La candidatura di Luigi di Maio alla carica di inviato Ue nel Golfo Persico imbarazza Bruxelles e Josep Borrell. L’Alto rappresentante dell’Unione per gli affari esteri e la politica di sicurezza, non sa come uscire da questa vicenda. Le pressioni del governo italiano non mancano e anche altre realtà hanno espresso forti perplessità sull’incarico.
Tajani: “L’ho già detto a Borrell, se lo nomina la scelta è soltanto sua”
In un’intervista rilasciata al quotidiano La Repubblica, il ministro degli Esteri, Antonio Tajani, mette una seria ipoteca sulla vicenda: “Non ci opponiamo – risponde – ma la sua è una candidatura individuale, non del governo”. E poi conclude: “L’ho già detto a Borrell; se lo nomina la scelta è soltanto sua”. E proprio in questa ultima frase che si capisce il dramma di Borrell. L’Alto rappresentante dell’Unione per gli affari esteri avrebbe assicurato a Mario Draghi, secondo fonti di Palazzo Chigi, la ricollocazione di Di Maio. Anche perché, spiegano sempre le stesse fonti, in Patria non avrebbe avuto spazio dopo le elezioni del 25 settembre, ma andava comunque ricompensato per il suo impegno a favore del governo culminato addirittura con la scissione dal M5S.
E visto che Di Maio, che già pare sia stato soprannominato ‘Giggino d’Arabia’, avrebbe legittimamente manifestato un gradimento per le attività diplomatiche, quale miglior incarico di questo?
La poltrona, del resto, capita al momento giusto
La guerra in Ucraina, come noto, ha provocato un generale aumento dei prezzi del gas e del petrolio costringendo l’Ue a relazionarsi maggiormente con i paesi del Medio Oriente per poter reperire le materie prime in precedenza fornite dalla Russia. Ma l’Ue non disponeva di una figura politica specializzata in tale ambito e così si è pensato di crearla. Nel frattempo, l’allora ministro degli Esteri si è dato da fare per reperire gas per l’Italia per sopperire a quello in arrivo dalla Russia. Un lavoro intenso in cui Di Maio si è adoperato senza risparmiarsi. E Draghi avrebbe apprezzato a tal punto il suo impegno da segnalarlo proprio a Borrell. Ma adesso, il governo Meloni non è dello stesso avviso e ha già chiarito che la candidatura di ‘Giggino d’Arabia come inviato Ue nel Golfo Persico non è condivisa da Roma.
A dare man forte al governo italiano sono arrivate le perplessità da parte di altre realtà che avrebbero messo definitivamente in crisi Josep Borrell. A partire dal quotidiano francese Le Monde che ha pubblicato le dichiarazioni di Cinzia Bianco, esperta della regione al Consiglio europeo sulle Relazioni estere, secondo la quale “mandare Di Maio nel Golfo dimostra che l’Ue non è seria”. Motivo? Sempre secondo Bianco, Di Maio “da ministro degli Esteri non ha avuto buone relazioni” e soprattutto non sarebbe “percepito come una personalità di peso”. Un giudizio pesantissimo. Ma non è il solo. Dagli Emirati Arabi è arrivata la posizione del capo del Centro di ricerca sulle politiche pubbliche di Dubai, Mohammed Baharoon, che in un tweet ha scritto: “La nomina di Luigi Di Maio deve avere un profondo senso dell’umorismo europeo che mi sfugge”.
The nomination of de Luigi Di Maio as #EU special representative to #GCC must have a deep sense of European humor that evades me. https://t.co/vx3E1RnruH
— Mohammed Baharoon (@MABaharoon) November 22, 2022
E sfugge a molti la logica che ha spinto la Ue a considerare la candidatura di Luigi Di Maio per un ruolo così delicato. Nel curricula dell’ex ministro degli Esteri, infatti, compare la decisione di interrompere le forniture di armi a Emirati Arabi e Arabia Saudita usate contro lo Yemen. Un annuncio fatto in pompa magna nel gennaio 2021 con tanto di post sui social. E questa sua presa di posizione, giustificata con la tutela dei diritti umani, è costata cara all’Italia. Gli Emirati, ad esempio, chiesero l’immediato ritiro della Task Force italiana dalla base aerea di Al Minhad” e in seguito negarono anche il sorvolo e l’atterraggio a voli di Stato e militari diretti in Afghanistan. Oltre, ovviamente, alla perdita economica per le aziende produttrici.
Tutto questo, però, non ha evidentemente preoccupato il panel di esperti e tecnici indipendenti che ha ricevuto mandato dall’UE di selezionare il profilo migliore da mandare nel Golfo Persico. Tra quelli da valutare, oltre a quello di Di Maio, comparivano nomi quali Jan Kubis (slovacco), Markos Kyprianou (cipriota), e Dimitris Avramopoulos (greco). Profili di tutto rispetto dunque, che nulla hanno da invidiare a quello di Luigi Di Maio. Ma l’ex grillino avrebbe incredibilmente sbaragliato la concorrenza, forse per l’intercessione di Draghi oppure, ironizzano i più maliziosi, grazie al premio Memissima, una sorta di oscar dei meme italiani, che ha incoronato l’ex ministro degli esteri come il personaggio più “memato” del 2022.
Adesso, però, dopo la valanga di pressioni e polemiche arrivate all’indirizzo di Borrell, l’Alto rappresentante Ue cercherebbe una via per uscire dall’imbarazzo. La migliore, dicono fonti da Bruxelles, sarebbe quella di non portare la candidatura in sede di Consiglio tra i vari Stati Membri dove la nomina avverrà per consenso e, in caso di mancato accordo, si procederà con un voto a maggioranza qualificata. Ua soluzione attuabile visto che il parere del panel di tecnici non è vincolante. E questo passaggio non esporrebbe Giggino d’Arabia all’umiliazione di non essere votato dal suo Paese, ammesso che si riesca ad ottenere una maggioranza che lo supporti.
Secondo fonti accreditate, infatti, dai Paesi del Golfo le pressioni contro il nome di Di Maio sarebbero costanti e l’Ue non può permettersi errori non solo per la necessità di gas, ma anche per la stabilità dell’intera area. E anche l’Italia, se punta a normalizzare i rapporti con gli Emirati Arabi dopo le performance diplomatiche del M5S, non può avallare la nomina di Di Maio come inviato Ue nel Golfo. L’ex Ministro, dunque, sarebbe solo a combattere questa battaglia. Tranne che per l’esperto di politica internazionale, l’americano Edward Luttwak, secondo il quale Di Maio “è più che qualificato per rappresentare l’Unione Europea nel Golfo Persico”.