccisa dopo aver rifiutato un approccio sessuale da parte del suo aggressore. O forse a scatenare la violenza potrebbe esser stata una lite per pochi soldi. Si parla di un prestito di 30 euro non restituito. Morire ammazzati per nulla. Ma affermare che tutto questo sia accaduto in “un quartiere difficile” in parte solleva le coscienze.
Anche se la vicenda potrebbe, forse, essere legata al consumo di droga con cui l’arrestato si metteva in mostra anche sui suoi profili social. Un “trapper”, pare. Di quelli “fighi”.
E poco c’entra che il giovane fosse di origini straniere. Perché di idioti italiani ne abbiamo tanti. E per idioti non intendo solo coloro che si macchiano di questi crimini orrendi.
Perché “idioti” sono anche le anime belle che si affrettano a cercare spiegazioni, a distribuire “colpe”, un tanto al chilo ovviamente, a quella stessa società pervasa dal loro stesso lassismo pericoloso nei confronti di questi giovani. Un permissivismo che genera mostri.
Mostri sempre più giovani.
Perché la droga non fa male. Perché i social sono libertà e perché le donne devono imparare a difendersi, a denunciare.
Nossignore. Non sono le donne che devono difendersi, ma i maschi che vanno educati.
E la droga spappola il cervello. A qualsiasi livello.
Perché un diciassettenne che ha impugnato un coltello da cucina, forse in stato di alterazione per avere assunto alcolici e droga, e colpisce una ragazza con diversi fendenti, pare al collo e all’addome e alla schiena come risulterebbe dai primi rilievi dell’autopsia, per poi tentare di sbarazzarsi del corpo come fosse spazzatura, non può godere di nessuna “giustificazione”.
Di nessuna attenuante.
E dotti, medici e sapienti riflettano prima di scrivere che la povera Michelle “era cresciuta troppo in fretta in un quartiere difficile”. Che è meglio.