Cambiare le modalità di voto per gli italiani all’estero perché il rischio brogli pare sia altissimo. E anche in occasione dell’ultima tornata elettorale, quella del 25 settembre 2022, non sono mancate le denunce soprattutto in merito al voto di numerosi centenari che non è chiaro se siano vivi o morti. Alla Camera, a fine marzo, è stata presentata una proposta di legge da parte di Andrea di Giuseppe, unico deputato di Fratelli d’Italia eletto nelle circoscrizioni estere, per introdurre il voto elettronico per le comunità italiane all’estero.
E nei prossimi giorni sarà lanciata una petizione online per raccogliere le firme su questo tema. A portare avanti questa battaglia c’è anche Renata Bueno, ex parlamentare eletta all’estero e attuale presidente dell’Associazione per la cittadinanza – Instituto Cidadania Italiana. “Sulla necessità di riformare il voto all’estero il Governo Meloni ha manifestato la volontà di farlo. Tra gli esponenti di Fratelli d’Italia che stanno lavorando più intensamente sulla risoluzione del problema non posso che citare il senatore Roberto Menia. Attualmente avviene tramite posta – spiega – Il ministero dell’Interno ha un elenco di indirizzi di tutti i cittadini residenti all’estero e con questo, unico contatto formale, l’Italia comunica con i cittadini italiani all’estero. Questo elenco però spesso non è aggiornato, ecco perché abbiamo diverse criticità. Più del 50% dei cittadini all’estero non ricevono la scheda per vari motivi. Ad esempio, gli indirizzi sono spesso sbagliati, oppure perché il comune di provenienza non inserisce il cittadino come residente all’estero. O ancora capita che il cittadino cambi indirizzo e non lo comunica al Consolato di riferimento. A questo aggiungiamo il mal funzionamento delle Poste in alcuni Paesi e la ‘mano’ di alcuni gruppi politici che riescono ad intercettare per primi la posta con i plichi. In Argentina, ad esempio, sembrerebbe proprio che questi gruppi abbiano degli accordi con i postini. Questi plichi sono i Consolatati stessi ad inviarli, che stampano le schede, di facile riproduzione, nelle tipografie locali e poi le distribuiscono agli italiani residenti. Nel 2017 il ministero degli Esteri ha stabilito che le buste devono contenere un codice di tracciabilità ma questo è facoltativo e molti Consolati hanno deciso di non metterlo”.
Un sistema farraginoso, dunque, che espone al rischio brogli. “Nei Paesi dove ci sono più problemi ci corruzione – prosegue Bueno – i Consoli hanno deciso per esempio di non mettere nelle buste il codice di tracciabilità, quindi le buste viaggiano liberamente senza nessun monitoraggio, neanche da parte del ministero dell’Interno. Fatto questo i consolati inviano le buste per posta e il cittadino ha 10 giorni di tempo per votare e restituire la scheda al Consolato. Può capitare però, che alcune schede siano false ma vengono comunque mandate in Italia. Ci sono molte denunce in tal senso, è un sistema altamente corrotto”. Secondo il presidente dell’Associazione per la cittadinanza – Instituto Cidadania Italiana, alla base dei brogli ci sarebbe il “furto delle schede quando sono in mano alle Poste locali”.
Ma chi manipola il voto degli italiani all’estero? “Esistono dei veri e propri gruppi politici, alcuni molto noti, che intercettano le buste con le schede e, in molti casi, fanno anche propaganda per mostrare alle persone come votare. Per ogni elezione, da anni, si ripetono sempre gli stessi problemi a cui seguono denunce e ricorsi. Ma ancora nulla è cambiato. Ecco perché è importante – sottolinea Bueno – che questo governo modifichi le modalità di voto per gli italiani all’estero. La petizione nasce per questo motivo, per avere un sistema sicuro di voto. Puntiamo a raggiungere almeno 5 mila firme per dimostrare al governo l’interesse dei cittadini sul tema. La svolta potrebbe arrivare dal voto elettronico, a patto che sia un sistema sicuro e controllato. Serve l’appoggio di tutte le forze politiche. La petizione sarà disponibile su change.org e verrà lanciata ovunque, dal Sudamerica all’Europa, in tutto il mondo”.