“Neither Safe nor Sound”: “Né sano né salvo”. E’ il drammatico rapporto che nasce da un approfondito studio che Unicef Francia e Unicef Regno Unito hanno condotto sulle esperienze di violenze, abusi e lavori forzati subiti dai minori stranieri non accompagnati che hanno vissuto nei campi profughi del nord della Francia. Lo studio si è occupato dei casi di 60 bambini di età compresa tra gli 11 e i 16 anni provenienti da Afghanistan, Egitto, Eritrea, Etiopia, Iran, Iraq, Kuwait, Siria e Vietnam. Sono i giovanissimi che hanno vissuto da gennaio ad aprile 2016 in 7 campi lungo tutta la costa dello stretto tra Francia e Inghilterra, la zona che si estende tra la Manica e il mare del Nord. Qui, ogni giorno, questi minori hanno subito indicibili abusi e atroci sofferenze.
Il quadro emerso ha acceso una luce, ancora troppo flebile, sulla situazione. Secondo le testimonianze raccolte dagli operatori Unicef è la costante minaccia di violenza sessuale e di stupro ad intrappolare fisicamente e psicologicamente questi giovani nei campi. Bambini e bambine violati in cambio della promessa di un passaggio verso il Regno Unito, paese in cui molti di loro hanno parenti o amici da raggiungere. Così disperatamente vicini che l’attesa è ancora più dolorosa.
L’incremento delle forze dell’ordine in questi campi ha spinto ancor di più questi minori nelle braccia dei trafficanti. Pur di arrivare “dall’altra parte” in molti mettono a repentaglio la propria vita arrivando a nascondersi nelle celle frigorifere dei camion che attraversano la manica. Questi bambini, scappati da guerra e povertà, non sempre hanno i soldi per pagarsi il viaggio. La domanda è alta, i controlli sono serrati ed i trafficanti oggi chiedono cifre altissime, le più alte di sempre, tra le 4.000 e 5.000 sterline a persona, per poter attraversare la Manica. I minori che non possono pagare diventano schiavi, costretti a svolgere lavori usuranti come vendere cibo nei mercati notturni sorti spontaneamente nella famigerata “Giungla di Calais”. Crolli nervosi ed episodi di violenza sono la naturale conseguenza di questa situazione e molti giovanissimi, costretti al freddo, stanchi e privati dei più elementari diritti come quello allo studio, chiedono sempre più frequentemente di essere ospedalizzati in reparti psichiatrici.
Secondo il rapporto, nel marzo del 2016, sono 500 i minorenni senza famiglia che hanno vissuto nei 7 campi profughi, tra cui quello di Calais e quello di Dunkerque. E da giugno 2015 sono circa 2.000 i minori soli vissuti in condizioni disumane in queste sistemazioni di fortuna. La permanenza in queste “giungle” è di circa 5 mesi ma alcuni bambini arrivano a trascorrervi anche 9 mesi. Un minore è stato lì per oltre un anno e questa media sta pericolosamente aumentando a causa dell’incrementarsi dei controlli ai confini e delle maggiori difficoltà di intraprendere questi viaggi. Certo è che più questi bambini resteranno in questi campi, maggiori saranno i pericoli che incontreranno.
LiLy Caprani, vice direttore generale di Unicef – Regno Unito, ha richiesto un maggiore impegno verso questi minori: “Un’azione immediata da parte del Governo del Regno Unito potrebbe porre fine al fatto che questi bambini cadano nelle mani dei trafficanti”.
Anche il primo ministro, David Cameron, ha parlato di questa situazione affermando che “i minorenni non accompagnati dovrebbero essere portati nel Regno Unito, se hanno una famiglia qui. Questi campi non sono luoghi per bambini, noi sappiamo che ci sono almeno 157 minorenni a Calais con il diritto legale di essere ricongiunti alle loro famiglie nel Regno Unito”.
La Convenzione Onu sui diritti del fanciullo è chiara: questi minori hanno diritto ad essere protetti dallo Stato, il loro interesse deve essere considerato di superiore importanza in ogni legge, decisione o provvedimento che li riguardi. La risposta che viene data, per, sempre più frammentaria, non all’altezza della drammatica situazione in cui si trovano.