Albania-Iran: Tirana espelle i diplomatici iraniani. L’Albania ha interrotto le relazioni diplomatiche con l’Iran dopo l’attacco informatico del 15 luglio scorso contro alcuni siti governativi di Tirana, tra o quali quelli di polizia, immigrazione, banche, ministeri, salute e giustizia. Un attacco che, peraltro, ha avuto una replica proprio il 10 settembre scorso.
Il primo ministro Edi Rama ha attribuito la responsabilità dell’attacco informatico alla Repubblica islamica e ha dato ai suoi diplomatici 24 ore di tempo per chiudere l’ambasciata e lasciare il Paese.
In contemporanea è stato disposto il rientro immediato della rappresentanza albanese a Teheran.
Il regime degli ayatollah ha subito respinto le accuse attribuendo l’attacco cibernetico a “terze parti” e, come da copione, accusando Israele di essere coinvolto nella vicenda.
Subito dopo l’abbandono dei locali della legazione iraniana da parte del personale, la polizia albanese è penetrata nell’edificio perquisendoli e rinvenendo i resti di documenti cartacei bruciati, come peraltro previsto nel protocollo della sicurezza diplomatica.
La violazione dei sistemi informatici governativi ha provocato il black out completo di alcuni di essi, rendendoli di fatto inaccessibili e il furto di dati sensibili di altri.
Secondo l’alto rappresentante dell’UE per la politica estera, Josep Borrell, “l’attacco ha preso di mira direttamente le infrastrutture critiche e ha influito sulla fornitura di servizi pubblici a persone e imprese in Albania” pronunciandosi, anche a nome degli altri paesi membri, in difesa di Tirana. Nella dichiarazione, inoltre, Borrell si rammarica del fatto che queste azioni inaccettabili cerchino di minacciare la democrazia albanese. “Condanniamo fermamente questo comportamento inaccettabile nel cyberspazio – ha aggiunto – che va contro gli standard concordati di comportamento responsabile dello Stato”.
In parallelo, la NATO ha mostrato solidarietà a Tirana dando credibilità alle accuse che indicano Teheran come l’attore dietro queste manovre avvertendo che studierà possibili risposte collettive agli attacchi futuri:”Condanniamo fermamente tali attività informatiche dannose progettate per destabilizzare e danneggiare la sicurezza di un alleato e sconvolgere la vita quotidiana dei cittadini”. Pertanto, l’Alleanza atlantica ha ribadito l’impegno a rafforzare la capacità dell’Albania di resistere e respingere tali attività informatiche dannose in futuro. “Continueremo ad alzare la guardia contro gli attacchi informatici in futuro e ci sosterremo a vicenda per scoraggiare, difendere e contrastare l’intero spettro delle minacce informatiche, comprese le possibili risposte collettive”.
Anche Washington ritiene Teheran responsabile per aver preso di mira il suo alleato della NATO ed ha avvisato che gli Usa ed i paesi alleati adotteranno misure ritorsive nei confronti dell’Iran innalzando le misure per aumentare il livello di sicurezza contro ulteriori attacchi cyber.
La relazione tra il paese delle aquile e Teheran è tesa da quando Tirana, nel 2018, ha accettato di ospitare, a Manza presso Durazzo, circa 3.000 membri del gruppo di opposizione in esilio, i Mujahedin del Popolo Iraniano (MEK – Mujaheddin e khalq) dietro richiesta dell’Onu e del governo Usa.
Dopo gli ultimi avvenimenti è emerso, inoltre, che l’attacco cibernetico del 15 luglio insieme ad altre minacce non meglio descritte, dovevano servire ad impedire al gruppo di opposizione di tenere l’assemblea annuale in Albania prevista per il 22 e 23 luglio, annullata per motivi di sicurezza. Gli organizzatori hanno dichiarato che all’evento avrebbero dovuto partecipare diverse delegazioni politiche di alto profilo, tra cui centinaia di legislatori provenienti da sei continenti.
Tirana nuovo hub balcanico dello spionaggio iraniano
Il caso di cyberattack connesso alle attività degli agenti di Teheran in Albania, votate alla localizzazione e all’eliminazione dei dissidenti, non è certo un episodio isolato in Europa.
Nel 2018, la polizia belga ha sventato un attacco terroristico che avrebbe dovuto colpire un raduno dell’opposizione iraniana alle porte di Parigi, dopo il quale un diplomatico iraniano, Assadi Assadollah, è stato condannato per aver fornito gli esplosivi per il complotto. Sempre nello stesso anno, l’Iran ha rapito e giustiziato Ruhollah Zam in Iraq.
Nel 2020 una rete iraniana avrebbe anche monitorato e spiato i dissidenti in Canada e nel Regno Unito. Nel febbraio 2021 l’Olanda ha accusato il regime iraniano di aver assassinato due dissidenti nel paese. E secondo alcuni rapporti, un server nei Paesi Bassi sarebbe stato utilizzato anche per spiare i dissidenti.
Nel 2021 gli Stati Uniti hanno sanzionato gli iraniani per il tentativo di rapire e uccidere una giornalista statunitense, di origine iraniana, Masih Alinejad. Nello stesso anno, l’Austria ha chiesto all’Iran di revocare l’immunità al diplomatico detenuto per il complotto francese.
L’Iran negli ultimi anni ha realizzato trame anche in Turchia, Germania e Cipro.
Teheran porta avanti da molti anni attacchi come quello in Albania, con metodologie diversificate.
Nel 2012, secondo l’agenzia Reuters, “i rapporti preparati dagli analisti dell’intelligence per il dipartimento di polizia di New York affermano che tre complotti sono stati sventati a gennaio, tre a febbraio e altri tre da fine giugno. L’Iran ha ripetutamente negato di sostenere gli attacchi dei militanti all’estero”. Questi includevano obiettivi in India, Georgia, Azerbaigian, Kenya e Cipro. “Ogni complotto è stato attribuito all’Iran o ai suoi alleati libanesi di Hezbollah – affermano i rapporti – che sono stati prodotti in seguito all’attentato a Burgas, in Bulgaria, contro un autobus che trasportava turisti israeliani”.
In generale l’Iran, sin dagli anni ’80, ha ritenuto di poter compiere omicidi, spionaggio e altre violazioni del diritto internazionale in qualsiasi parte del mondo senza subire conseguenze.
L’Albania potrebbe prestarsi al ruolo di snodo per l’intelligence iraniana, facendo parte della rotta balcanica percorsa per raggiungere i paesi europei, con particolare riferimento a Italia, Germania e Svezia.
L’Italia, infatti, non è esente dai complotti di Teheran contro i dissidenti dal regime.
Il 16 febbraio 1993, l’ex diplomatico e dissidente Mohammad Hussein Naghdi, viene assassinato a colpi di mitraglietta Skorpion nel quartiere romano di Montesacro.
A marzo del 2010 nel nostro Paese vennero arrestati due cittadini iraniani, tra i quali un corrispondente della stampa estera, insieme a cinque italiani, con l’accusa di traffico d’armi verso la Repubblica islamica.
Nel 2017, la polizia tributaria della Guardia di finanza di Venezia, su ordine della Dda di Napoli, trasse in arresto tre italiani e un libico sospettati di traffico internazionale di armi e di materiale dual use, di produzione straniera. Gli stessi, tra il 2011 e il 2015, avrebbero fornito a Libia e Iran, soggetti a embargo, numerosi armamenti tra i quali armi leggere ma anche missili terra aria ed elicotteri. Tra gli arrestati figuravano tale Mario di Leva, alias Jafar, convertito all’Islam e la coniuge Annamaria Fontana, ex assessore del comune di San Giorgio a Cremano, fotografati in compagnia di Mahmoud Ahmadinejad, ex primo ministro iraniano.
Nell’ottobre 2020, il 68enne Said Ansary Firouz, figlio dell’ambasciatore di Teheran a Roma ai tempi dello Scià di Persia, viene ucciso a Formello, nella provincia romana, dal connazionale Foloty Cave, suicidatosi subito dopo l’assassinio. Firouz risultava essere al centro di una rete internazionale di spie di Teheran e trafficanti d’armi.
Sempre nel 2020, il 29enne Daniel Kassrae, iraniano con cittadinanza italiana, ufficialmente reporter per la Press tv, un canale in lingua inglese di proprietà della IRIB, l’Islamic Republic of Iran Broadcasting, ovvero la compagnia di servizi radiotelevisivi controllata dal regime, viene espulso dall’Albania verso l’Italia con l’accusa di spionaggio per conto del regime di Teheran finalizzato a individuare i dissidenti residenti nel paese balcanico.
E, dulcis in fundo, nel luglio scorso, il ministro degli esteri Luigi di Maio, degno rappresentante di una politica estera inconsistente se non deleteria per gli interessi nazionali, ha invitato a Roma Hossein Amir Abdollahian, ministro degli Esteri di Teheran, anche chiamato “la voce dei Pasdaran”, sbarcato a Roma per colloqui relativi a Ucraina, Siria e nucleare iraniano.