Sosteneva Georges Clemenceau: “La guerre! C’est une chose trop grave pour la confier à des militaires”. “La guerra è troppo importante per lasciarla in mano agli statisti” rispondeva a Clemenceau il generale Jack D. Ripper nel capolavoro di satira fantapolitica Il dottor Stranamore – Ovvero: come ho imparato a non preoccuparmi e ad amare la bomba di Stanley Kubrick.
E giunti al 19° giorno di una guerra sul continente europeo e della quale ancora non si vede spiraglio di pace alcuno, il generale Ripper sembra avere ragione. Sono quasi tre settimane infatti che statisti, politici ed opinionisti forniscono interpretazioni proprie del conflitto, delle sanzioni e del futuro che ci aspetta alla fine delle ostilità. Proprie appunto, perché le valutazioni in merito andrebbero affidate solo a chi ha esperienza dal punto di vista militare e diplomatico. Anche a costo di apparire impopolari ed antipatici.
E a proposito di scelte impopolari, al momento l’unica odiosamente saggia sembra essere quella turca: condanna, pubblica, dell’invasione ma niente sanzioni, dato che gli interessi sul piatto sono troppo importanti.
Cinismo, ma fino ad un certo punto: in passato, infatti, anche nell’Unione Europea vi sono stati membri che hanno duramente contestato le politiche comunitarie per salvaguardare i propri di interessi.
Inoltre, dopo due anni di pandemia, le perdite procurate dalle sanzioni sfibreranno ulteriormente la già provata economia del nostro e degli altri paesi. Pertanto, prima di improvvisarsi Simon Bolivar del Vecchio continente, sarebbe il caso valutare le forze in campo. Neanche la strategia, le risorse pure e semplici: possiamo permetterci questa dura opposizione a Putin? No, non possiamo. Eppure ci siamo comunque imbarcati nell’impresa.
Un aumento drastico delle bollette forse non graverà sui bilanci personali di deputati e dei capi di stato, certamente avrà effetti dirompenti su famiglie e piccole e medie imprese. E non è demagogia, solo amara realtà. Non paghi dei tre precedenti, infatti, i 27 capi di governo riuniti a Versailles hanno varato il quarto pacchetto sanzionatorio contro Putin che, stando ad indiscrezioni, colpirebbe il mercato del lusso, l’export russo di metalli, spingerà per l’uscita di Mosca dal FMI, valutando altresì la sospensione di eventuali, futuri investimenti stranieri nel settore energetico. Settore quest’ultimo vitale per nazioni come l’Italia che, piani alternativi di approvvigionamento a parte, ne uscirà come la più duramente colpita. E’ chiaro che chi dispone di centrali nucleari può sopperire ai rincari della bolletta; ma chi si affida al petrolio per riscaldamento, elettricità, carburanti si troverà in una posizione decisamente più svantaggiata. E noi, che abbiamo detto ‘no’ al nucleare nel 1986 e nel 2011, facciamo ora i conti con la nostra scelta “ecologica”. Conti salati che creeranno una disparità nell’Europa del domani quando, a conflitto concluso, la ripresa economica sarà comunque differente fra uno Stato e l’altro.
Valutazione fatta dalla nostra classe politica? “X”, per citare il Totocalcio: il carbone, l’eolico e qualche accordo internazionale sembrerebbe possano salvare la situazione. Sembrerebbe…
Valutazione mancata anche nella ripartizione dei profughi ucraini. I polacchi, primi ad accoglierli con mediatico orgoglio, si sono subito adoperati affinché raggiungessero altri angoli d’Europa, Italia in testa, dove si prevede l’arrivo di 700 mila rifugiati.
E’ vero che la solidarietà ed il mettersi a disposizione degli altri è un valore che appartiene alla nostra cultura e della quale bisogna andare fieri. Ma (c’è un ma) abbiamo considerato che, come nel caso dell’immigrazione clandestina, il sostegno europeo manchi anche stavolta? Perché nessun polacco, neanche il battagliero sindaco Wojciech Bakun, si è domandato se non fosse il caso di ricambiare il grande impegno italiano nel contenere i flussi migratori dal Mediterraneo ospitando, entro le proprie frontiere, gli ucraini in fuga? E come troveremo le risorse necessarie a gestire gli immigrati economici e i rifugiati da Kiev?
Domande alle quali, probabilmente, gli statisti non daranno risposta.
Ecco perché, dai tempi dell’annessione della Crimea, avremmo dovuto ascoltare più esperti, generali ed analisti, che seguire il cuore… e la Casa Bianca “dem”. Gli Stati Uniti sono troppo lontani per capire le ragioni di un Continente, l’Europa, del quale si dicono amici ed alleati, ma che non hanno mai pienamente capito. D’altronde la guerra e le sue conseguenze bussano alle nostre porte, non certo ai cancelli di Ellis Island.
Seppure antagonista principale della pellicola, folle e megalomane, il generale Ripper ci aveva visto giusto: come imparare che la guerra non va affidata ai politici. La speranza ora è solo che i vertici UE spingano il più possibile sulla ripresa dei negoziati mentre gli altri (commentatori televisivi, politici invitati nei talk show) cerchino di abbassare i toni. Ci siamo già “tagliati le gambe” sul piano diplomatico con uscite imbarazzanti, evitiamo ora di buttare benzina sul fuoco di un conflitto che, auspichiamo, possa finire presto senza estendersi oltre le frontiere europee.