La Cina scopre i suoi veri piani e si rivela quasi una paladina del terrorismo pakistano. È la seconda volta in poco tempo che Pechino gela l’UNSC, il Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite, bloccandone i lavori e chiedendo tempo per decidere contro una nuova proposta avanzata da India e Stati Uniti di iscrivere pericolosi terroristi pakistani nelle liste di proscrizione a livello internazionale.
Facendo leva sulla sua posizione quale membro permanente, nonchè Presidente di turno del Consiglio, la Cina ha usato il diritto di veto per bocciare la proposta di Nuova Delhi di inserire Abdul Rauf Asghar (capo di un noto gruppo terroristico pakistano) nel Comitato delle sanzioni 1267 dell’UNSC, pur essendo tale proposta appoggiata dal resto dei membri (14 su 15 appunto). A tal proposito si richiedeva di congelare i beni del pericoloso criminale imponendogli pesanti sanzioni tra cui il divieto di espatrio.
Abdul Raouf Asghar, fratello di Masood Azhar il capo storico del famigerato gruppo terroristico Jaish-e-Mohammed (J-e-M), è nato in Pakistan nel 1974. Raouf Asghar è stato arrestato dalle autorità pakistane nel 2019 con l’accusa di finanziamento del terrorismo, ma non è chiaro dove sia stato arrestato. Raouf Asghar, è un membro chiave del J-e-M, e rimane tuttora uno dei maggiori finanziatori e istigatori della gioventù pakistana al terrorismo.
Raouf Asghar si fece ben presto conoscere dalla stampa internazionale perché fu lui nel 1999 la mente dietro al dirottamento dell’aereo di linea indiano a Kandahar, in Afghanistan. Il volo Indian Airlines 814 – ai più noto come IC814 – era in rotta dall’aeroporto internazionale di Tribhuvan a Kathmandu (Nepal), all’aeroporto internazionale Indira Gandhi di Delhi il 24 dicembre 1999, quando fu sequestrato dai terroristi pakistani.
Si narra che nella prima settimana di settembre 1999, cinque nomi ben conosciuti all’antiterrorismo – Ibrahim Athar, Sunny Ahmed Qazi, Shahid Sayeed Akhtar, Zahoor Ibhrahim Mistri e Shakir – si incontrarono in Bangladesh in un appartamento in affitto nella zona di Dhaka Subzi Mandi. Nel gruppo erano presenti anche Abdul Latif e Abdul Rauf Asghar. L’obiettivo comune di queste losche personalità, che lavorarono a stretto contatto per oltre sei mesi, era quello di liberare ad ogni costo il potente capo di Harkat-ul-Mujahideen Maulana Masood Azhar che era stato catturato e imprigionato a Jammu, in India. I primi contatti del gruppo avvennero già nel luglio 1998, e dopo un tentativo di evasione fallito nel giugno 1999, si iniziò a pianificare il dirottamento aereo. Ben presto venne fuori che un volo della Indian Airlines da Kathmandu sarebbe potuta essere “una facile preda” utile allo scopo. Il piano prevedeva che l’aereo sarebbe stato dunque dirottato e portato in Afghanistan, da dove poi sarebbe partita la richiesta al governo indiano per la liberazione di Masood Azhar in cambio degli ostaggi. Nel caso non fosse stata accolta la proposta dalle autorità indiane l’aeromobile sarebbe saltato in aria con tutti i suoi passeggeri. Latif andò allora in India e si occupò di reperire i documenti di riconoscimento indiani per tutti, mentre Shahid Sayeed Akhtar si fece carico di reperire le armi necessarie: tre granate e tre revolver da Kalimpong. A metà dicembre il gruppo si incontrò a Kathmandu per rifinire il piano e furono stabiliti i compiti per ciascuno di loro. Latif acquistò i biglietti in business class per il volo della Indian Airlines da Kathmandu a Delhi per sé e per Athar e Qazi, mentre gli altri tre, Shahid Sayeed Akhtar, Zahoor Ibrahim Mistri e Shakir, andarono in classe executive. Ibrahim Athar entrò in aeroporto per primo con le armi. Una volta passati i controlli di sicurezza, Sunny Ahmed Qazi e Shakir entrarono poi a loro volta nell’aerostazione. Una volta a bordo il gruppo criminale prese possesso dell’aeromobile che dopo alcuni scali fu infine fatto atterrare a Kandahar, in Afghanistan. L’Afghanistan era allora sotto il controllo dei talebani i quali fornirono pieno aiuto e sicurezza ai terroristi pakistani. Ma ci furono molte ombre di possibili coinvolgimenti dell’ISI, l’agenzia di intelligence pakistana, nell’operazione. Masood Azhar fu rilasciato in cambio dei 155 passeggeri in ostaggio dell’IC 814. Poco tempo dopo, nel 2000, egli fondò la Jaish-e-Mohammed nata con il fine di liberare (leggasi conquistare) il Kashmir di parte indiana unendolo alla omologa provincia pakistana. L’India e il Pakistan hanno combattuto due guerre sul Kashmir dall’indipendenza, e dopo la spartizione dei territori nel 1947, la regione a maggioranza musulmana rimane ancora un terreno di scontri accesi che solo di recente l’India ha accettato di discutere con i loro vicini.
Il 13 dicembre 2001, i gruppi terroristici Lashkar-e-Taiba e Jaish-e-Mohammed di stanza in Pakistan attaccarono il parlamento indiano. Anche in questo frangente Rauf Asghar fu la mente che ideò l’assalto.
Al momento dell’aggressione, il Lok Sabha – la camera bassa del Parlamento indiano che, insieme alla camera alta, il Rajya Sabha, compongono l’organo legislativo indiano – sarebbe dovuto essere in plenaria, ma i lavori furono all’ultimo momento rinviati. In ogni caso, all’interno dell’edificio erano presenti ancora diversi parlamentari e funzionari governativi, tra cui all’epoca il ministro dell’Interno Lal Krishna Advani e il ministro della Difesa Harin Pathak. L’attacco durò 30 minuti. I terroristi arrivarono a bordo di un’auto diplomatica e penetrarono le difese di sicurezza del Parlamento, armati di AK47, lanciagranate e pistole. Furono ben presto scoperti da un agente di sicurezza, Kumari Yadav, lungo uno dei cancelli perimetrali, che mentre cercava di sbarrare loro la strada fu crivellato di colpi dai terroristi che lo uccisero. Subito dopo il gruppo si diede alla fuga sparando all’impazzata, ma ben presto fu raggiunto appena fuori dall’edificio dalle forze di sicurezza indiane uccidendo i cinque criminali. Nell’incursione i caduti sul terreno furono nove in tutto, tra cui otto membri del personale di sicurezza e un civile. Le indagini da parte degli inquirenti indiani portarono sugli scudi l’ISI, l’agenzia di intelligence pakistana, sospettata di aver pilotato l’azione da parte del gruppo di terroristi. Ne seguirono rapporti ad elevata tensione tra India e Pakistan. Dell’azione terroristica finirono alla sbarra quattro persone: Mohammed Afzal Guru, Shaukat Hussain, Afsan Guru e SAR Geelani. Di questi Geelani e Afsan vennero assolti dall’Alta corte di Delhi, mentre Hussain finì in carcere e Afzal fu impiccato nel 2013.
Anche l’attacco del 2016 alla base dell’aeronautica indiana a Pathankot, nel Punjab, portò la firma di Rauf Asghar.
L’incursione ebbe luogo in un momento di distensione nei rapporti tra India e Pakistan, giusto una settimana dopo che il primo ministro indiano Narendra Modi fece visita al suo omologo pakistano Nawaz Sharif. Le due nazioni stavano provando di riavvicinarsi attraverso colloqui bilaterali che erano stati precedentemente fatti deragliare sull’onda degli attacchi condotti dagli estremisti. All’alba un gruppo di militanti armati di tutto punto, con l’uniforme dell’esercito indiano, penetrarono nella base dell’aeronautica di Pathankot, a 50 km dal confine con il Pakistan. Il modus operandi dei terroristi fece subito pensare che si trattava di guerriglieri esperti in tattiche militari, addestrati probabilmente in Pakistan, e il raid somigliava molto ad un assalto ad un posto di polizia, condotto nel luglio precedente da parte di un gruppo di uomini armati in uniforme presso una città di confine del Punjabi, dove furono uccise nove persone. A Pathankot avrebbero usato l’auto di un agente di polizia per eludere il sistema di sicurezza della base e una volta all’interno, aprirono il fuoco indiscriminatamente contro i militari. Negli scontri perirono quattro terroristi e tre membri del personale di sicurezza della base. Non ci fu alcuna rivendicazione immediatamente dopo l’attacco, ma ben presto fonti della sicurezza indiana affermarono che, sulla base delle loro indagini iniziali, la matrice dell’attacco conduceva al Jaish-e-Mohammed, il gruppo militante localizzato in Pakistan che combatte per l’indipendenza del Kashmir. Ma il Punjab si dice sia anche un corridoio caldo nel contrabbando della droga e diverse cellule dormienti erano evidentemente state attivate nel Punjab. Questa incursione fece molto clamore, perchè fu molto audace. Ad essere presa di mira è stata una grande infrastruttura militare, da cui volano la flotta indiana composta da MiG-21 – di fabbricazione russa – ed elicotteri d’assalto Mi-35. Dopo questo fatto tutto il territorio del Punjab e il vicino Jammu rimasero in allerta e tutte le basi della difesa indiana vennero sigillate.
I nomi di Rauf Asghar e Masood Azhar comparirono altresì nelle liste della National Investigation Agency, quali mandanti dell’attacco terroristico di Pulwama del 2019. Nel raccapricciante attacco alla Fidayeen da parte del terrorista del J-e-M, Aadil Ahmad, furono uccisi 41 jawan (soldati indiani) che viaggiavano su un autobus del 76° battaglione della Central Reserve Police Force – CRPF. In un tweet del periodo vennero pubblicati tutti i nomi dei periti nell’attacco.
Che dire, tutta una serie di prove schiaccianti che inchiodano il terrorista di Jaish-e-Mohammed, non sono state sufficienti alla Cina per acconsentire alla richiesta di iscrivere Rauf Asghar nel Comitato delle sanzioni 1267 dell’UNSC.
E per di più è la seconda volta in poco tempo che Pechino esordisce al Consiglio di Sicurezza dell’Onu con un veto di non luogo a procedere.
In giugno 2022, infatti la Cina ha sospeso una proposta congiunta di India e Stati Uniti di inserire il vice capo del Lashkar-e-Tayyiba (LeT), Abdul Rehman Makki, nell’elenco delle sanzioni.
Makki è stato fortemente coinvolto nella raccolta di fondi, utili al reclutamento e alla radicalizzazione delle giovani generazioni che hanno portato alla pianificazione di attacchi terroristici cruenti in India, compresi i tristi fatti di Mumbai nel 2008. Ma LeT è stato anche responsabile e ha partecipato a deplorevoli incursioni in India, come l’attacco al Forte Rosso del 2000, l’attacco al campo delle forze di polizia della riserva centrale di Rampur nel gennaio 2008, Karan Nagar (Srinagar) nel febbraio 2018, Khanpora (Baramulla) nel maggio 2018, Srinagar nel giugno 2018 e Gurez e Bandipora nell’agosto 2018.
Questi ultimi interventi dimostrano e rendono evidenti quali siano gli interessi prioritari che accompagnano l’operato della Cina anche durante i lavori del Consiglio di Sicurezza dell’Onu, e fanno affiorare i suoi stretti rapporti economici, politici e commerciali con il Pakistan.
E poco importa se pericolose organizzazioni criminali e terroristiche, accusate dell’eccidio di centinaia di persone, talvolta colluse con elementi deviati delle istituzioni pakistane, possano continuare a imperversare impunite per i territori dei due stati, continuando altresì nella loro missione di proselitismo e inculcazione della strategia del terrore tra le nuove generazioni.