Portare McDonald’s a San Pietroburgo non ha reso la Russia una democrazia.
Italia atlantista ed europeista. L’onda d’urto delle bombe di Putin sull’Ucraina scuote i politici nostrani. Questa scelta per alcuni è una conferma, per altri una sorpresa. Scelta sincera? Forse. Dettata da calcoli elettorali interni? Probabile. Ma tant’è.
Dopo anni di sbavature diplomatiche imbarazzanti che hanno avvicinato l’Italia a governi dittatoriali e antidemocratici, lentamente si torna nell’asse atlantista e europeista. È ancora presto per chi a quelle latitudini ha sempre guardato con convinzione per cantare vittoria, ma i segnali ci sono tutti. Ci vorrà ancora del tempo per rimettere le cose a posto. Perché la corrispondenza di amorosi sensi tra pezzi della politica, anche se parlare di politica per certi soggetti è usare una parola grossa, e delle istituzioni con autarchie e personaggi ambigui, non inizia certo adesso. E il Movimento Cinque Stelle non è, a onor del vero, l’unico responsabile di questa deriva. Le relazioni pericolose sono state trasversali e oggi bisogna avere una forte onestà intellettuale e ammettere, come ha fatto Stefania Craxi dopo l’elezione a presidente della Commissione esteri del Senato, che siamo tutti responsabili di non aver capito, ad esempio, le reali intenzioni di Vladimir Putin e del modello di Russia che aveva in mente. “Se è stato fatto un errore – ed è stato fatto un errore, da me per prima ma non dai leader italiani ma da tutti i maggiori leader europei – ha detto ad Effetto Giorno su Radio 24 – è che abbiamo tutti sperato di poter ricomprendere la Russia in un dialogo euro-russo. È un errore fatto da Prodi quando era Commissario, lo ha fatto Berlusconi, lo ha fatto la Merkel, lo abbiamo fatto tutti. È forse è un grande fallimento e forse sarà un grande fallimento anche per la Russia. Era un altro momento storico, abbiamo sperato che la storia andasse in un’altra direzione. Forse oggi non ci sarebbe stato questo conflitto”.
Stefania Craxi, che ha preso il posto di Vito Petrocelli, quello del tweet con la “zeta”, per capirci. E solo a sentire le prime affermazioni della nuova presidente, e solo a leggerne il cognome, si capisce che il “vento sta cambiando”, per usare un’espressione tanto cara al popolo grillino.
Sta tornando la politica, quella vera?
Finora forse ci siamo illusi che sarebbe bastato esportare McDonald’s a San Pietroburgo per trasformare la Russia in un Paese democratico. Invece, dopo oltre 20 anni di ‘governo Putin’, ci siamo ritrovati i soldati russi cresciuti a Big Mac, patatine e Coca-cola, farci la guerra ai confini di casa, in Ucraina. Perché la Russia, ha ragione Dario Fabbri, o è impero o non è. Quindi, adesso, è nelle mani di un uomo come Mario Draghi, di cui non abbiamo nessun interesse a prendere le difese o a lodare, e che solo il tempo ci dirà se avrà avuto ragione, il compito di riportare l’Italia “in asse”.
E la questione non è con Putin o contro Putin. O almeno non solo.
Perché rinunciare all’atlantismo offre alternative imbarazzanti, quelle che alcuni tra i politici di casa nostra hanno sponsorizzato, più o meno velatamente, finora. Un’ipotesi contraria che ci porterebbe verso i modelli Nicaragua o Costa Rica, tanto cari ai 5Stelle, tanto per non fare nomi.
E la maggior parte dei partiti politici italiani non si sono accorti del cambiamento. Balbettano, ritrattano, offrono soluzioni al conflitto a dir poco fantasiose, come l’ormai nota disputa tra armi difensive e offensive. O forse lo hanno compreso bene e cercano di sopravvivere allo tsunami che li sta per travolgere. Oltre al taglio dei parlamentari, che causerà la non rielezione di decine e decine di onorevoli e senatori che oggi occupano gli scranni del Parlamento, in pericolo ci sono anche le leadership.
Farebbero bene, alcuni attuali segretari e presidenti di partito, ad abbandonare la propaganda e orientarsi verso una politica estera concreta e in linea con la nostra appartenenza a Nato e Ue. Tradotto: stop con Russia, Cina, Venezuela e ….anche Iran. Ci basta la Turchia. Con cui però bisogna parlare perché fa parte della Nato. Ci piaccia o no. Di tutto il resto possiamo e dobbiamo fare a meno senza essere schiavi degli Stati Uniti. E quelle parole del premier Draghi sembrano andare in questa direzione. “La fine della guerra dovrà deciderla solo l’Ucraina”. E anche il primo commento a caldo di Stefania Craxi, subito dopo la sua nomina, sembrano voler percorrere la stessa via: “Filo atlantici senza tentennamenti e anche senza subalternità”. E chissà, magari con il tempo riusciremo a riprenderci anche un ruolo in Libia, dove gli altri Paesi, mentre noi colpevolmente dormiamo, continuano a fare i propri affari.