Viviamo un mese che la cristianità consacrava alla santità grazie a Gregorio IV che, nell’anno 835 decretava la festa di Tutti i Santi (spostata dal 13 maggio al 1º novembre da Gregorio III allo scopo di sovrapporla alla festa celtica di Samhain, Halloween).
Le festività religiose sono presto state sostituite con nuove celebrazioni politicamente più al passo con i tempi. In Russia, per esempio, il 4 novembre si celebra la Madonna di Kazan’, Vergine protettrice della Russia.
Nel 1612, una copia dell’icona era al fianco delle milizie russe di Minin e di Požarskij che guidavano la resistenza contro le armate polacche e la liberazione della città, il 22 ottobre, fu attribuita all’intercessione della Santa Madre di Dio di Kazan’. In seguito, l’icona della Madre di Dio di Kazan’ divenne il vessillo della vittoria dello Zar Pietro il Grande sugli svedesi nella Battaglia di Poltava e, più tardi, della sconfitta di Napoleone durante la Campagna di Russia nel 1812. La l’immagine della “Liberatrice della Russia” divenne l’icona di famiglia degli zar.
Tuttavia, la festa che ogni bambino sovietico comunista avrebbe ricordato come bella e festosa sarebbe stata la festività rossa del calendario: quella del 7 novembre. La città, per l’occasione, era da giorni imbandierata e disseminata di festoni rossi e il giorno solenne, che celebrava il giorno della rivoluzione d’ottobre (25 ottobre del calendario giuliano) che portò alla caduta dell’impero russo degli zar, era vissuto sulla piazza rossa dove nelle file della propria fabbrica, istituzione o associazione sportiva si sfilava davanti ai rappresentanti mummificati sul palco, vivendo quell’entusiasmo collettivo. A casa, poi, immancabili avremmo trovato sulla tavola imbandita la salat Oliv’e (una variante più ricca di quella che noi chiamiamo insalata russa), il salame, gli šproty, aringhe affumicate in scatola e l’insalata di fegato di merluzzo. La vodka, naturalmente, avrebbe innaffiato generosamente le pietanze stimolando la predisposizione a emozionarsi e commuoversi fino ad indurre qualche ospite ad esibirsi con una chitarra o una fisarmonica stimolando il canto degli astanti.
Questo almeno fino a che, nel 2005, Putin cancellasse per decreto il 7 novembre come festa nazionale e, naturalmente, giorno di vacanza da scuola. In sua vece, con un procedimento che ricorda quello adottato dai sovietici dopo l’ottobre, è stata ripresa la festa dell’Unità nazionale, eliminata dal calendario bolscevico nel 1917.
Celebrata il 4 novembre, a pochissima distanza dunque dalla vecchia data “rossa” del calendario, ogni anno, in occasione della Giornata dell’Unità Nazionale, le persone portano fiori al monumento di Minin e Požarskij, gli eroi a cui è dedicato un famoso monumento sulla piazza, in onore della festa e in memoria del movimento di liberazione del 1612 e il presidente Vladimir Putin depone addirittura un mazzo di rose rosse sul monumento.
La mossa, ampiamente criticata dall’opinione pubblica, avrebbe consentito all’autocrate di evocare un nuovo sciovinismo che sarebbe sfociato nella aggressione di Georgia e Ucraina.
Nella Giornata della memoria delle vittime delle repressioni politiche, che si celebra in Russia il 30 ottobre di ogni anno, a Mosca all’incrocio tra il viale Akademika Sakharov e il Garden Ring, è stato eretto nel 2017 il “Muro del Dolore“, il primo monumento nazionale alle vittime delle repressioni politiche.
Coerentemente, ora siamo in attesa del nuovo muro eretto per commemorare le vittime di Putin.