Droni da Iran alla Russia: una sorpresa solo per l’UE.
La questione dei droni iraniani forniti alla Russia non dovrebbe costituire un’inaspettata novità, ma tale è stata per l’Unione europea sino a poche ore fa. Nuove sanzioni sono state infatti comminate solo ieri a Teheran per l’invio dei droni suicidi utilizzati da Mosca per la disperata controffensiva contro Kiev. Lo ha annunciato il presidente del Consiglio europeo, Charles Michel, che ha aggiunto che il varo delle sanzioni riguarderà 5 tre società e cinque soggetti iraniani. L’utilizzo indiscriminato degli UAV, infatti, ha provocato una strage tra la popolazione civile per la potenza distruttiva fornita dalla carica esplosiva trasportata.
Ma le notizie e le indiscrezioni sulle forniture di droni dall’Iran alla Russia giravano da tempo
Nella scorsa settimana istruttori iraniani, appartenenti al Corpo delle guardie rivoluzionarie islamiche (IRGC) designato come organizzazione terroristica, erano in Crimea dove hanno fornito la loro collaborazione all’esercito russo nel lancio dei droni dalla penisola verso l’Ucraina e la capitale Kiev in particolare. Per gli Usa, con questa mossa, “l’Iran è ora direttamente coinvolto nella guerra e ne sopporterà le conseguenze”. Le parole sono di Johan Kirby, portavoce del consiglio di Sicurezza Nazionale del Governo di Washington. E secondo alti funzionari americani, citati dal New York Times, “l’Iran ha inviato addestratori in Crimea per aiutare i russi a gestire la flotta di droni Shahed-136 che Mosca ha acquistato da Teheran”. Gli addestratori iraniani, precisano le fonti, stanno operando da una base militare russa, dove sono conservati la maggior parte dei droni consegnati dall’Iran.
L’intelligence britannica aveva anticipato l’invio di droni dall’Iran alla Russia
Ma anche l’intelligence britannica aveva anticipato le notizie sul coinvolgimento iraniano nelle forniture di armi alla Russia. In un rapporto, l’MI6 scrive che “dal 10 ottobre la Federazione Russa ha incrementato il tasso di attacchi a lungo raggio contro obiettivi in Ucraina. Gli attacchi sono effettuati da missili da crociera, missili di difesa aerea superficie-superficie e droni Shahed-136 forniti dall’Iran”. L’intelligence britannica ha inoltre segnalato che la Federazione Russa è ora più disposta a colpire le infrastrutture civili oltre alle installazioni militari ucraine, poiché dal mese di agosto l’esercito di Mosca ha subito battute d’arresto sul campo di battaglia e ha dovuto cedere postazioni avanzate in tutta fretta lasciando il campo libero a parziali riconquiste ucraine. Inoltre, per il ministero della Difesa britannico, l’utilizzo indiscriminato di droni ha come obiettivo chiave la distruzione della rete di distribuzione dell’energia dell’Ucraina.
Anche il governo di Kiev si è espresso in proposito. Il ministero degli Esteri ucraino ha ufficialmente accusato l’Iran di complicità nei crimini della Russia contro l’Ucraina dichiarando che “fornire armi per condurre una guerra di conquista in Ucraina e uccidere cittadini ucraini, rende l’Iran un complice del crimine di aggressione, crimini di guerra e atti terroristici russi contro l’Ucraina. Chiediamo a Teheran di interrompere immediatamente le consegne di armi alla Russia. In caso contrario, l’Iran e la sua leadership avranno la responsabilità più grave, anche nel quadro dei processi internazionali per i crimini della Russia contro l’Ucraina”.
Per Teheran, si era espresso Nasser Banani, il portavoce del ministero degli Esteri che, per timore di ritorsioni, aveva tentato di rassicurare l’Occidente che non vi era conferma sull’utilizzo di droni di produzione iraniana nel conflitto russo-ucraino. Per Banani, infatti, “tali notizie sono prive di fondamento. Teheran ha sempre perseguito una politica di principio di chiara neutralità attiva ed è stata da sempre contraria a questa guerra sino dal suo inizio”.
Il contestato drone Shahed 136
Da una consultazione dei canali di comunicazione dei Pasdaran, martedì scorso, è apparsa questa dichiarazione trionfante: “Pubblicando questa foto, i siti russi hanno scritto: Il drone Shahid 136, che ha portato l’Ucraina fino ad oggi, non è il miglior drone dell’Iran, e aspetta che il drone Arash 2 arrivi in campo, e poi vedrai il drone più letale della storia!”
Originale: “سایت های روسی با انتشار این تصویر نوشتند: پهپاد شاهد136 که اوکراین را به این روز انداخته، بهترین پهپاد ایران نیست و صبر کنید تا پهپاد آرش2 به میدان بیاید و آنوقت شما کشنده ترین پهپاد تاریخ را خواهید دید!”
Il drone Shahed 136, alias Geran 2, seppur enfatizzato da russi e iraniani, presenta comunque caratteristiche peculiari che lo rendono pressoché inaffidabile poiché ritenuto frutto di una produzione quasi “artigianale” ed economica proprio per la sua semplicità. Innanzitutto, data l’estrema rumorosità del motore che ne segnala l’avvicinamento e la portata del volo, lo rende estremamente vulnerabile all’intercettazione.
Inoltre, la navigazione condotta con sistemi di Gps rendono il drone facilmente rintracciabile, tracciandone la rotta in tempi relativamente brevi tali da permettere l’intercettazione anche da parte dell’aeronautica ucraina. Vi è poi da considerare la scarsa resa nel colpire il bersaglio prefissato. Solo il 40% degli Uav, infatti, ha effettivamente raggiunto l’obiettivo, altri sono finiti fuori rotta, mentre il 50% sono stati abbattuti.
Un altro aspetto di non poco rilievo è fornito dalla notizia secondo la quale, secondo alcune fonti, la Russia avrebbe ordinato dall’Iran un altra tipologia di droni, l’Arash-2, che presenta caratteristiche più avanzate dello Shahed 136.
Infatti, nel suo complesso, presenta una fusoliera più ampia con un’autonomia sino a 1600 chilometri e un’apertura alare di quattro metri. Mosca ne avrebbe ordinato circa 2500 unità dimostrando, una volta di più, un progressivo indebolimento delle capacità operative autonome del Cremlino.
Ma il dato sconfortante è fornito dalla assoluta inconcretezza sul fronte della difesa dell’UE. A fronte di notizie di non difficile reperibilità, il governo europeo ha dimostrato ancora una volta un’assoluta latitanza ed una scarsissima capacità di interazione tra i vari servizi di sicurezza nazionali.
Un sintomo che può indurre ancora una volta a sospettare che alcuni manager aziendali continuino ad oggi a intrattenere rapporti poco chiari con l’Iran. Un import-export “sottobanco” che svaluta il regime sanzionatorio applicato solo in apparenza nei confronti del regime degli ayatollah, contestato apertamente solo da Usa, Israele e dalle ragazze coraggiosamente scese in piazza e vittime della dura repressione di Teheran.