Come in una celebre fiaba di Hans Christian Andersen, il sedicente zar, per assecondare la sua vanità, cade in una trappola organizzata da falsi tessitori di corte che gli hanno proposto una stoffa pregiatissima con cui ha realizzato dei vestiti colorati, dal disegno straordinariamente bello e che ha la proprietà di diventare invisibile agli occhi degli stolti.
Chruščëv e Brezhnev sono stati i migliori e più efficaci interpreti della favola di Anderson, mimetizzando l’espansionismo e il colonialismo comunista sovietico. Un imperialismo che ideologicamente non poteva rispondere ad una logica di potenza, per buona pace di Rosa Luxemburg. Per giustificare il suo operato, l’Unione Sovietica si nascondeva dietro la formula dell’”internazionalismo proletario”, quando entrava con i propri carri armati a Budapest e Praga proclamando il principio della “sovranità limitata”, cioè il diritto del blocco dei “Paesi socialisti” di intervenire, anche militarmente, in quello di essi dove il “socialismo sia in pericolo”.
Ovviamente, una simile truffa non sarebbe passata inosservata se non fosse stata accompagnata da cospicui finanziamenti necessari a mettere in piedi una strategia dell’attenzione e dell’arruolamento degli intellettuali, la manipolazione dei mezzi di informazione, la creazione degli organismi nominalmente indipendenti, di fatto guidati dagli apparati dei partiti comunisti. In questo modo, i «compagni di strada» e gli «utili idioti» di Mosca, organizzavano i movimenti per la pace, le marce per la pace, i comitati per il disarmo, i movimenti antinucleari, i congressi degli scrittori per la difesa della cultura, le petizioni di solidarietà, gli appelli (con relativa raccolta di firme) degli intellettuali. Tutti strumenti di propaganda e di proselitismo a favore dell’Unione Sovietica che ovviamente poteva, in nome del marxismo, fare la guerra, riarmarsi, censurare gli scrittori e calpestare indisturbata i diritti umani.
L’armamentario di sigle anti-imperialiste, i comportamenti e i riflessi condizionati, che ancor oggi vediamo rispuntare dietro i fatti più diversi e che stanno riaffiorando con la crisi Ucraina, sono solo un rigurgito indigesto del Novecento necessario a perpetrare il grande inganno: dell’antifascismo comunista e dell’imperialismo unilaterale statunitense.
Lo zar e tutti gli uomini della corte, per non essere additati come degli incapaci o degli stupidi contemplano i vestiti nuovi inesistenti senza minimamente neppure immaginare di confrontarsi con gli altri sulla truffa che si realizza dinanzi ai loro occhi. Molti intellettuali e politici, sedicenti progressisti, di sinistra, rimangono vittime, malgrado le sentenze della storia, della grande stagione di Münzenberg, definito da Trockij «il più infame degli agenti di Stalin». Nessuno vuol far capire che non vede niente, perché altrimenti dimostrerebbe di essere stupido o non all’altezza della bellezza interpretata dai vestiti che come mai altri prima d’ora riscuotono un tale successo.
In tale quadro desolante, la testata del comitato internazionale della quarta internazionale titolava ieri “Le potenze imperialiste intensificano la guerra in Ucraina per le accuse di crimini di guerra russi a Bucha”. Ovviamente, anche in Italia molti opinionisti occidentali di sinistra hanno sostenuto la crociata della povera Russia volta a limitare “l’espansionismo” di una Organizzazione difensiva che palesemente non la stava minacciando e che, soprattutto, veniva invitata in casa proprio dai Paesi confinanti dell’ingombrante regime autoritario.
Ancora, il 5 marzo a Roma la manifestazione nazionale “Cessate il fuoco. Per un’Europa di pace”, è stata convocata dalla Rete Italiana Pace e Disarmo con l’adesione di numerose organizzazioni della società civile italiana, tra le quali l’Opposizione Studentesca d’Alternativa che è un’organizzazione politica di studenti nata nel 2018 che, non a caso, si definisce “Anticapitalista, Antifascista, Antisessista e Internazionalista”, seguendo un cliché stereotipato e molto in voga negli anni 70. Giustamente, la Cisl giudicava che la manifestazione scontasse «pesanti pregiudizi e derive ideologiche che sottintendono una sostanziale equidistanza tra le parti in guerra».
Coerentemente la finzione collettiva veniva rinnovata alla base Nato di Ghedi, due giorni dopo, con una manifestazione indetta dal Comitato contro la guerra di Brescia, per ribadire, fra le parole d’ordine, il no alla Nato “in questa situazione di escalation provocata dai tentativi di espansionismo atlantista a Est e, come ha scritto Attilio Boron qualche giorno fa, dall’”inettitudine di una leadership europea miope, corrotta, ignorante e sottomessa fino all’ignominia di fronte all’egemonismo statunitense”.
La stampa comunista sentenziava ancora in questi giorni che “Occorre costruire un’opposizione a questo progetto guerrafondaio”, riferendosi alla proposta dell’UE di inserimento dell’energia da fissione nucleare nella lista di fonti considerate sostenibili e da finanziare per la cosiddetta transizione ecologica.
Nella realtà, Putin, molto coerentemente, ha da molti anni espresso il vero motivo per cui ha aggredito un Paese sovrano e indipendente, affermando pubblicamente che l’Ucraina è una parte integrante della Russia e che gli ucraini non hanno diritto di governarsi se non in stretta collaborazione con la Russia. In tale prospettiva, si colloca un articolo, pubblicato il giorno dell’invasione e poi cancellato, che applaudiva il Presidente Vladimir Putin per aver risolto il “problema” ucraino dicendo che “l’Ucraina è ritornata alla Russia” attraverso una operazione militare.
In questi giorni un’altra potenza imperialista e colonialista, anche essa comunista, guarda con interesse la reazione dell’Occidente ai fatti ucraini, con uno sguardo prepotente rivolto a Taiwan: un altro re nudo inizia il suo corteo per le vie cittadine, sostenuto dai soliti “utili idioti”.
Nella favola, un bambino, voce dell’indifferenza ai vincoli e alle sovrastrutture della società che lo circonda, finalmente smaschera e dice la verità: «Ma non ha niente addosso!»
Mi aspetterei, anche io, che i veri progressisti, desiderosi del cambiamento incitassero il bambino portandolo in trionfo come un eroe, in fondo, Stalin aveva espresso un concetto importante: “Per distruggere l’inevitabilità delle guerre è necessario distruggere l’imperialismo”, di qualsiasi natura.
Invece, orgogliosi e conservatori, recalcitranti all’idea di aver sbagliato tutto in gioventù, sentenziano ogni giorno che il bambino è un guastafeste da linciare. Nel frattempo, i vari zar, per non apparire stolti, si ostinano a completare il percorso con tanto di servi che gli reggono l’invisibile strascico.
In fondo, Putin ha servito l’apparato statale sovietico non per una causa progressista, ma per sostenere un potente stato russo.